Il ragazzo e l’airone, recensione RoFF18: Hayao Miyazaki ci saluta come meglio non avrebbe potuto

Il ragazzo e l'airone - una scena del film
Il ragazzo e l'airone - una scena del film

Dalla Festa del Cinema di Roma la nostra recensione dell’attesissimo Il ragazzo e l’airone del maestro Hayao Miyazaki: se sarà davvero la sua ultima opera, ci avrà lasciati con un pugno al cuore e una carezza agli occhi

Sono passati dieci anni da quello che sembrava il suo film testamento, quel Si alza il vento che era summa e al contempo celebrazione della sua poetica, del suo sguardo, del suo amore per la Settima Arte. Nel frattempo il cinema d’animazione giapponese è andato avanti, anche con risultati più che discreti, ma ora più che mai il mondo ha bisogno di nuovo del talento e del cuore di Hayao Miyazaki. Ed ecco che, dopo il passaggio al Festival di Toronto, arriva anche a Roma Il ragazzo e l’airone, il suo ultimo film (probabilmente per davvero questa volta) e il suo modo per salutarci.

L’avventura di Mahito

Mahito, un ragazzino di 12 anni, fatica ad ambientarsi in una nuova città dopo la morte della madre Hisako a causa di un incendio nell’ospedale in cui lavorava, e dopo che suo padre Shoichi si è rispsoato con la sorella minore di Hisako, Natsuko. Tuttavia, quando un airone parlante lo informa che sua madre è ancora viva, Mahito entra in un mondo fantastico alla sua ricerca, senza sapere che le sorti del mondo intero dipenderanno dalle sue azioni.

Il ragazzo e l'airone - una scena del film
Il ragazzo e l’airone – una scena del film

L’equilibrio del mondo

Per il cinema di Miyazaki e, in generale, per la cultura orientale tutta il mondo si fonda sull’equilibrio di forze opposte: luce e oscurità, bene e male, giusto e sbagliato,, acqua e fuoco. Queste forze però non si oppongono in maniera strenua ma si fondono parzialmente, perché senza questa convivenza l’equilibrio delle cose non potrebbe mai sussistere. C’è una scena, bellissima, nel finale de Il ragazzo e l’airone che racconta perfettamente questo equilibrio, qui rappresentato come una serie di pietre di forme completamente diverse impilate le une sulle altre in uno slancio geometrico che sfida e sconfessa tutte le leggi della fisica. Ma non importa.

Superati da poco gli ottant’anni, infatti, il maestro giapponese si guarda indietro per cercare di immaginare un futuro che potrà soltanto intravedere (ma solo per una becera questione anagrafica), riflettendo anche sulla propria mortalità, sullo stato dell’arte dell’animazione, sul lascito culturale e artistico che il figlio Goro sarà, suo malgrado, costretto a portare avanti. L’unica possibile risposta a queste preoccupazioni, ci sembra che Miyazaki ci dica, sta nell’equilibrio del mondo. Un mondo evidentemente troppo complesso, ma anche semplice perché decifrabile attraverso le coordinate che la nostra infanzia e la nostra immaginazione ci regalano.

Il ragazzo e l'airone - una scena del film
Il ragazzo e l’airone – una scena del film

Un lungo addio

Il ragazzo e l’airone si prende tutto il tempo per salutarci e portarci al traguardo (forse anche un filo troppo), poiché mai come questa volta ad Hayao Miyazaki interessa il viaggio e non la destinazione finale. Dentro il suo ultimo lungometraggio ci ha messo davvero tutto quello che gli sta a cuore, sia a livello tematico (il potere salvifico della memoria) che di argomenti (la tragedia della guerra, la genitorialità, il rapporto indissolubile tra uomo e natura), ma anche tutta una serie di immaginari che lo hanno ispirato nel corso di cinquanta splendidi anni di carriera. C’è il folklore europeo rappresentato dalle sette nonnine che ricordano i sette nani, ma anche quello giapponese con i terribili parrocchetti.

Ci sono dentro i mondi fantastici de La città incantata e de Il castello errante di Howl, la guerra e i riferimenti ai totalitarismi di Porco Rosso, l’amicizia tra uomo e natura di Ponyo sulla scogliera e l’inimicizia di Principessa Mononoke; soprattutto però c’è tanto cinema in ogni singola inquadratura, cinema che travalica lo schermo e irrompe in sala con tutta la sua fragorosa potenza, talmente grande da sovrastare anche i difetti della storia o certi passaggi di trama poco chiari (che ci sono e che non sarebbe giusto negare). Il punto però è che Hayao Miyazaki si è sentito libero di fare il film che voleva, anche a costo di piacere meno o non piacere affatto, perché fosse un addio sentito e memorabile.

Il ragazzo e l'airone - una scena del film
Il ragazzo e l’airone – una scena del film

Tutti dimenticano

Alla fine conta solo ricordare. Ed è fondamentale che si ricordi, perché quel “normalmente tutti dimenticano” esplicitato nel finale da un personaggio fondamentale nell’economia della storia è un grido che Miyazaki lancia verso di noi, verso le generazioni più giovani. È solo un momento, lampante e brevissimo, ma trafigge il cuore perché è Hayao stesso a parlarci, ad implorarci, a chiederci di non dimenticare. È l’ultima richiesta di un uomo che per cinquant’anni ha creato ed esplorato mondi incredibili, dato vita a streghe, draghi e animali antropomorfi, raccontato di adulti che si sentivano perduti e di bambini che erano lì per aiutarli a ritrovare la strada, dato un senso al dolore e alla tragedia.

Perché era questo l’unico modo per mantenere vivo il ricordo della bellezza e dell’orrore, per parlarci di speranza, di sogni, della potenza dell’immaginazione e della meraviglia della vita, ma anche dell’importanza della morte e del suo ruolo all’interno del grande disegno delle cose. La verità è che il cinema tutto, non solo quello di animazione, perderà un grande narratore, un uomo che sapeva vedere con gli occhi di un bambino, un regista in grado di raccontare il particolare e l’universale, lo yin e lo yang. Lo dicevamo all’inizio, è tutta una questione di equilibrio. Arigato gozaimasu Miyazaki-san, per tutto.

TITOLO Il ragazzo e l’airone
REGIA Hayao Miyazaki
ATTORI
USCITA 1 gennaio 2024
DISTRIBUZIONE Lucky Red

 

VOTO:

Quattro stelle

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