11 film che ogni cinefilo dovrebbe vedere secondo Guillermo del Toro

Guillermo del Toro

Guillermo del Toro cinefilo: il regista de La forma dell’acqua, candidato a ben 13 Oscar, ha rivelato la sua personale classifica di film imperdibili, consigliando 11 titoli di capolavori che ogni vero appassionato di cinema dovrebbe conoscere

Non solo grande regista. Anche appassionato cinefilo. Guillermo del Toro, impegnato in questi giorni nella promozione del suo film La forma dell’acqua, attualmente candidato a ben 13 Oscar, ha rivelato in una puntata del Criterion Channel su FilmStruck la sua personalissima selezione di film imperdibili. Grandi classici tra i titoli amati da del Toro, tra cui pellicole dei fratelli Coen, di Jean Cocteau ed Alfred Hitchcock, meritevoli anche di aver influenzato direttamente il regista messicano, come mostra la presenza nella lista del riadattamento de La Bella e La Bestia di Cocteau, già indicato più volte come fonte di ispirazione per il capolavoro La forma dell’acqua. Qui in basso la lista completa dei film, corredati ciascuno di un breve commento di Guillermo del Toro, riportato e tradotto dall’intervista disponibile sulla pagina FilmStruck.

La Bella e la Bestia (Beauty and the Beast), di Jean Cocteau (1946)

«Uno dei film più magici di sempre, profondamente ispirato da una sublime, sofisticata Freudiana qualità che solo una fiaba può davvero possedere».

Sangue Facile (Blood Simple), di Joel ed Ethan Coen (1984)

«Blood Simple contiene la maggior parte, se non la totalità, delle preoccupazioni che i fratelli Coen articoleranno poi nella loro carriera…è un perfetto primo film».

Canoa: A Shameful Memory, di Felipe Cazals (1976)

Canoa rientra in quella generazione di film che hanno cambiato il cinema mesicano…la sceneggiatura è tra le più brillanti che siano mai state scritte…formalmente e tematicamente, ha cambiato del tutto lo scenario di quello che era possibile rappresentare: ha rotto con la censura, con la rigidità formale e con ciò che il cinema di Stato considerava sanzionabile».

Occhi senza volto (Eyes Without a Face), di Georges Franju (1960)

Il personaggio principale appare come una Audrey Hepburn rediviva. Mi ha influenzato molto attraverso il contrasto tra bellezza e brutalità».

Il Vampiro (Vampyr), di Carl Theodor Dreyer (1932)

«La stessa camera diventa un personaggio in questo film. Più di un testimone, essa è un partecipante attivo nella narrazione e questo meccanismo rende dunque il tutto profondamente cinematico».

L’uomo che sapeva troppo (The Man Who Knew Too Much), di Alfred Hitchcock (1934)

«C’è un fortuito caos in questa versione che trovo profondamente affascinante…puoi percepire che Hitchcock usa tutti gli strumenti appresi in Inghilterra per creare un grande e scombussolato trambusto»

La cagna (La chienne), di Jean Renoir (1931)

Renoir è, sopra ogni cosa, un umanista che non riesce a giudicare nessuno. C’è un senso di bontà onnicomprensivo nei confronti di tutta l’umanità in tutti i suoi film».

Viridiana, di Luis Buñuel (1961)

«Viridiana rappresenta il cinema di Buñuel in tanti modi; lo identifica come regista spagnolo e gli permette di riconquistare un prestigio europeo, per poi arrivare a girare film in tutto il mondo. Arriva in un momento del suo percorso, credo, in cui ne aveva bisogno più di ogni altra cosa».

Kwaidan, di Masaki Kobayashi (1964)

Kwaidan è una fiaba allo stesso tempo incredibilmente spaventosa e piena di bellezza e parla di amore e morte con uguale passione».

I banditi del tempo (Time Bandits), di Terry Gilliam (1981)

Con Gilliam, percepisci che Time Bandits è una storia che dev’essere stata tra di noi per secoli….c’è un ironia incredibile, e allo stesso tempo un incredibile crudeltà accompagnata ad un insaziabile desiderio di divertimento e creatività che racchiude, per quanto mi riguarda, ciò che dovrebbe essere un film per bambini».

Lo spirito dell’alveare (The Spirit of the Beehive), di Víctor Erice (1973)

«The Spirit of the Beehive è un film che ha trasformato la mia vita. Qualunque cosa io faccia, due ombre si frappongono alla mia: una è quella del Frankenstein di James Whale, l’altra è questo film di Erice, e per me sono entrambi una cosa sola».

 

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