Mission: Impossible – Dead Reckoning – Parte uno, recensione: il mondo non è ancora salvo

Mission: Impossible - Dead Reckoning - Parte uno - Hayley Atwell e Tom Cruise (foto Paramount Pictures)
Mission Impossible - Dead Reckoning - Parte uno - Hayley Atwell e Tom Cruise (foto Paramount Pictures)

La nostra recensione di Mission: Impossible – Dead Reckoning – Parte uno, settimo capitolo della saga spy-action con l’eterno Tom Cruise: Ethan Hunt e la sua squadra affrontano una pericolosa intelligenza artificiale

A cinque anni da Mission: Impossible – Fallout e dopo una lunga serie di vicissitudini produttive legate alla pandemia torna in sala l’Ethan Hunt di Tom Cruise sempre diretto dal demiurgo Christopher McQuarrie con Mission: Impossible – Dead Reckoning – Parte uno. Questa volta la minaccia da affrontare è molto più vicina a noi e molto più sottile, perché coinvolge intelligenza artificiale e fake news, informazioni manufatte e percezione della realtà senza dimenticare stunt spericolati, azione frenetica e tensione.

La missione più difficile

La squadra dell’IMF composta da Ethan (Tom Cruise), Benji (Simon Pegg) e Luther (Ving Rhames)  è chiamata a recuperare le due metà di una chiave, la cui importanza non è data solo dalla cosa sconosciuta che apre ma anche dal fatto che potrebbe controllare una pericolosa entità digitale. La loro missione li porterà tra Abu Dhabi, Roma, Venezia e i vagoni dell’Orient Express a scontrarsi con Gabriel (Esai Morales), vecchia conoscenza di Ethan che vuole servirsi dell’Entità per dominare il mondo e con la sua scagnozza Paris (Pom Klementieff), oltre che con Jasper Briggs (Shea Whigham), un agente speciale che dà loro la caccia per conto di un’unione di servizi segreti stranieri chiamata “Community” e la ladra Claire (Hayley Atwell). Ethan ritroverà anche due vecchi conoscenze del passato in cerca della chiave, anche se per motivi opposti: l’ex agente dell’MI6 Ilsa Faust (Rebecca Ferguson) e e la trafficante di armi Alanna Mitsopolis conosciuta come Vedova Bianca (Vanessa Kirby).

Mission: Impossible - Dead Reckoning - Parte uno - Shea Whigham (foto Paramount Pictures)
Mission: Impossible – Dead Reckoning – Parte uno – Shea Whigham (foto Paramount Pictures)

Il posto della verità

Nel mondo contemporaneo, e lo stiamo sperimentando sempre di più sulla nostra pelle, il concetto di verità sta diventando sempre più sfuggente, il confine tra ciò che è vero e ciò che appare vero si fa sempre più labile e quindi inesistente. Ragiona (soprattutto) di questo il settimo capitolo della saga che ridefinito lo spy action moderno, una saga che dopo ventisette anni (il primo storico capitolo di Brian De Palma è del ’96) dimostra ancora di avere freschezza, inventiva e soprattutto di saper leggere le istanze del presente. Mission: Impossible – Dead Reckoning – Parte uno comincia con lo schermo di un sottomarino che fornisce un’informazione sbagliata – e per questo letale – e prosegue su quel solco, amplificando ulteriormente le dinamiche tipiche del cinema spionistico fatto già di mezze verità, di tradimenti, di informazioni da prendere con le pinze, di ombre su cui provare a gettare una luce.

Christopher McQuarrie, che è bravo ed evidentemente lo sa, imbastisce quindi una gigantesca caccia al McGuffin di quasi due ore e quaranta minuti che si sposta da un lato all’altro del globo, ma che non dimentica mai i personaggi, le loro relazioni, le loro motivazioni e, sì, anche la loro umanità.  Un’umanità che si contrappone al freddo raziocinio di un’Entità (che nel film viene chiamata esattamente così), un insieme di algoritmi, strisce di codice e dati in grado di modificare la percezione della realtà e quindi la realtà stessa, creando perciò un pericolo mai visto prima per l’umanità. E allora tra una sequenza d’azione incredibile e l’altra, il cuore di questa ennesima missione impossibile sta nell’uomo, nella sua volontà di preservare ciò che è e ciò che è stato e nella sua imperfezione.

