La nostra recensione di Doctor Strange nel Multiverso della Follia, delirante cinecomic Marvel dalla chiara impronta inquietante del regista Sam Raimi, con Benedict Cumberbatch ed Elizabeth Olsen
Sam Raimi è tornato. A quindici anni da quel tribolato Spider-Man 3, il regista che, con la sua trilogia sull’Uomo Ragno, ha fondamentalmente gettato le basi per l’estetica del cinecomic contemporaneo torna a casa Marvel per dirigere Doctor Strange nel Multiverso della Follia. Secondo capitolo delle avventure del potente stregone interpretato da Benedict Cumberbatch, il film conferma il trend sperimentale con cui si è inaugurata la fase 4 del Marvel Cinematic Universe. Dopo l’epica d’autore di Eternals, le scoppiettanti bizzarrie estetiche di WandaVision e il salto nell’animazione con What If? i Marvel Studios puntano tutto su un regista capace di donare un tocco inquietante e riconoscibilissimo al suo film.

Realtà alternative
“Il Multiverso è un concetto di sappiamo spaventosamente poco” diceva Doctor Strange alla fine di No Way Home. È dunque con l’incertezza e una sana dose di curiosità che è giusto approcciarsi a questo Doctor Strange nel Multiverso della Follia. Per questa ragione nella nostra recensione spoiler free del film tenteremo di analizzare la pellicola senza fare riferimento alcuno agli intriganti plot twist e alle sorprese che la trama contiene. Ci basti sapere, per ora, come noto dai materiali promozionali, che una forza oscura si sta muovendo nel Multiverso; quando Stephen Strange comprende di dover intervenire decide di rivolgersi alla strega più potente dell’MCU, Wanda Maximoff (Elizabeth Olsen).

Intrattenimento d’autore
Probabilmente, prima di Raimi, solo James Gunn con i suoi Guardiani della Galassia e Chloé Zhao con Eternals erano riusciti ad imprimere un marchio di riconoscibilità alle loro pellicole, così uniche rispetto al marasma dei prodotti del’MCU. Sam Raimi, però, fa un passo avanti. Perchè Doctor Strange nel Multiverso della Follia, benchè resti esteticamente coerente con l’universo narrativo cui fa riferimento, è la creazione di un regista visionario che conduce il film verso vette inquietanti mai viste nell’MCU. L’autorialità si coniuga all’intrattenimento più sfrenato quando il regista gioca con la macchina da presa che diventa lente per entrare nelle psicologie dei personaggi. L’immagine si frammenta e l’inquadratura si ribalta in volute adrenaliniche che raggiungono l’apoteosi nella messa in scena di scene action da capogiro che pullulano di mirabolanti invenzioni visive capaci di sfruttare gli effetti visivi al massimo delle loro folli possibilità. È, però, soprattutto l’uso sapiente dei jump scare, la tensione orrorifica generata dalle immagini e la cupezza mai sovrabbondante (si tratta pur sempre di un film prodotto da Disney) della maniera in cui alcuni temi vengono trattati a portare la firma evidente di Raimi.

I demoni di Strange
Oltre che a livello tecnico, è nella costruzione narrayiva che si riconosce l’imprinting di Raimi. Avvezzo a maneggiare le storie di supereroi sin dai suoi celebratissimi Spider-Man, il regista, con l’apporto essenziale di Michael Waldron in sceneggiatura, riesce a rendere il concetto di multiverso non solo uno strumento eminentemente ludico, ma la chiave di volta per un ulteriore approfondimento dei suoi protagonisti. Perché avere a che fare con gli universi paralleli è fare i conti con versioni alternative dei personaggi, esperire “cosa sarebbe successo se” questi avessero preso decisioni differenti. Così una delle questioni fondamentali della pellicola è relativa a che tipo di Doctor Strange vuole diventare il nostro Stephen: uno stregone disposto a corrompersi pur di raggiungere i propri scopi o un supereroe in grado di mettersi in discussione spogliandosi definitivamente di quel narcisismo che lo ha sempre caratterizzato? Un dilemma che, riformulato, assilla allo stesso modo Wanda, vera co-protagonista della pellicola.

Un tassello dell’MCU
Proprio intorno al personaggio interpretato da una Elizabeth Olsen, tuttavia, si condensano le maggiori perplessità. Da un lato l’attrice riesce a cogliere i chiaroscuri della sua Wanda e restituirne tutto il rabbioso dolore e la centralità di Scarlet Witch nella trama permette di apprezzare tanto la complessità del personaggio quanto (soprattutto visivamente) i suoi incredibile poteri. Dall’altro, però, dato che è impossibile non considerare questo Doctor Strange come un tassello dell’MCU, l’arco narrativo della strega risulta discutibile (un vero passo indietro) se comparato al notevole sviluppo del personaggio in WandaVision. È questo il grande indizio che rivela la natura del film: un prodotto quasi indipendente dall’universo Marvel, cui importa relativamente poco di dare spiegazioni su questioni relative alla macrostoria del progetto. Con buona pace di tutte le aspettative dei fan.
Forti di questa consapevolezza, si potrà apprezzare maggiormente l’ottimo lavoro di Raimi e Marvel nel confezionare un prodotto che, nonostante il suo ritmo forse eccessivamente frenetico, si rivela una vera goduria per gli occhi, un ottimo prodotto di intrattenimento d’autore, un’esperienza appagante e mostruosamente delirante.
Doctor Strange nel Multiverso della Follia. Regia di Sam Raimi. Con Benedict Cumberbatch, Elizabeth Olsen, Benedict Wong, Rachel McAdams, Chiwetel Ejiofor e Xochitl Gomez. Uscita al cinema 4 maggio 2022, distribuito da The Walt Disney Company Italia.
3 stelle e mezzo