La nostra recensione di Nostalgia, il racconto di un’identità spezzata che tenta di ricomporsi tra le strade del Rione Sanità, firmato da Mario Martone, con un superbo Pierfrancesco Favino, presentato a Cannes
Il ritorno di Mario Martone nella sua Napoli, non più quella di inizio Novecento del recente Qui rido io, ma la città contemporanea fotografata in tutte le sue contraddizioni di Nostalgia è l’occasione per il racconto di un altro ritorno, quello del protagonista del film che dopo quarant’anni rimette piede nel suo rione per scoprire che nulla è cambiato. Tutto è come un tempo. Un nóstos che non può che essere a suo modo doloroso, come suggerisce il titolo. Presentato in concorso al Festival di Cannes 2022 e tratto dall’omonimo romanzo di Ermanno Rea, Nostalgia gode dell’interpretazione di un Pierfrancesco Favino superbo.

Ѐ tutto come un tempo
Felice Lasco (Pierfrancesco Favino), abbiente imprenditore che vive in Egitto, torna dopo quarant’anni a Napoli, sua città natale, per far visita alla sua anziana madre. Mentre girovaga per i vicoli del Rione Sanità, con i suoi palazzi fatiscenti e il ribollire della criminalità, l’uomo si accorge che nulla è cambiato da quando scorrazzava con i suoi amici per quelle stesse strade. L’incontro con Don Luigi (Francesco Di Leva), parroco locale impegnato a combattere la camorra e prendersi cura dei giovani del posto, e il riemergere di oscuri ricordi legati alla sua giovinezza napoletana, porteranno Felice a ricreare un legame viscerale con il rione.

Il ritorno del represso
Un’attrazione che ha del perturbante lega Felice al rione Sanità. All’inizio del film sembra che il motivo principale del suo ritorno sia legato alla volontà di ristabilire un rapporto con sua madre. Le scene in cui l’uomo si prende cura dell’anziana, fragile e stanca, sono le punte emozionali di una pellicola perennemente in bilico tra un realismo bruciante e poetiche parentesi di contemplazione. L’approfondimento della psicologia del protagonista, però, conduce lo spettatore nel passato di Felice, che si manifesta su schermo con flashback in formato 4:3 e avvolti da una fotografia più satura. Un ritorno (ancora) alla giovinezza, a un evento traumatico, legato alla criminalità locale, che non ha mai smesso di angustiare l’uomo, convinto di poter rinascere solo confrontandosi direttamente con il suo tormento. Così Nostalgia diventa il racconto di un’identità spezzata che tenta di ricomporsi mentre si aggira, insieme ammaliata e sconvolta, tra le catacombe della sua memoria.

Il labirinto della Sanità
Se figuratamente queste catacombe rappresentano i luoghi del rimosso e delle represso nella mente di Felice, concretamente prendono la forma delle strade dissestate e dei palazzi fatiscenti del Rione Sanità. Martone tenta un’immersione completa nella geografia labirintica del quartiere napoletano, alternando inquadrature che rendono Napoli un corpo vivo attraversato da fremiti violenti, e soluzioni piuttosto artefatte (tra cui l’abuso dell’effetto sfocato) che generano straniamento. La scelta vincente della sua regia, però, è l’affidarsi totalmente a Pierfrancesco Favino, capace non solo di far trasparire dalle espressioni del volto e dalle movenze tutto il tormento di Felice, ma impegnato anche in una difficile prova linguistica. L’attore romano, infatti, esordisce nel film con uno stentato italiano sporcato di reminiscenze napoletane e influenzato dall’arabo (che parla fluentemente), per poi, durante la sua permanenza nella città partenopea, adottare sempre più il dialetto napoletano. Un ulteriore ritorno alle radici.
Nostalgia. Regia di Mario Martone. Con Pierfrancesco Favino, Francesco Di Leva, Tommaso Ragno, Aurora Quattrocchi, Sofia Essaidi, Nello Mascia, Emanuele Palumbo, Artem, Salvatore Striano e Virginia Apicella. Al cinema dal 25 maggio, distribuito da Medusa Film.
3 stelle