BlacKkKlansman, recensione: la surreale chiamata alle armi di Spike Lee

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Con BlacKkKlansman Spike Lee parte da una surreale storia realmente accaduta nel Colorado degli anni Settanta per parlarci in realtà dell’America di oggi.

Due possibili chiavi di lettura

Principalmente sono due le chiavi di lettura utili per leggere al meglio questo ultimo film di Spike Lee e coincidono con le sequenze atte ad aprirlo e a chiuderlo. L’incipit in particolare, un monologo dal coefficiente di razzismo tendente a infinito recitato da un Alec Baldwin, non può non riportare alla mente il Donald Trump da lui stesso interpretato – e per il quale l’attore ha vinto anche un Emmy – nelle ultime stagioni del Saturday Night Live.

Il razzismo di ieri e quello di oggi

Il messaggio è piuttosto chiaro: sebbene il film sia ambientato infatti nel Colorado dei primi anni Settanta, il razzismo di cui si parla è per lo più di stampo contemporaneo, come quello –  che pure l’autore di Fa la cosa giusta e Jungle Fever inserisce all’interno del film attraverso immagini d’archivio – dei violenti scontri avvenuti a Charlottsville durante una recente manifestazione anti-razzismo. Ma non c’è nulla di cui stupirsi; lo stesso Lee nel ’92 faceva iniziare il suo Malcolm X con le immagini del pestaggio di Rodney King da parte della polizia di Los Angeles.

L’America in pericolo

Ciò che però spinge a interpretare in maniera ancora più seria di quanto non si sia fatto fino ad allora un’opera che fa della commistione di generi, tutti tendenti al leggero, la propria raison d’être è quella bandiera a stelle e strisce capovolta che campeggia sullo schermo immediatamente prima che inizino a scorrere i titoli di coda. Chi ha visto Nella valle di Elah di Paul Haggis del resto sa che una bandiera americana al contrario equivale a un segnale di pericolo per l’intera nazione.

John David Washington/Adam Driver
John David Washington e Adam Driver in una scena del film

La ricerca di un nemico

Il pericolo in questione è un razzismo magari messo a tacere negli anni del politically correct ma mai del tutto sopito, come fuoco sotto la cenere pronto a bruciare ancora ovunque il populismo decida di sfruttare le paure di quella che un tempo veniva chiamata middle class indirizzandole verso il più debole dei nemici. Una intolleranza che, nel 2018, non si palesa più dando fuoco alle croci ma anche solo riportando in auge gli odiosi stereotipi fisici che erano al centro del bellissimo Get Out di Jordan Peele.

Per Spike Lee un ritorno all’ironia

Cito Peele non a caso, visto che proprio quest’ultimo figura come produttore di BlacKkKlansman ed era la prima scelta come regista del film. Ovvio che il passaggio della macchina da presa  nelle mani di un autore assai meno incline alle sfumature o ai sottotesti come Spike Lee potesse rendere il film molto più monolitico e diretto nel suo tendere al pamphlet. Ma la notizia è che, dopo anni di pistolotti urlati e ultra-arrabbiati, Lee qui riscopre quella vena di (auto)ironia che fu alla base, ad esempio, del successo di Fa la cosa giusta.

La trama

La storia è quella del giovane afroamericano Ron Stallworth (John David Washington, figlio dell’attore feticcio di Lee, Denzel) e del suo ingresso nel Dipartimento di polizia di Denver. Fra i suoi primi incarichi c’è quello di infiltrarsi a un incontro con il leader afroamericano Stokey Carmichael, dove conosce Patrice (Laura Harrier), organizzatrice dell’evento e convinta sostenitrice del movimento di autoaffermazione black. Per Ron, che fino a quel momento sembrava non aver prestato troppa attenzione alla propria appartenenza razziale, è un vero e proprio risveglio che porta a un’idea folle solo all’apparenza: infiltrarsi tra le fila del Ku Klux Klan locale.

Adam Driver/John David Washington
Adam Driver e John David Washington

Un afroamericano nel Ku Klux Klan

Tutta la prima parte di BlacKkKlansman si gioca sugli aspetti più ridanciani della condizione di un uomo di colore costretto a fingersi un aspirante membro del Ku Klux Klan. Non che non sia incazzato Spike Lee, anzi in realtà lo è moltissimo. Solo che qui riesce a veicolare la sua rabbia sui binari del genere in modo molto più efficace e incisivo rispetto ai suoi ultimi e assai meno riusciti Da Sweet Blood of Jesus e Chi-Raq.

In conclusione

Non sembri quindi un caso il suo guardare a certa blaxploitation – scelta ovvia fin dalla collocazione temporale della storia – o alla black comedy di area coeniana per raccontare una storia che vede amplificati i suoi aspetti più surreali proprio nell’essere tratta da fatti realmente accaduti. Il risultato è un apologo di grande potenza che, insieme al già citato Get Out e allo straordinario (e ingiustamente sottovalutato) Detroit di Kathryn Bigelow, va a formare un’ideale trilogia su cosa voglia dire fare cinema militante oggi in America.

BlacKkKlansman, diretto da Spike Lee e interpretato da John David Washington, Adam Driver, Laura Harrier e Topher Grace, sarà nelle sale da giovedì 27 settembre, distribuito da Universal Pictures.

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