Denti da squalo, recensione: Virginia Raffaele, Edoardo Pesce e Claudio Santamaria tra fiaba e realismo magico

Denti da squalo - Stefano Rosci e Tiziano Menichelli (foto Lucky Red)
Denti da squalo - Stefano Rosci e Tiziano Menichelli (foto Lucky Red)

La recensione di Denti da squalo, favola metropolitana a metà tra racconto di formazione e realismo magico con l’esordiente Tiziano Menichelli e i veterani Virginia Raffaele, Claudio Santamaria ed Edoardo Pesce

Una villa abbandonata, un’enorme piscina e un bambino alle prese con un incredibile incontro; non è l’incipit di un film di Spielberg o Lucas ma è la scena d’apertura di Denti da squalo, esordio alla regia del regista Davide Gentile tratto da una sceneggiatura vincitrice del premio Solinas nel 2015 scritta da Valerio Cilio e Gianluca Leoncini. Una favola metropolitana che flirta col racconto di formazione e che contiene elementi di realismo magico e di cinema di genere degli anni ’80, e che mischia veterani come Virginia Raffaele, Claudio Santamaria ed Edoardo Pesce a giovani talenti esordienti come il protagonista Tiziano Menichelli e Stefano Rosci.

La villa del Corsaro

Walter (Tiziano Menichelli) è un ragazzino che vive con la madre Rita (Virginia Raffaele), dopo che il padre Antonio (Claudio Santamaria) è rimasto ucciso in un depuratore per salvare la vita di un collega. Walter ha tredici anni ma si comporta quasi come un adulto, non sembra avere molti amici ed ha una fascinazione particolare per una vecchia villa abbandonata sulla spiaggia. Un giorno si avventura con la sua bicicletta all’interno della proprietà, nel cui giardino è stata costruita una piscina di grandi dimensioni; quando Walter si tuffa per una nuotata scopre che la piscina è abitata da un esemplare di squalo. Il ragazzo viene così scoperto dal custode Carlo (Stefano Rosci) e con lui stringe in poco tempo una solida amicizia, ignaro che la casa sia di proprietà del Corsaro (Edoardo Pesce), un famoso criminale della zona. L’incontro con quest’ultimo sarà per Walter l’occasione di scoprire qualcosa in più su se stesso e sulla propria famiglia.

Denti da squalo - Edoardo Pesce e Tiziano Menichelli (foto Lucky Red)
Denti da squalo – Edoardo Pesce e Tiziano Menichelli (foto Lucky Red)

Sulle orme di Spielberg

È piuttosto lampante notare, con un lungometraggio come Denti da squalo e altri che lo hanno preceduto, come un certo cinema italiano stia sempre di più guardando ad un racconto di formazione di stampo anni ’70 e ’80, nato al di là dell’oceano Atlantico. In questo esordio alla regia di Davide Gentile si trovano tutte le coordinate narrative, tonali e tematiche di lavori come Stand By Me o The Goonies (non a caso citati come riferimenti dagli sceneggiatori stessi), col tentativo però di adattare i temi universali come crescita, ricerca della propria identità o amicizia ad un linguaggio e ad uno sguardo più contemporaneo e legato all’arena di riferimento, in questo caso la Roma di periferia.

Non è altresì un caso che sia uno squalo l’elemento meraviglioso che rompe la realtà, soltanto che qui si tratta di un predatore rinchiuso in una gabbia d’acqua e quindi reso tendenzialmente inoffensivo. È un po’, se volessimo, la metafora perfetta per descrivere Denti da squalo, un film sulla carta florido di potenzialità espressive che però si accontenta di adattare e adattarsi ad un racconto pieno di simbolismi (il fantasma del padre, l’elemento della fascinazione del male rappresentato dal Corsaro) ma che troppo latita in originalità nello sguardo. Eppure nella storia di Denti da squalo ci sono degli sprazzi, delle fascinazioni che avrebbero meritato maggiore cura o interesse nello sviluppo e stanno soprattutto nel tema della storia, che è quello della libertà.

Denti da squalo - Claudio Santamaria (foto Lucky Red)
Denti da squalo – Claudio Santamaria (foto Lucky Red)

Il fantasma di un padre

Denti da squalo è un film che si porta dietro e dentro il senso profondo dell’avventura, di quelle pedalate nel bel mezzo del nulla nella campagna romana o di quelle camminate sulla spiaggia che portano a scoprire mondi inesplorati, ma come spesso avviene in questo genere di racconti l’avventura più insidiosa che Walter dovrà affrontare è nei meandri del suo passato, del suo rapporto con la madre Rita e con il padre Antonio. Quella di Denti da squalo è però soprattutto una storia che parla di libertà, libertà dal proprio passato e dal proprio presente, libertà da una figura ingombrante come quella paterna ma anche dalle seduzioni del male e dell’oscurità che trovano nell’adolescenza un terreno florido su cui seminare.

In questo caso il rapporto centrale, e forse anche quello più ammantato di una certa vena intimista e poetica, è proprio quello tra Walter e Antonio, rapporto che si esprime attraverso uno stratagemma classico che non sveleremo ma che ci permette di identificare meglio quali sono i fantasmi che Walter deve affrontare per poter finalmente riabbracciare la sua identità di tredicenne. In questo senso Denti da squalo lavora in maniera piuttosto efficace sul trauma da rimuovere, ma l’impressione è che la storia si appoggi con troppa facilità su una serie di topoi già abbondantemente esplorati come quello dell’elaborazione del lutto e del percorso dickensiano verso la crescita.

Denti da squalo - Tiziano Menichelli e Virginia Raffaele (foto Lucky Red)
Denti da squalo – Tiziano Menichelli e Virginia Raffaele (foto Lucky Red)

L’importanza degli attori

In Denti da squalo sono gli interpreti a compensare la mancanza di coraggio a 360 gradi della scrittura, a partire da una brava Virginia Raffaele in un ruolo per lei insolito ma che accende la nostra curiosità per il futuro. Se Edoardo Pesce e Claudio Santamaria riempiono con grande carisma le due parti minori a loro affidategli (in particolare Pesce ricorda un po’ il suo Simoncino in Dogman di Garrone ed è sufficientemente spaventoso), la sorpresa vera arriva dagli esordienti Tiziano Menichelli e Stefano Rosci. Menichelli ha già il volto e l’intensità necessarie per proporsi come attore da tenere d’occhio in futuro, sperando che la sua giovane età non lo porti ad essere incastrato in parti sempre uguali mentre Rosci alterna durezza e morbidezza nello sguardo, nelle parole e nella gestualità per un personaggio, quello di Carlo, che forse è il più sfumato del lotto. È quindi un peccato come Denti da squalo non riesca mai a non essere troppo scritto nei dialoghi e nelle intenzioni, nonostante un finale tutto sommato indovinato seppur un po’ prevedibile e qualche momento in cui le emozioni primordiali e sanguigne come paura, anticipazione e desiderio riescono a sgorgare fuori un po’ più impetuose.

Denti da squalo. Regia di Davide Gentile con Tiziano Menichelli, Stefano Rosci, Virginia Raffaele, Claudio Santamaria ed Edoardo Pesce. Uscita al cinema 8 giugno 2023, distribuito da Lucky Red.

VOTO:

Tre stelle

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