Mission: Impossible - Dead Reckoning - Parte uno - Hayley Atwell ed Esai Morales (foto Paramount Pictures)
Mission: Impossible – Dead Reckoning – Parte uno – Hayley Atwell ed Esai Morales (foto Paramount Pictures)

Il valore di una posta in gioco

Mission: Impossible – Dead Reckoning – Parte uno è un film di transizione o di allaccio, se così vogliamo definirlo, ma riesce anche a non sembrarlo granché. Perché McQuarrie (che sia bravo lo si è già scritto, vero?) conosce la materia, conosce il mezzo e sa come costruire un’impalcatura diegetica che punti sempre più in alto senza però perdere di stabilità. Ethan e la sua squadra girano ancora una volta il mondo, a partire da una sequenza incredibile per struttura e senso del racconto ambientata all’aeroporto di Abu Dhabi per poi fare tappa a Roma dove si consuma un inseguimento che dosa perfettamente tensione e umorismo, a Venezia e infine sul celeberrimo Orient Express. Il terzo atto è una fucina di idee che sposano action e sensibilità da spy thriller e che sono ben rappresentate dall’ormai iconico salto con la moto e il paracadute di Tom/Ethan di cui però non vi sveleremo il proseguo.

Ma è la posta in gioco del film ad essere più alta che mai, perché in questa missione la morte sarà una presenza ben più che minacciosa e perché la nozione di fiducia verrà messa a dura prova come non mai prima. Se già con Rogue Nation e Fallout McQuarrie aveva abbracciato una certa cupezza di fondo e anche una sorta di pessimismo cosmico, in questo Dead Reckoning si avverte sempre la sensazione di chiusura, di qualcosa che deve organicamente e necessariamente finire. Non c’è un vero e proprio cliffhanger a chiudere il film perché l’intera pellicola è costruita come un enorme cliffhanger (ed una sequenza nel finale ne è la rappresentazione fisica), l’antipasto succulento di quella che poi sarà la portata finale (si spera) ancora più deliziosa.

Mission: Impossible - Dead Reckoning - Parte uno - Tom Cruise (foto Paramount Pictures)
Mission: Impossible – Dead Reckoning – Parte uno – Tom Cruise (foto Paramount Pictures)

Ethan e/è Tom

Dopo ventisette anni e sette film alle spalle Tom Cruise abbraccia il suo personaggio fore più amato completamente, ne sfuma i tratti e la personalità e lo rende un eroe che flirta continuamente però con il suo lato antieroico. Mission: Impossible – Dead Reckoning – Parte uno è in fondo la celebrazione di un cinema ancorato alla classicità che guarda alla modernità e all’attualità con uno sguardo tutto da invidiare e una lucidità estrema, raccontando di un mondo che non esiste ma che pulsa attorno al nostro, lo sfiora, arrivando perfino a toccarlo e a contaminarlo. Quello costruito perciò da Tom Cruise in tutti questi anni è perciò ben più di un personaggio, ma è un archetipo moderno che dà forma ad un intero mondo narrativo; Ethan corre, spara, combatte a mani nude, si lancia col paracadute, risale precipitosamente da un treno che sta per cadere giù da un dirupo, si immola per i propri amici e per il proprio Paese pur di non vedere gli innocenti soffrire ma avverte anche la tentazione della vendetta, il germe dell’oscurità in sé. McQuarrie lo ha capito benissimo Ethan Hunt e Tom Cruise ha capito benissimo McQuarrie; la loro miracolosa sinergia ha portato una saga sull’orlo del baratro al risorgere come una fenice, fino ad arrivare a questo punto qui. Ché se dopo 163 minuti ne si vuole ancora, qualcosa vorrà pur significare.

Mission: Impossible – Dead Reckoning – Parte uno. Regia di Christopher McQuarrie con Tom Cruise, Simon Pegg, Ving Rhames, Esai Morales, Pom Klementieff, Shea Whigham, Hayley Atwell, Rebecca Ferguson e Vanessa Kirby, in uscita mercoledì 12 luglio al cinema distribuito da Eagle Pictures.

VOTO:

Quattro stelle

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