Buffalo Kids, recensione: un’avventura western che farà contenti i piccoli, ma non solo

Buffalo Kids - una scena del film
Buffalo Kids - una scena del film

La nostra recensione di Buffalo Kids, film d’animazione europeo diretto dagli spagnoli Juan Jesús García Galocha e Pedro Solís García: una piccola epopea western divertente e ben ritmata, in grado di accostarsi a un tema complesso come quello dell’inclusività

Dopo l’Antico Egitto è arrivato il momento del Far West di Buffalo Kids per il duo registico spagnolo formato da Juan Jesús García Galocha e Pedro Solís García; un evidente passo avanti rispetto all’esordio, sia in termini di costruzione del mondo narrativo che di ritmo oltre che di maturità, ma anche l’ennesima dimostrazione di come il cinema d’animazione europeo sia tutt’altro che irrilevante. In questa piccola ma divertente epopea western si parla di inclusione e accettazione, si restituisce un po’ di giustizia e di voce alla causa degli indiani d’America e soprattutto si mette in piedi una storia semplice nello sviluppo ma efficace, che i più piccolini ma anche più di un adulto apprezzeranno.

Buffalo Kids - una scena del film
Buffalo Kids – una scena del film

Persi nel selvaggio West

Mary e Tom sono fratelli irlandesi orfani che arrivano a New York City – via transatlantico – nel 1886. Mentre cercano il loro zio Niall si ritrovano catapultati in un selvaggio viaggio attraverso il paese a bordo di un treno transcontinentale chiamato “Orphan Train”, dove incontrano Nick, un nuovo straordinario amico che cambierà per sempre le loro vite. Guidati dalla curiosità, dall’amicizia e dal lavoro di squadra, la loro avventura piena di scoperte li introdurrà a uomini subdoli e spietati, alleati sorprendenti, eroi inaspettati e sfide inimmaginabili in una ricerca esilarante e commovente della loro casa.

Buffalo Kids - una scena del film
Buffalo Kids – una scena del film

Il fascino dell’avventura

Ammettiamolo: chi non vorrebbe poter tornare in dietro di duecento anni ( o anche più) per avere la possibilità di vivere l’esperienza delle sconfinate praterie, delle valli rocciose, delle montagne, dei saloon, dei cowboy e di tutto ciò che l’immaginario ci suggerisce quando pensiamo al Far West americano? Non è un caso che tutti i media, dalla letteratura fino al cinema, passando per musica e videogiochi abbiano costruito storie, epopee e saghe intorno al mito del lontano Ovest, spesso e volentieri sacrificandone la dimensione storica fatta di soprusi e complessità socio-politiche a scapito di un’aura leggendaria ed epica.

Ovviamente il cinema di animazione non è rimasto a guardare, sebbene siano pochi i film memorabili ambientati in quel particolare periodo (come il bellissimo Rango di Verbinski). Sono ancora meno i film di produzione europea, ed è per questo che Buffalo Kids spicca tra il mare di proposte anche per la sua qualità non trascurabile, sia in termini di resa visiva e di fluidità dell’animazione che in termini di portata e quindi di ambizione. Perché quella realizzata dagli spagnoli Juan Jesús García Galocha e Pedro Solís García è un’avventura a metà tra romanzo di formazione ed epopea – in formato mini – che riesce ad intrattenere con un certo gusto, spigliata nel ritmo e con un paio di idee interessanti.

Senza fare cose mirabolanti i due García costruiscono un mondo a misura di bambino ma mai sciocco o infantilizzato, in cui l’azione la fa da padrona senza strabordare o strafare e in cui i buoni sentimenti prevalgono sull’avidità e sulla mancanza di scrupoli di certi antagonisti. Una visione perfetta per i più piccoli, quindi, ma alla quale anche gli adulti possono approcciarsi perché in grado di parlare a tutti pure a costo di sfoggiare un’involontaria ingenuità in certi frangenti. 

Buffalo Kids - una scena del film
Buffalo Kids – una scena del film

Parlare d’inclusività (e non solo)

In Buffalo Kids la volontà normalizzatrice del tema dell’inclusività e dell’accettazione si traduce sia nel rapporto che i fratelli Mary e Tom intrecciano con Nick, un orfano affetto da una disabilità cognitiva, che nella backstory degli stessi due fratelli protagonisti in cerca di una famiglia che possa accoglierli e farli sentire inclusi, quindi accettati e quindi amati. Tutto questo con un linguaggio semplice e diretto, proprio a portata di bambino, senza ricorrere a didascalismi esplicativi ma semplicemente mostrando la bellezza della diversità attraverso l’immagine e quindi le azioni stesse che Nick compie. E lo stesso vale per il lavoro di revisionismo storico, con gli indiani d’America finalmente liberati dal loro ruolo di selvaggi e a cui viene restituita una rappresentazione quantomeno dignitosa.

Poi, certamente, il livello di lettura è monostrato e privo di sottotesti e pure la scrittura dei personaggi tende ad essere un po’ piatta, nel senso che vengono incastrati nelle caselle di appartenenza tra “buoni e cattivi” senza ulteriori sfumature. Ed è un peccato, perché una maggiore complessità di scrittura non avrebbe fatto altro che giovare al film e alla sua nobile crociata, oltre a renderlo drammaturgicamente più intenso e teso. Dei peccati che comunque a un film come Buffalo Kids possiamo perdonare, perché ci vuole un certo coraggio nel voler mostrare la disabilità non come una mancanza ma come una diversa opportunità. Si può essere degli eroi e salvare i propri amici anche stando su una carrozzella, si può dire tutto anche senza proferire parola. Bastano gli occhi, e il cuore.

 

TITOLO Buffalo Kids
REGIA Juan Jesús García Galocha, Pedro Solís García
ATTORI Alisha Weir, Sean Bean, Gemma Arterton, Stephen Graham, Conor MacNeill
USCITA 31 ottobre 2024
DISTRIBUZIONE Warner Bros. Italia

 

VOTO:

Tre stelle

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