Percoco – Il primo mostro d’Italia, recensione: la vera storia dello stragista che ha sconvolto Bari

Percoco - Il primo mostro d'Italia - Gianluca Vicari (foto di Altre Storie)
Percoco - Il primo mostro d'Italia - Gianluca Vicari (foto di Altre Storie)

La recensione di Percoco – Il primo mostro d’Italia, film presentato al Bifest 2023 che racconta la storia vera di Franco Percoco, lo stragista famigliare che negli anni ’50 sconvolse con la sua brutalità Bari e l’Italia intera

Arriva domani in sala, dopo la presentazione in anteprima internazionale al Bifest 2023, Percoco – Il primo mostro d’Italia scritto e diretto da Pierluigi Ferrandini, un thriller su una storia di cronaca nera che negli anni ’50 scioccò l’opinione pubblica italiana che prova, una volta tanto, non ad indagare sui perché e sulle cause del male quanto piuttosto a ragionare sulla sua banalità di arendtiana memoria, sebbene una confezione di stampo televisivo rappresenti purtroppo il suo maggiore limite.

Il mostro di Bari e d’Italia

Bari, 1956. Franco Percoco (Gianluca Vicari) è un ventiseienne iscritto alla facoltà di medicina che vive coi propri genitori Vincenzo ed Eresvida e il fratellino più piccolo Giulio, affetto da sindrome di Down. L’altro fratello Tommaso, il maggiore, sconta la sua pena in carcere dopo essere stato arrestato per dei piccoli furti. La notte tra il 26 e il 27 Maggio, in un impeto di rabbia, Franco uccide a coltellate prima la madre, poi il padre e infine Giulio, per poi imballare i cadaveri dentro la camera dei genitori, sigillare la stanza con del nastro adesivo, chiuderla a chiave e fare la bella vita per quasi due settimane coi soldi che nel frattempo aveva loro sottratto. Né i suoi migliori amici Massimo (Antonio Monsellato) ed Enzo (Giuseppe Scoditti) e né tantomeno Tina (Rebecca Metcalf), la sua fidanzata nonché sorella di Angela (Federica Pagliaroli), la fidanzata di Enzo, sospettano nulla cosiccome i vicini di casa, ai quali Franco rifila una serie di bugie per spiegare i motivi dell’assenza dei propri genitori. Quello che però Franco non ha considerato è che il suo castello di carte e menzogne sta per crollargli addosso, per via di un particolare del quale non aveva minimamente tenuto conto.

 

Percoco - Il primo mostro d'Italia - Gianluca Vicari e Chiara Scelsi (foto di Altre Storie) 2
Percoco – Il primo mostro d’Italia – Gianluca Vicari e Chiara Scelsi (foto di Altre Storie) 

Nella mente di un assassino

Quello che a prima vista rende Percoco – Il primo mostro d’Italia una pellicola senza dubbio interessante è il peculiare punto di vista che adotta nei confronti della materia stessa del racconto, poiché sceglie non di focalizzarsi banalmente sulle cause o sul movente di una strage così efferata quanto piuttosto di raccontare la banalità e la normalità del male che l’hanno prodotta. Ferrandini non cerca risposte, non vuole addentrarsi nella morbosità più fetida dell’atto o nella sua visceralità estrema, tant’è che sceglie di non mostrare mai neanche i cadaveri delle vittime, ma assume una posizione di osservatore rispetto al dopo, alle reazioni interne ed esterne del protagonista consapevole ma anche di tutti gli altri personaggi ancora inconsapevoli evitando così in gran parte il didascalismo. Aiutato anche dalla bella prova di Gianluca Vicari nei panni di Franco, Percoco – Il primo mostro d’Italia è un film che dipinge un affresco cupissimo ed estremamente inquietante della psiche disturbata di un uomo comune, un bon vivant che ama le belle donne, il buon cibo e i piaceri della vita tutta. Nei primi due atti questo crime thriller dai tratti abbastanza inediti per il nostro paese scava a fondo nella personalità di Franco Percoco, portandone alla luce le contraddizioni, le insicurezze e le idiosincrasie ben nascoste sotto la sua anima di profondo bohemienne.

