Capone, recensione: il biopic con Tom Hardy si perde nei suoi stessi deliri

Capone, recensione

La recensione di Capone, il film sceneggiato, diretto e montato da Josh Trank con Tom Hardy nel ruolo del noto gangster: un film che preme troppo sull’acceleratore e che non riesce a centrare nessuno dei suoi obiettivi

La decadenza di un boss

Dopo dieci anni di prigione, Al Capone (Tom Hardy), chiamato da tutti “Fonzo”, vive nella sua lussuosa villa di Palm Island, Miami. La salute però è tutt’altro che florida: l’ex gangster è in preda a continue allucinazioni causate dalla demenza e dalla sifilide contratta in gioventù. La moglie Mae (Linda Cardellini) gli resta accanto ma l’uomo, dopo aver avuto un alterco con lei, viene colpito dall’ennesimo ictus. Una cura riabilitativa voluta dal dottor Karlock (Kyle MacLachlan) e l’abolizione di alcolici e sigari non fanno diminuire né le allucinazioni né le amnesie. Al Capone crede di viaggiare con un amico che ormai non c’è più (il suo mentore Johnny Torrio, interpretato da Matt Dillon) e sostiene di non ricordare dove abbia nascosto un bottino da 10 milioni di dollari, mentre la demenza continua a peggiorare rendendolo un uomo penoso ma anche fuori controllo.

Fare anziché strafare

In Capone Tom Hardy fa il suo nel ruolo che, in passato, si dimostrò una sfida ambiziosa anche per Robert De Niro nel celebre The Untouchables – Gli intoccabili di Brian De Palma e per Ben Gazzara (al fianco di Sylvester Stallone in Quella sporca ultima notte). L’attore si impegna e dà lustro alla pellicola, eppure non sempre riesce a liberarsi dai lacci di un trucco esasperatamente pesante e di una sceneggiatura che ha troppa voglia di strafare. Non va meglio a Matt Dillone Kyle MacLachlan, che spesso purtroppo affondano in una dimensione onirica spiacevolmente tra le righe, più dannosa che utile. Da apprezzare invece Linda Cardellini. L’attrice, aiutata anche da una scrittura meno ridondante, è brava nell’umanizzare il suo personaggio e a manifestare una gradevole delicatezza espressiva.

Tom Hardy nei panni del boss Al Capone nel film del 2020 diretto da Josh Trank
Tom Hardy nei panni del boss Al Capone nel film del 2020 diretto da Josh Trank

Deliri fuori luogo

Dopo l’esordio sfavillante di Chronicle (era il 2012) ma il flop altrettanto eclatante de I Fantastici 4 (pellicola del 2015), Josh Trank cerca la sua occasione di riscatto con Capone. Ne cura sceneggiatura, regia e montaggio, dimostrando così di credere nel progetto a 360 gradi. La situazione tuttavia gli scivola via dalle mani in più occasioni, tant’è che la pellicola raggiunge a tratti livelli quasi caricaturali. Non convincono neppure gli incubi che attingono all’horror spiccio e perfino al Mago di Oz. Lo stesso si può dire delle scene più crude, che avrebbero lo scopo di mostrare i problemi mentali del protagonista (basti pensare alla scena in cui il gangster uccide decine di uomini nel giardino della sua villa, mentre sgranocchia una carota in biancheria e giacca da camera). Queste assumono le sembianze di vaneggiamenti senza senso e non riescono mai a suscitare il giusto impatto emotivo.

Un riscatto mancato

Nonostante un cast di richiamo e tutte le migliori intenzioni, Capone delude sia sotto l’aspetto narrativo che sotto quello estetico. Non sembrano mancare né i mezzi (considerevole il budget di 20,6 milioni di dollari) né le idee, eppure il risultato finale risente dei troppi difetti presenti in tutto lo sviluppo della pellicola. Avendo a che fare con una storia raccontata e ri-raccontata più volte (con diverse chiavi di lettura, per giunta), non dispiace l’idea di mostrare la fase finale dell’incredibile parabola discendente di uno dei boss della malavita più conosciuti di sempre. Se però si decide di soffermarsi su un simile decadimento, è giusto auspicarsi un approccio più concreto e certamente meno grossolano.

Capone, distribuito da Notorious Pictures, è disponibile su Sky a partire dal 20 febbraio 2021. Nel cast anche Jack LowdenNoel FisherKathrine NarducciAl Sapienza.

VOTO:
2  stelle

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