L'attore Kevin Spacey in una delle immagini che non vedremo nel nuovo film di Ridley Scott
Un paio di riflessioni a caldo sul processo, attualmente in corso, di cancellazione del corpo di un attore considerato fino a poche settimane fa intoccabile.
La rimozione post mortem
Parliamo di Kevin Spacey, ovvio. In passato, infatti, gli unici casi di rimozione di un attore da una o più scene già girate di un film, erano motivati per lo più dal decesso dell’attore in questione e dalla conseguente impossibilità dello stesso di portare a termine le riprese. Uno dei casi più noti è quello di River Phoenix, morto di overdose mentre girava Intervista col vampiro e sostituito in fretta e furia da Christian Slater. Per sopperire alla prematura scomparsa di Heath Ledger e far sì che Parnassus – L’uomo che voleva ingannare il diavolo non facesse la fine del suo Don Chisciotte, Terry Gilliam chiamò addirittura tre rimpiazzi (Colin Farrell, Jude Law e Johnny Depp) inventandosi come escamotage che il personaggio potesse cambiare fattezze durante il film.
Kevin Spacey e il suo sostituto Christopher Plummer
L’industria dei sogni sporchi
Caso vuole che il protagonista di Parnassus fosse quello stesso Christopher Plummer che oggi viene chiamato a sostituire Kevin Spacey nel nuovo film di Ridley Scott. La differenza è che Spacey però non è morto. Tutt’altro, a giudicare dalle cronache delle sue vacanze in yacht pieni di allegri marchettari consenzienti sulla costiera amalfitana, pare essere anche in perfetta forma fisica. Per Hollywood però è come se fosse morto, anzi, è peggio che se fosse morto. Perché da vivo è il promemoria inaccettabile di uno sporco che l’industria dei sogni, da sempre, è abituata a nascondere sotto il tappeto, etichettando all’occorrenza come “paria” chiunque, a a torto o a ragione, si trovi nella poco invidiabile situazione di essere additato come titolare esclusivo di quello sporco.
L’attore Kevin Spacey in una delle immagini che non vedremo nel nuovo film di Ridley Scott
La soluzione hollywoodiana
Quindi basta un attimo e via il “vecchio satiro” da House of Cards. Affanculo anche quel biopic su Gore Vidal che in molti aspettavano e via – caso unico nella storia di Hollywood Babilonia – le scene girate per un film attesissimo e già bello che montato, per di più in uscita in sala tra poco più di un mese. Strano che nessuno abbia ancora pensato di chiamare David Fincher, Brad Pitt e Morgan Freeman per rigirare il finale di Seven senza più il buon vecchio Kevin a impacchettare la testa di una giovane Gwineth Paltrow non ancora molestata da Harvey Weinstein. Difficile farsi un’idea netta ma c’è che un po’ viene da ridere. Così come posso solo immaginare le grasse risate che, in questi giorni, si starà facendo Kenneth Anger.
Dissolvenza con sotto la linea di basso dei titoli di testa di House of Cards.
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