November – I cinque giorni dopo il Bataclan, recensione: uno spy thriller umano e tesissimo

November - I cinque giorni dopo il Bataclan - Jean Dujardin (foto di Adler Entertainment)
November - I cinque giorni dopo il Bataclan - Jean Dujardin (foto di Adler Entertainment)

La recensione di November – I cinque giorni dopo il Bataclan, uno spy thriller con protagonista Jean Dujardin che racconta gli eventi immediatamente successivi agli attacchi di Parigi del novembre 2015

L’attore premio Oscar per The Artist Jean Dujardin (Grandi bugie tra amici, L’ufficiale e la spia) torna nei cinema italiana a distanza di tre anni con November – I cinque giorni dopo il Bataclan, il racconto tesissimo degli eventi che hanno susseguito gli attentati a Parigi del novembre 2015 con l’arresto, la morte e la cattura di tutti i terroristi coinvolti. Uno spy thriller dal ritmo indiavolato che però non dimentica di tratteggiare i suoi personaggi, parlando di prezzo del compromesso, radicalizzazione e intolleranza.

Dopo la tempesta

Dieci mesi dopo la fuga di un potenziale terrorista ad Atene, un reparto speciale dell’antiterrorismo francese guidato da Fred (Jean Dujardin) viene letteralmente messo in subbuglio dagli attentati del 13 Novembre, tanto che Fred e il suo capo Héloïse (Sandrine Kiberlain) sono costretti a mettere su una squadra di emergenza nei minuti immediatamente successivi agli attacchi per individuare e catturare vivi o morti tutti i responsabili. Tra i membri del team vi è Inès (Anaïs Demoustier), una giovane e ancora inesperta analista e agente operativa che ha l’intuizione di contattare Samia (Lyna Khoudri), l’amica della cugina di uno dei possibili attentatori, per convincerla a collaborare alle indagini sotto copertura in un’operazione rischiosissima. Grazie alla collaborazione di Samia e all’aiuto di un’altra risorsa di nome Marco (Jérémie Renier) Fred e il resto del team avranno ora una speranza in più di riuscire nella loro missione, ma il prezzo da pagare potrebbe risultare altissimo.

November - I cinque giorni dopo il Bataclan - Jean Dujardin e Sandrine Kiberlain (foto di Adler Entertainment)
November – I cinque giorni dopo il Bataclan – Jean Dujardin e Sandrine Kiberlain (foto di Adler Entertainment)

La strategia della tensione

Raccontare la pressione socioeconomica e il conseguente cortocircuito che il terrorismo islamico sta esercitando da vent’anni a questa parte sull’Occidente non è certo un’impresa facile. Il rischio maggiore non è soltanto quello di banalizzarne azioni e reazioni, ma anche e soprattutto le motivazioni alla base del terrorismo stesso. Per evitare questa trappola Cédric Jimenez decide saggiamente di costruire un film di movimento e non di pensiero, in cui esporre i fatti utilizzando la grammatica del cinema senza considerazioni esterne che, spesso, sono molto meno efficaci degli eventi stessi. November – I cinque giorni dopo il Bataclan è infatti un film di genere puro, uno spy thriller dal fiato lungo e dallo scatto felino che lavora sulla paranoia, sulla paura e sull’attesa piuttosto che sulla spettacolarizzazione. Non è perciò un caso che gli attacchi stessi iniziali non vengano mostrati ma solo avvertiti, percepiti a distanza, raccontati attraverso le immagini in diretta dei telegiornali, le telefonate da un ufficio dell’intelligence all’altro o le testimonianze dei sopravvissuti, perché la caratteristica principale di una pellicola così meticolosa e precisa nella ricostruzione sta proprio nel lasciare tutto ciò che è troppo legato allo stato emotivo fuori dalla porta. C’è una missione da compiere, e le emozioni intralciano e rendono meno lucidi.

November - I cinque giorni dopo il Bataclan - Lyna Khoudri (foto di Adler Entertainment)
November – I cinque giorni dopo il Bataclan – Lyna Khoudri (foto di Adler Entertainment)

La tragedia del compromesso

Sarebbe però un po’ sbagliato considerare November – I cinque giorni dopo il Bataclan come un film che si disinteressa dei suoi personaggi e del loro lato umano, poiché tutti gli archi tendono a concentrarsi sulle tragiche conseguenze del compromesso al quale tutti i personaggi devono sottostare per poter svolgere il proprio lavoro, il proprio dovere. Questa dinamica è presente specialmente nel rapporto tra Inès e Samia, un rapporto che si basa su una promessa destinata ad essere infranta da forze superiori, sull’inevitabilità di un destino avverso legata a condizione sociale, razza, credo religioso. Perché Jimenez cerca anche di riflettere su quanto il nostro background sociale, economico, culturale ed etnico sia in grado di influenzare le nostre scelte, di portarle verso l’estremizzazione e la radicalizzazione o al contrario verso il dialogo e la moderazione, di renderci vittime o carnefici. November – I cinque giorni dopo il Bataclan diventa allora una storia che non vuole contrapporre due mondi fatti di buoni o cattivi in un manicheismo tanto pericoloso quanto le bombe, quanto piuttosto di trovare un po’ di luce nell’oscurità o di oscurità nella luce di esseri umani destinati comunque a perdere. Perché in questo film, come nella realtà, alla fine perdono tutti. Non c’è vittoria dopo che tanto sangue è stato versato, non c’è nessuna catarsi dopo che i colpevoli sono stati presi. Non c’è, e non ci sarà mai.

November - I cinque giorni dopo il Bataclan - Anaïs Demoustier (foto di Adler Entertainment)
November – I cinque giorni dopo il Bataclan – Anaïs Demoustier (foto di Adler Entertainment)

131 morti

Alla fine, come ci ricorda anche il cartello finale di November – I cinque giorni dopo il Bataclan contano anche i numeri, che sono impietosi. Ma i numeri non possono raccontare da soli il dolore, l’insicurezza, il coraggio di rialzarsi e di sperare in una nuova alba della civiltà; quelli li raccontano i personaggi che sono umani, umanissimi, gli occhi perennemente tristi di un bravissimo Jean Dujardin o di un altrettanto brava Anaïs Demoustier, le bandiere a mezz’asta a lutto, la Parigi che smette per una notte di essere la capitale del sogno e del romanticismo ma anche le responsabilità da ricercare nell’Occidente stesso dopo il dolore. November – I cinque giorni dopo il Bataclan non è un film “politico”, ma è un film che ci mette di fronte ad una serie di domande senza risposta. Perché è successo? Come possiamo impedire che succeda di nuovo? Quali sono le nostre responsabilità? Senza le risposte è impossibile fermare quei fantasmi che vagano nell’oscurità pronti a colpire, ma prima bisogna avere il coraggio di cercarle anche se non ci piaceranno.

November – I cinque giorni dopo il Bataclan. Regia di Cédric Jimenez con Jean Dujardin, Sandrine Kiberlain, Anaïs Demoustier, Lyna Khoudri, Jérémie Renier e Cédric Khan, in uscita nelle sale giovedì 20 aprile distribuito da Adler Entertainment.

VOTO:

Tre stelle e mezzo

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci qui il tuo nome