La nostra recensione di The Land of Dreams, ambizioso musical italiano girato in inglese del regista esordiente Nicola Abbatangelo, con un cast che va da George Blagden e Caterina Shulha a Edoardo Pesce, Stefano Fresi Carla Signoris, presentato alla Festa del Cinema
Con un’operazione tanto rischiosa quanto temeraria il regista Nicola Abbatangelo ha portato il musical all’americana, con tanto di ambientazione e lingua, alla 17ª Festa del Cinema di Roma. Scenografie e costumi sfavillanti, canzoni di facile presa e un cast che vanta nomi quali Carla Signoris, Stefano Fresi ed Edoardo Pesce tra gli altri non bastano però a salvare The Land of Dreams, un progetto grande nell’ambizione ma piccolo nella costruzione.
Once upon a time in New York
New York,1925. Eva (Caterina Shulha) è la giovane figlia di emigrati italiani sbarcati nella Grande Mela in cerca di fortuna, e lavora come come lavapiatti nel ristorante Choo Choo Train gestito da Carl (Stefano Fresi). Nonostante le condizioni di vita estremamente difficili Eva coltiva un sogno, fin da quando era bambina: quello di diventare una cantante professionista e di esibirsi nei principali palcoscenici mondiali, partendo proprio da quello del ristorante in cui lavora. Un giorno conosce Armie (George Blagden), un pianista bravissimo che vive insieme al fratello Owen (Kevin Guthrie), reduce come lui della prima guerra mondiale e che ha il potere straordinario di viaggiare nei sogni delle persone. I due finiranno per innamorarsi, ma la loro felicità sarà messa a dura prova dal boss mafioso Clemente Proietti (Edoardo Pesce), il quale vorrebbe diventare il nuovo sindaco di New York e sposare Eva in cambio della promessa di farle raggiungere il successo da lei tanto bramato. Eva dovrà quindi difendere il suo sogno e il suo amore per Armie dalle mire spietate di Proietti, cercando di farsi strada in un mondo sempre più complicato dove l’amore e la tenacia potrebbero non bastare per farcela.

Tanta ambizione, poca precisione
Nella parabola di Eva e Armie c’è tanto amore per il cinema di genere e la voglia di poterne restituire la potenza, il fuoco, l’urgenza espressiva. Dopo una breve sequenza d’apertura ambientata nelle trincee, Nicola Abbatangelo ci introduce alla New York degli anni ’20 con una ripresa aerea che plana sui tetti, si insinua tra i muri e arriva a presentarci finalmente la nostra protagonista. In un turbinio di balli, canti e di scene di gruppo in cui i colori e le inquadrature si moltiplicano, però, il film non riesce mai ad uscire dalla confezione ultrapop con cui è stato realizzato. Tutti i personaggi, le loro dinamiche e l’espressione del tema stesso sanno di già visto e già raccontato meglio altrove, perché Abbatangelo e il suo co-sceneggiatore rimangono sempre troppo sulla superficie della storia, senza scavare a fondo nei traumi, nelle paure e nei difetti fatali dei personaggi. Ciò che vogliono più o meno lo conosciamo, ma è ciò di cui hanno disperatamente bisogno quello che purtroppo ignoriamo. The Land of Dreams è un film tanto maniacale nella messa in scena e in ciò che si vede, quanto pigro e dozzinale nel raccontarci ( o meglio ancora nel mostrarci) ciò che invece si nasconde sotto la perfezione stilistica.
Un omaggio superficiale al musical
Che Abbatangelo sia un amante del musical lo si capisce subito, e il fatto che abbia scelto un genere così multiforme e pieno di possibilità inesplorate per il suo debutto è sicuramente un qualcosa che lo distingue da gran parte dei suoi colleghi italiani. Il problema, però, è che non basta amare un genere per farlo proprio e riportarlo sul grande schermo, evitando accuratamente le varie pozzanghere del banale e del superficiale: bisogna sforzarsi di comprenderlo fino in fondo. L’operazione che Abbatangelo compie con The Land of Dreams ha il sapore dell’omaggio sentito, ma nello stesso tempo resta un omaggio non in grado di replicare i meccanismi rodati di un genere che ha bisogno di una scrittura forte per non rimanere invischiato nel suo senso estetico e formale. Qui invece è tutto colpevolmente sciatto e amorfo, dalla storia d’amore alle più semplici svolte di trama, dall’arco di trasformazione dei personaggi all’espressione del tema del lottare per la propria autorealizzazione.

Poca la magia
Nonostante il cast ci creda fino in fondo e faccia di tutto per ovviare agli evidenti limiti di scrittura, la scelta di girare il film in lingua inglese costringendo alcuni attori ad una performance compassata e innaturale non ha aiutato a rendere il tutto un po’ più fluido. La storia di Eva è una storia che avrebbe avuto bisogno di uno sguardo nuovo, di un punto di vista nuovo, di più coraggio e forse più incoscienza nello sviluppo prima e nella messa in scena dopo. Purtroppo il film non ci permette mai di entrare completamente nel suo mondo interiore, limitandosi a rappresentarlo parzialmente solo nell’occasione in cui incontra Armie per la prima volta grazie all’escamotage (peraltro interessante) dei sogni. Aspetto, quello onirico, che paradossalmente serve poco la storia e che non ha nessun tipo di legame con il resto della narrazione visto che l’elemento di realismo magico viene utilizzato solo ed esclusivamente come “piede di porco” per risolvere potenziali situazioni scomode. Invece sarebbe stato interessante farci entrare nelle paure di Eva e di Armie, farci vivere sì i loro sogni ma anche i loro incubi, farci capire quali demoni avrebbero dovuto sconfiggere per essere felici, per godere quantomeno di un punto di vista laterale sul tema e di una narrazione più briosa e meno scolastica.

La terra dei sogni
The Land of Dreams è purtroppo un enorme vorrei ma non posso, ma se non altro può diventare il punto di partenza per una rinascita del cinema di genere in Italia. Per quanto le nobili intenzioni di Abbatangelo siano da lodare e la messa in scena non sia da buttare via, rimane purtroppo una semplificazione inaccettabile a livello di scrittura verso tutti gli aspetti della narrazione che taglia le gambe ad un lavoro che avrebbe potuto avere una voce ben diversa, soprattutto all’interno di un panorama come quello italiano ormai poco incline a lavorare con il cinema di genere. Se Abbatangelo in futuro dimostrerà di poter concepire un film senza farsi fagocitare dalle regole del genere, ma dimostrando di poterle piegare a suo piacimento per costruire dei personaggi ben caratterizzati, una storia potente e uno sguardo tematico interessante che sfuggano ai cliché, allora ci sarà da divertirsi. Noi non possiamo fare altro che augurarglielo, nel frattempo ci limitiamo a rimbrottarlo con un po’ di rimpianto.
The Land Of Dreams. Regia di Nicola Abbatangelo con Caterina Shulha, George Blagden, Edoardo Pesce, Stefano Fresi, Carla Signoris e Paolo Calabresi, in sucita nelle sale il 10 Novembre distribuito da 01 Distribution.
Una stella e mezza