Foto di famiglia, recensione: la vera storia del fotografo Masashi Asada tra commedia e tragedia

Foto di famiglia - una scena del film
Foto di famiglia - una scena del film

La nostra recensione di Foto di famiglia diretto da Ryōta Nakano, tratto dalla vera storia del fotografo Masashi Asada: un film di grande eleganza e a tratti commovente che però rimane un po’ frenato e troppo diluito

Se c’è un paese che cinematograficamente parlando ha sempre saputo affrontare lo scomodo tema del lutto o del dolore, quello è il Giapponese. Lo ha fatto tramite i maestri dell’anime come Miyazaki o Takahata, ma anche grazie ad autori il cui lavoro lievita continuamente tra dramma e commedia come Fukada o Kore’eda. Foto di famiglia non è propriamente un film sul dolore, quanto piuttosto sul ricordo, ma è indubbio come Ryōta Nakano abbia anche lavorato di fino sul racconto di una tragedia personale e collettiva, centrando perfino il bersaglio in un paio di sequenze di raro impatto emotivo e filmico.

Il giovane fotografo

La famiglia Asada è una famiglia un po’ sui generis, ma il figlio minore Masada (Kazunari Ninomiya) è forse il componente più peculiare di tutti: sin da ragazzo amava fotografare tutto, di continuo, e quindi non avrebbe potuto fare altro che il fotografo nella vita, grazie anche all’appoggio del fratello maggiore Yukihiro (Satoshi Tsumabuki). Quando però la vita professionale di Masada è al culmine, si scatena il terribile tsunami del 2011 che devasta gran parte del paese e il giovane fotografo decide di partire per un viaggio alla ricerca delle famiglie che aveva fotografato in precedenza.

Foto di famiglia - una scena del film
Foto di famiglia – una scena del film

Alla ricerca di una redenzione

Il viaggio che, ad un certo punto el secondo atto, il protagonista Masada compie non ha tanto i tratti o le caratteristiche del tipico road movie, perché mai come in questo caso è proprio la destinazione finale a contare. Si tratta infatti di un pretesto narrativo, la cui valenza simbolica si spegne quasi immediatamente nel momento in cui entra in scena il vero obiettivo della lente filmica di Ryōta Nakano: la ricerca di una redenzione possibile. Sì, perché lo sguardo di Masada resta sempre asettico dietro l’obiettivo togliendo umanità ai soggetti che fotografa, ma quando arriva d’improvviso la tragedia anche il suo stesso sguardo è destinato a cambiare.

Persino il rapporto distaccato e awkward (pe dirla all’inglese) con la propria famiglia cambia, perché la percezione della mortalità si trasforma. Foto di famiglia racconta allora in primis di questo cambiamento che, pur avvenendo tramite l’arte di fissare le immagini nello spazio e nel tempo, è invece abbastanza dinamico anche dal punto di vista visivo. Ma, come anticipato all’inizio, questo è anche e soprattutto un racconto sulla forza del ricordo. Non tanto ricordo inteso come memoria, quanto piuttosto come salvataggio: attraverso la sua nuova attività di recupero delle foto scampate allo tsunami, Masada conserva il corpo fisico di questa memoria, per poterla riconsegnare ai proprietari intatta.

Foto di famiglia - una scena del film
Foto di famiglia – una scena del film

Grande eleganza ma un po’ di didascalismo

Foto di famiglia è un’opera permeata dalla ricerca della speranza, ineffabile e inafferrabile assieme; Nakano si affida allo sguardo magnetico ed espressivo di un bravo Kazunari Ninomiya per catturare le contraddizioni, il senso di colpa, l’incredulità di fronte alla tragedia della vita di Masada ma anche per disegnarne l’epifania che lo porterà ad abbandonare quell’egoismo con cui aveva portato avanti l’esistenza e l’arte. Inoltre, come nella migliore tradizione giapponese, il dramma entra solo a tratti prepotentemente perché il tono generale è quello di una commedia in cui si toccano anche punte di cinema dell’assurdo.

Il lavoro che Foto di famiglia fa della propria radice diegetica e tematica si esprime quindi in un flusso di immagini e suggestioni, che partono dalla rigidità della fotografia (e quindi dell’etica di Masada) per abbracciare man mano la morbidezza del cinema e della vita. Poi, certo, ci sono purtroppo degli inserti un bel po’ didascalici e anche un po’ furbi (come quelli che riguardano il bambino malato di tumore) e permane un po’ una sensazione d’incompiutezza e di eccesso di diluizione anche per via di una durata che supera le due ore, francamente eccessiva.

Si arriva alla certezza che Foto di famiglia avrebbe funzionato e colpito al cuore ancora meglio se avesse abbandonato un po’ del suo simbolismo visivo e narrativo, rinunciando all’idea di commuovere a tutti i costi e abbracciando invece l’aulicismo e la compostezza di tutto il primo atto e di gran parte del secondo. Sicuramente una pellicola intensa e interessante, comunque, che conferma lo stato di vitalità di una cinematografia che cerca sempre di osare qualcosa in più, anche magari troppo delle volte.

Foto di famiglia. Regia di Ryōta Nakano con Kazunari Ninomiya, Haru Kuroki, Satoshi Tsumabuki e Jun Fubuki, in uscita nelle sale giovedì 19 ottobre distribuito da Officine Ubu.

VOTO:

Tre stelle

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