Miracle, recensione: dalla Corea una storia vera raccontata con un po’ di magia e troppo melodramma

Miracle - Park Jeong - min (foto Academy Two)
Miracle - Park Jeong - min (foto Academy Two)

La recensione di Miracle, il nuovo film del regista coreano Jang-Hoon Lee già trionfatore al Far East Film Festival 2022: tra coming of age e dramedy regala dei momenti di magia, ma è gravato da un’eccessiva melodrammaticità

Dopo la vittoria al prestigioso Far East Film Festival 2022 arriva in sala il campione d’incasso indiscusso della scorsa stagione cinematografica coreana, tratto da una storia vera accaduta in Corea alla fine degli anni ’80. Miracle di Jang-Hoon Lee guarda molto più ad Occidente che a Oriente però, mettendo in scena un film che si rifà ai coming of age americani proprio di quella decade con un misto di commedia e dramma, sebbene non riesca a bilanciare entrambi i generi per cadere nella trappola del melodramma.

Il sogno di una ferrovia

Corea del Sud, 1988. Jun Kyung (Jeong-min Park) è un talentuosissimo adolescente appassionato di matematica che frequenta il liceo di un paese nella provincia del Gyeongsang del nord, ma che proviene da un piccolo villaggio dimenticato da Dio. Determinato a collegare il suo sperduto villaggio col resto della nazione, Jun scrive ogni settimana una lettera al primo ministro coreano per incoraggiare la costruzione di una stazione ferroviaria. I suoi sforzi, incoraggiati dalla premurosa sorella Bo (Soo-kyung Lee) e del tutto ignorati dal taciturno padre (Lee Sung-min), un ingegnere ferroviario che già in passato aveva inutilmente provato a richiedere il nullaosta per la costruzione, cominciano a dare frutti solo quando il ragazzo comincia a frequentare una sua coetanea, Ra Hee (Lim Yoon-a), figlia di un uomo di potere con diversi legami politici. Jun Kyung ha però una grossa ferita aperta nel passato e, quando il suo professore di matematica lo iscriverà ad una selezione nazionale per ottenere una borsa di studio negli Stati Uniti, dovrà trovare il modo di vincere le resistenze del padre e affrontare una verità terribile sulla sua famiglia.

Miracle - Lim Yoon - a e Park Jeong - min (foto Academy Two)
Miracle – Lim Yoon – a e Park Jeong – min (foto Academy Two)

Luce ed oscurità

La parabola di Jun Kyung e quindi di riflesso dell’intero Miracle è quella, classica, del film di formazione ma con un twist nel terzo atto che aggiunge alla formazione anche una sorta di redenzione. Di chi non è possibile dirlo, causa spoiler, ma è evidente come tutto il film di Jang-Hoon Lee lavori a più riprese su un racconto che fa del cambiamento di stato il suo fulcro centrale. Uno stato non solo fisico, emotivo e spirituale ma anche e soprattutto identitario. Miracle è in fondo una pellicola in cui convivono continuamente la luce della speranza, della possibilità di muoversi, di viaggiare e quindi di andare via per evolvere con l’oscurità dello stare fermi, del non cambiare, dell’essere bloccati nel presente e quindi nel passato con un pesante senso di colpa che ci sta pian piano uccidendo. E allora la metafora della stazione che va costruita per collegare un piccolo villaggio al resto del Paese, e quindi del Mondo, è soprattutto la metafora di un viaggio alla scoperta di ciò che c’è altrove e oltre la quotidianità del personaggio di Jun Kyung, di suo padre e di sua sorella. La possibilità per Jun Kyung (almeno per lui) di andare avanti per non restare intrappolato in quella casa, tra quelle mura colme di fantasmi, di rimpianti e di morte.

Miracle - Park Jeong - min e Lee Soo-kyung (foto Academy Two)
Miracle – Park Jeong – min e Lee Soo-kyung (foto Academy Two)

La favola e la commedia

La doppia anima di Miracle è ben evidenziata già dalle primissime inquadrature, quando vediamo gli abitanti del villaggio incamminarsi lungo le rotaie della ferrovia per raggiungere il paese vicino, sperando che in quel momento non passi il treno. È però ancora più evidente più avanti nel corso del film, quando Miracle sembra quasi diventare un teen movie americano degli anni ’80 a metà tra Stand by Me e I Goonies, quantomeno per le atmosfere. Ed è proprio in quel momento che la pellicola sembra prendere quota, tra approcci adolescenziali al sesso impacciati e quindi realistici e divertenti, la ferma determinazione di Jun Kyung nel voler costruire la ferrovia cercando di convincere i più che riluttanti abitanti del villaggio e, soprattutto, la poesia spensierata e tenera di un paio di sequenze di bella fattura come quella in Jun Kyung e Ra Hee si incamminano di notte lungo la ferrovia, tra le lucciole. Quando Miracle abbraccia lo spontaneo, l’impacciato, il sogno impossibile e quindi per questo da perseguire a tutti i costi e anche un po’ lo sfrontato allora è al suo meglio, libero di volare come i sogni che rappresenta.

Miracle - la stazione del film (Academy Two)
Miracle – la stazione del film (Academy Two)

Il dramma e la tragedia

Il problema arriva invece quando i toni si fanno più cupi e pesanti e la tragedia arriva irruenta. Intendiamoci, non c’è nulla di sbagliato nell’incupire le storie o nel renderle più disincantate, ma l’accumulo di situazioni tragiche che si susseguono nel terzo atto appesantiscono Miracle non poco, privandolo di quella levitas che fino a quel momento aveva indossato con così tanta convinzione. Ed è un accumulo fin troppo insistito, una vera e propria sequela di rivelazioni, segreti e terribili verità che invece di colpire emotivamente lo spettaotre finiscono per sfiancarlo, e ancor peggio, tirarlo fuori dal racconto. Sarebbe bastato molto meno, una sensibilità maggiore e una capacità di non cadere nel melodramma strappalacrime a tutti i costi per rendere Miracle un piccolo gioiello della cinematografia coreana, l’ennesimo di un mosaico che da oltre vent’anni va componendosi; invece ci troviamo di fronte un film che rovina tutto il buono fatto in un terzo atto francamente inspiegabile e, mi si passi il termine, scellerato. E allora il vero miracolo, qui, è riuscire a capire come sia stato possibile un epilogo simile.

Miracle. Regia di Jang-Hoon Lee con Jeong-min Park, Yoon-a Lim, Soo-kyung Lee e Lee-sung Min, in uscita nelle sale il 23 marzo distribuito da Academy Two.

VOTO:

Due stelle e mezzo

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