Come le tartarughe, recensione: storia di una separazione all’italiana

Come le tartarughe - Romana Maggiora Vergano e Monica Dugo
Come le tartarughe - Romana Maggiora Vergano e Monica Dugo

Ecco la nostra recensione di Come le tartarughe, opera prima dell’attrice Monica Dugo già presentata alla Mostra del Cinema di Venezia 2022: la separazione di una coppia raccontata tramite le reazioni di una madre e dei suoi figli

Presentato nella sezione Biennale Cinema della Mostra del Cinema di Venezia 2022 arriva nelle sale di fine estate Come le tartarughe, esordio alla regia dell’attrice Monica Dugo che qui interpreta anche la protagonista. Un film molto intimo con pochi attori e pochissimi spazi, in cui dolore e trauma dell’abbandono vengono contenuti e amplificati con un realismo di messa in scena tanto encomiabile quanto, purtroppo, un po’ banale.

Un addio improvviso

Daniele (Angelo Libri), Lisa (Monica Dugo), Sveva (Romana Maggiora Vergano)e Paolo (Edoardo Boschetti) sono una famiglia borghese, apparentemente perfetta, che vive in una bella casa nel centro storico di Roma. Un giorno Daniele, il marito, svuota l’armadio e va via. Il ripostiglio vuoto diventa per Lisa, la moglie, il luogo ideale dove rifugiarsi ed elaborare la separazione. Sveva, la figlia sedicenne, fa di tutto per tirarla fuori, non accettando il comportamento bizzarro della madre e l’assenza per lei inspiegabile del padre. Daniele non tornerà a casa ma Lisa riuscirà, grazie all’amore dei suoi figli e a una forza ritrovata, a compiere il primo passo per il superamento del dolore. Basterà?

Come le tartarughe - Monica Dugo
Come le tartarughe – Monica Dugo

Realismo e minimalismo

Alle volte, nella vita, cambiare è necessario anche quando il cambiamento arriva improvviso e ci appare ingiusto o crudele. Un cambiamento improvviso può d’altronde essere traumatico, non solo perché ci coglie impreparati o ci toglie delle certezze che credevamo di possedere, ma anche perché ci costringe a fare i conti con i nostri errori e le nostre mancanze. Quel momento viene ben fotografato da Come le tartarughe, perché raccontato con il passo lento e inesorabile di un realismo a tutto campo.

Per tutto il primo atto, infatti, il film d’esordio dell’attrice Monica Dugo si muove su di una linea di assoluto minimalismo e forte attaccamento alla realtà del quotidiano, tra cene assieme davanti al televisore, partite di tennis e i classici battibecchi di una famiglia normale; anche se ormai la separazione è in atto, imminente come un lutto e ineluttabile, non c’è modo di frenare quella gigantesca macchina della vita i cui ingranaggi devono andare avanti. Eppure, questo approccio sulla carta così preciso rappresenta forse il problema principale della pellicola.

Come le tartarughe - Romana Maggiora Vergano
Come le tartarughe – Romana Maggiora Vergano

Raccontare il trauma

Già a partire dal titolo forse un po’ troppo didascalico Come le tartarughe mette subito in chiaro le coordinate su cui si muoverà l’intera narrazione, con un trauma che viene raccontato tramite l’immagine metaforica di una tartaruga che si richiude nel suo stesso guscio per proteggersi. È quello che in fondo fa la madre Lisa, rintanandosi in un armadio dal quale si rifiuta di uscire se non per andare in bagno, ma anche cercando di ripararsi da quello stesso dolore, da uno shock al quale non era preparata.

Il punto è che, come Lisa, anche la pellicola si chiude in se stessa rifiutandosi di procedere, di andare avanti, di aprirsi a soluzioni più ardite e meno banali o piatte. C’è ad esempio un totale rifiuto di una possibile dimensione onirica, magari slegata dalla realtà sul piano della forma ma ad essa ancorata su quello del simbolismo, cosiccome manca la volontà (o forse la capacità?) di scavare più in profondità nella psiche femminile di una donna rifiutata e abbandonata a sé e alla propria famiglia. La Dugo perciò si accontenta di un’indagine tanto in superficie e priva di sottotesto quanto inerme, asettica, perfino anemica.

Come le tartarughe - Edoardo Boschetti
Come le tartarughe – Edoardo Boschetti

Cose di famiglia

Se non altro Come le tartarughe ha il merito di asciugare ogni possibile dramma con la forza di una leggerezza che traspare quando necessario, ammantando tutti i personaggi (anche quelli minori come il fidanzato di Sveva o la nonna), tranne il padre fedifrago, di un’aura quasi salvifica e assolutrice. Poi lo sguardo su un certo tipo di realtà sociale rimane quello di una pellicola che non avrebbe sfigurato tra la filmografia di un Muccino, con la solita alta borghesia privilegiata che può permettersi perfino la psicologa a domicilio.

Tutto sommato non si può accusare Come le tartarughe di mancanza di sincerità o di buone intenzioni, ma l’aver ridotto lo spazio diegetico, fisico e di conseguenza anche emotivo della madre ad un guardaroba e ai due figli protagonisti alle mura di una casa da cui non riescono a fuggire non permette al film di avere il respiro necessario per aprirsi alle conseguenze del dolore che racconta, rimanendo perciò incastrato in un limbo sempre più soffocante e angusto.

Come le tartarughe. Regia di Monica Dugo con Angelo Libri, Monica Dugo, Romana Maggiora Vergano ed Edoardo Boschetti, in uscita nelle sale giovedì 24 agosto distribuito da Cloud 9 Film.

VOTO:

Due stelle e mezzo

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