Un giorno di pioggia a New York: La recensione del gioiellino di Woody Allen che rischiavamo di non vedere

Con Un giorno di pioggia a New York Woody Allen torna nella sua città per renderla protagonista assoluta di un film che è una piccola summa di tutte le suggestioni che da sempre associamo al suo cinema. Come un jazzista che improvvisa su un vecchio standard che conosce a menadito.

Il film che rischiavamo di non vedere

E alla fine eccolo qua Un giorno di pioggia a New York, il film di Woody Allen che abbiamo seriamente rischiato di non vedere. Paradossalmente, infatti, il più newyorkese dei film di Allen da eoni è anche quello che non ha ancora, ad oggi, una data di uscita americana. Un sentito grazie, quindi, a una distribuzione europea (da noi se ne occupa la Lucky Red) che non si è lasciata intimorire dalle contingenze che, a partire dallo scorso anno, hanno reso l’autore ottantatreenne il bersaglio sin troppo facile di una crociata moralizzatrice che ha visto in prima linea lo stesso colosso Amazon, che il film lo ha prodotto, e una buona parte del cast che invece se ne è dissociata, arrivando a devolvere i propri compensi ad alcune associazioni vicine al #metoo.

Un autentico gioiello di (romantìcissima) leggerezza

Ed è un peccato. Non solo perché Allen è stato ampiamente scagionato da qualsiasi accusa mossagli negli anni, ma soprattutto perché Un giorno di pioggia a New York, a dispetto del clima plumbeo in cui è stato prodotto, è un autentico gioiello di (romanticissima) leggerezza. Una piccola summa – verrebbe quasi da dire un “bignami” – di tutte quelle suggestioni che da sempre siamo abituati ad associare al cinema di questo autentico Stakanov della commedia “pensante”. Suggestioni visive e musicali, certo, che la profondità della fotografia di Vittorio Storaro – alla sua terza collaborazione con Allen dopo Café Society e La ruota delle meraviglie – riesce però a rendere in qualche modo anche tattili.

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Timothée Chalamet e Elle Fanning in una scena di Un giorno di pioggia a New York

La trama di Un giorno di pioggia a New York è il suo titolo

L’esilità del plot – sostanzialmente la trama è già tutta nel titolo – permette ad Allen non solo di concentrarsi su una regia più complessa rispetto ai suoi standard in termini di movimenti di macchina, ma di dare libero sfogo alla sua verve di dialoghista con alcuni dei botta e risposta più ficcanti del suo passato più prossimo. Roba che sembra presa di peso da una pellicola dell’età d’oro della romantic comedy. Ed è tale la sensazione di trovarsi di fronte a un film di Preston Sturges o di Ernst Lubitsch che quasi fa strano quando, di tanto in tanto, l’utilizzo degli smartphone da parte dei personaggi ci ricorda come il tutto sia in realtà ambientato ai giorni nostri.

Un film pieno di richiami letterari

Siamo, tanto per intenderci, dalle parti di Midnight in Paris o del più recente Café Society, con un sognatore in bilico tra le scelte che il retaggio sociale e le convenienze gli fanno apparire come le più logiche e, per l’appunto, i propri sogni. Non è un caso che il protagonista di un gioco di richiami letterari così fitto si chiami proprio Gatsby, in una sorta di dichiarato omaggio a Francis Scott Fitzgerald. Anche se, più che a Jay Gatsby, il personaggio intepretato dal lanciatissimo Timothée Chalamet fa pensare all’Holden Caulfield di salingeriana memoria, con tutto ciò che ne consegue in termini di disillusione verso una società all’interno della quale sente di non avere (ancora) trovato un posto.

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L’entusiasmo della Ashleigh di Elle Fanning di fronte al fascino di Un giorno di pioggia a New York

Il triangolo amoroso

Come spesso accade nel cinema di Allen, i due poli di attrazione tra i quali il confuso antieroe si ritrova a doversi destreggiare sono rappresentati da due idealtipi femminili, una (Elle Fanning) bionda e più svampita e l’altra (Selena Gomez), invece, mora e ben più consapevole. L’autore di Manhattan e Io e Annie lavora su questo canovaccio come un jazzista che improvvisa su un vecchio standard che conosce a menadito, con quella fluidità che puoi raggiungere solo con decenni di mestiere. Si commetterebbe però un errore a considerare Un giorno di pioggia a New York come un puro divertissement. perché tra le pieghe di questo triangolo amoroso, Allen trova comunque il modo di ragionare sull’ineluttabile in una maniera sicuramente più leggera ma non così dissimile da quanto fatto nel suo capolavoro della maturità Match Point.

In conclusione

Se si volesse trovare un difetto a questo ultimo Allen potremmo parlare di uno Chalamet forse troppo giovane per abitare il cinismo e le nevrosi del suo autore ma, sebbene certe battute caustiche – ”Ma cosa c’è di sexy nella perdita di memoria a breve termine?” dice a un certo punto, riflettendo sulla fascinazione di certe ragazze per gli uomini più anziani – possano suonare forzate in bocca a un ragazzo di ventitre anni, l’attore compensa con uno sguardo spaurito che restituisce appieno il senso del perdersi così centrale nell’economia del film. Completano il quadro, in ruoli minori, dei divertiti (e assai divertenti) Jude Law, Diego Luna e Liev Schreiber. Poi, certo, alcuni diranno che è il solito Woody Allen o, peggio, parleranno  di “film minore”. Ma, in tutta sincerità, ad avercene di film minori così.

Un giorno di pioggia a New York, diretto da Woody Allen e interpretato da Timothée Chalamet, Elle Fanning, Selena Gomez, Jude Law, Diego Luna e Liev Schreiber, sarà in sala da giovedì 28 novembre, distribuito da Lucky Red.

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