Percoco - Il primo mostro d'Italia - Rebecca Metcalf, Antonio Monsellato e Gianluca Vicari (foto di Altre Storie)
Percoco – Il primo mostro d’Italia – Rebecca Metcalf, Antonio Monsellato e Gianluca Vicari (foto di Altre Storie)

La discesa nell’abisso

È un film costruito sui crescendi questo Percoco – Il primo mostro d’Italia, crescendi di tensione, di segreti, di bugie, di odori maleodoranti che infestano le condutture del palazzo, di paura e paure. Pierluigi Ferrandini costruisce il suo film come una sorta di partita a scacchi tra Percoco e il resto della città, in cui ogni sua mossa può significare la differenza tra il farla franca e l’essere scoperto da un momento all’altro; in questa spirale di paranoia costante, di aspettative sociali mai soddisfatte e forse troppo pressanti, di un’oscurità opprimente che cozza con il sole, i colori caldi e l’anima pulita e splendente di una città che si sta affacciando al boom economico, Percoco – Il primo mostro d’Italia è implacabile e inflessibile per tutti i primi due atti e anche per parte del terzo, quando poi però non riesce a restituire fino in fondo quell’oscurità di cui esso stesso si era nutrito per quasi un’ora e mezza. È un peccato che ciò che avvenga, perché un finale meno depotenziato avrebbe lasciato sicuramente un’impressione diversa, un solco maggiore nell’anima dello spettatore.

Percoco - Il primo mostro d'Italia - Gianluca Vicari (foto di Altre Storie)
Percoco – Il primo mostro d’Italia – Gianluca Vicari (foto di Altre Storie)

Peccato per la confezione

In un film a suo modo così interessante e coraggioso nel voler trovare una chiave di volta diversa per raccontare una delle tante tragedie di sangue italiche, a spiccare in negativo è proprio la forma. Percoco – Il primo mostro d’Italia non riesce infatti quasi mai a smarcarsi da una confezione di stampo puramente televisivo, a partire dalla recitazione compassata, artificiosa e poco ispirata di tutti i comprimari che cozza con quella efficace di Vicari, fino ad una fotografia che gioca con le luci e le ombre ma che rimane troppo ampollosa e ad una ricostruzione d’epoca precisa ma anche un po’ scolastica. La regia di Pierluigi Ferrandini ha il merito di spiare Franco, di restare attaccato al suo personaggio con la macchina da presa senza essere mai morboso, ma anche il demerito di non osare mai con lo sguardo, di accontentarsi senza cercare una soluzione magari più creativa e meno documentaristica sfruttando la grammatica del grande schermo, oltre che di maggior respiro cinematografico. Tutta l’atmosfera di grande oppressione che il film si sforza di creare viene quindi, se non appiattita, resa meno efficace da alcune scelte di messa in scena che fanno quantomeno sorgere il dubbio se il film fosse stato in origine pensato per la televisione e non per il cinema. Rimane perciò l’amaro in bocca per una bella occasione non del tutto sfruttata al meglio, in un film che racconta il lato oscuro di quegli anni ’50 così tanto cristallizzati nell’immaginario collettivo. Quello di un’Italia che si preparava a diventare grande, sì, ma a costo di far emergere dei demoni spaventosi dai meandri più reconditi delle menti dei suoi stessi figli; il lato oscuro del benessere, che alimenta desideri inconfessabili nutrendoli di puro edonismo.

Percoco – Il primo mostro d’Italia. Regia di Pierluigi Ferrandini con Gianluca Vicari, Antonio Monsellato, Raffaele Braia, Chiara Scelsi, Giuseppe Scoditti, Rebecca Metcalf e Federica Pagliaroli, in uscita nelle sale come evento speciale da domani 17 aprile a mercoledì 19 aprile distribuito da Altre Storie.

VOTO:

Tre stelle

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