Venezia 80, Holly, recensione: l’opera quinta della regista Fien Troch non detona mai

Holly - Cathalina Geeraerts
Holly - Cathalina Geeraerts

Da Venezia la recensione di Holly della regista Fien Troch: un film che parte da un interessante spunto narrativo e tematico, ma che non trova mai il proprio baricentro né una scintilla che lo faccia detonare

Arriva in concorso a Venezia 80, come unico rappresentante dei cinema olandese e belga, Holly della regista Fien Troch qui al suo quinto lungometraggio. Una pellicola dallo spunto tematico e narrativo in realtà piuttosto interessanti, ma che fatica tantissimo a trovare una chiave di racconto convincente perché sprovvista di un baricentro che le dia appoggio, perdendo il focus della storia senza riuscire a farla esplodere come avrebbe dovuto.

Holly sente le cose

La quindicenne Holly (Cathalina Geeraerts) chiama la scuola per dire che resterà a casa per tutto il giorno. Poco dopo, nell’edificio,  scoppia un incendio che uccide diversi studenti. La comunità, toccata dalla tragedia, si riunisce per cercare di guarire. Anna (Greet Verstraete), un’insegnante, incuriosita da Holly e dalla sua strana premonizione, la invita a unirsi al gruppo di volontariato che gestisce. La presenza di Holly sembra portare tranquillità, calore e speranza a coloro che incontra ma ben presto le persone iniziano a cercare Holly e la sua energia catartica, chiedendo sempre di più alla giovane ragazza.

Holly - una scena del film
Holly – una scena del film

Una promessa non mantenuta

Nel presentare il film la regista Fien Troch lo ha definito uno slow burner che però nel finale si lascia andare al caos più assoluto, riuscendo ad unire tutti i fili narrativi fin lì dispiegati. Guardando Holly, invece, l’unica percezione che si ha avuta è quella di un film in cui la necessaria detonazione non arriva mai, una promessa continua che non viene mantenuta perché alla base c’è un grosso problema di costruzione dal basso di una storia. Eppure non tutto sarebbe stato da buttare, a partire da un’intuizione tematica  e diegetica che arriva per la verità un po’ troppo tardi: quella, cioè, di utilizzare il “dono” della protagonista come una maledizione mascherata da benedizione.

C’è infatti un momento, all’interno di Holly, in cui la visione di Fien Troch sembra effettivamente prendere forma in qualcosa di compiuto, di afferrabile dallo spettatore: si trova nel terzo atto, quasi a ridosso del finale, quando Holly va a trovare in ospedale un ragazzo che aveva cercato il suo aiuto solo un paio di scene prima. È in quell’istante che si rivela il film che avrebbe potuto e dovuto essere, una riflessione sul lato oscuro della percezione errata della solidarietà. Perché Holly è solo una ragazzina di quindici anni che ha avuto un’intuizione, non una strega o una veggente che può salvare tutti.

Holly - la regista Fien Troch
Holly – la regista Fien Troch

Il prezzo della solidarietà

Che il potere della protagonista sia reale o meno non importa granché, questa non è storia che si inoltra nel sovrannaturale come fossimo in un racconto di Stephen King, né ha interesse ad alimentare alcuna ambiguità. Alla regista belga interessa piuttosto ragionare sui meccanismi che regolano la solidarietà, specialmente dopo eventi tragici che raccolgono assieme intere comunità nel dolore e nell’assistenza reciproca. È in quei momenti, infatti, che lo spettro del doversi aggrappare fortemente a qualsiasi spiegazione, realistica o no che sia, miete vittime. La psicosi collettiva del microcosmo in cui Holly è ambientato è infatti tangibile, peccato che il film la tocchi solo di sfuggita raccontandola come un evento collaterale.

In tutto questo la confusione aumenta quando vengono introdotti personaggi e argomenti che poco o nulla hanno a che vedere col fulcro della vicenda, a partire dall’unico amico di Holly affetto da quella che è probabilmente una forma piuttosto grave di autismo. Un personaggio di per sé interessante, quello di Bart, oltre che portatore di un po’ di necessario fuoco ma che non è in sintonia col resto della pellicola, a meno che non si voglia considerare il suo essere considerato diverso dagli altri coetanei come accade per la protagonista. Troppo poco però per giustificarne l’esistenza o l’utilizzo, ma abbastanza per diagnosticare una palese necessità di pulizia e chiarezza nelle intenzioni della Troch.

Non basta perciò azzeccare un paio di inquadrature (come quella finale proprio di Bart) o gettare qualche seme dal buon potenziale, se poi non si ha altro che incertezza in testa. E in questo Holly, d’incertezza, ce n’è a iosa.

Holly. Regia di Fien Troch con Cathalina Geeraerts, Greet Verstraete e Felix Heremans, in uscita prossimamente nelle sale distribuito da Minerva Pictures.

VOTO:

Due stelle

1 commento

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