The Offering, recensione: il Male si annida in famiglia ma fa un po’ meno paura

The Offering - Nick Blood (foto Vertice 360)
The Offering - Nick Blood (foto Vertice 360)

La recensione di The Offering, horror soprannaturale di Oliver Park al suo esordio cinematografico: il folklore ebraico, un po’ di family drama e una storia di possessioni si fondono in un film di buona atmosfera ma scarsa paura

Il Male non muore mai, soprattutto al cinema, ed è per questo che i demoni sono sempre pronti ad invadere il nostro mondo per provare a terrorizzarci. Succede anche in The Offering, opera prima del regista inglese Oliver Park qui al suo debutto cinematografico dopo un buon numero di corti molto apprezzati (Vicious e Still, in particolare). La buona mano del regista si vede in come riesce a creare un’atmosfera piuttosto opprimente e nell’uso congeniale degli spazi angusti di una casa; peccato che decida di esagerare con i jumpscare depotenziando non poco l’effetto paura.

Cose di famiglia

Arthur (Nick Blood) torna a New York dall’Inghilterra assieme a sua moglie Claire (Emily Wiseman) a casa del padre Saul (Allan Corduner), il quale gestisce un’agenzia di pompe funebri nel quartiere ebraico. Quello che Arthur tiene nascosto al padre è un piano per costringerlo a firmare l’atto di vendita dell’intera proprietà e dell’attività di famiglia, per poter ripianare una serie di debiti di cui neanche Claire è a conoscenza. L’unico a dubitare dei motivi del suo ritorno è un amico di famiglia di nome Heimish (Paul Kaye), il quale cerca di convincere Saul dei suoi sospetti, ma la precarietà dell’equilibrio familiare è destinata ad essere definitivamente spezzata dall’arrivo di un antico demone femminile di nome Abyzou; esso è infatti un rapitore di bambini e ha preso di mira proprio Claire, la quale è incinta ed è a poche settimane dal partorire il loro primo figlio.

The Offering - Allan Corduner, Paul Kaye e Nick Blood (foto Vertice 360)
The Offering – Allan Corduner, Paul Kaye e Nick Blood (foto Vertice 360)

Un horror di mestiere

Nel panorama più o meno vasto di horror che fanno della visceralità visiva il loro marchio di fabbrica, The Offering ha il merito di mostrare molto poco e di non voler sconvolgere a tutti i costi. È infatti un film di genere purissimo, un’opera che segue in maniera pedissequa tutti i dettami del cinema di possessione demoniaca senza particolari guizzi di originalità ma con un certo mestiere. E allora abbiamo una serie lunga (fin troppo) di jumpscare, effetti sonori a profusione, apparizioni improvvise, oggetti che si spostano e bambine inquietanti che vagano per la casa angusta e già da sé da brividi. Se il film ha un’intuizione, sulla quale non sembra però voler lavorare più di tanto ed è un peccato, sta nel totale rovesciamento del paradigma che utilizza gli esorcismi come mezzo per scacciare i demoni da un corpo, mentre qui accade esattamente l’opposto. Prendendo come modelli di riferimento un po’ tutte le opere classiche di questo sottogenere da L’Esorcista a  The Omen fino a Rosemary’s Baby, The Offering si scatena letteralmente nel terzo atto fino ad un finale piuttosto prevedibile per i cultori del genere.

The Offering - Emily Wiseman (foto Vertice 360)
The Offering – Emily Wiseman (foto Vertice 360)

Un tuffo nella mitologia

Rimane comunque piuttosto interessante il lavoro filologico sulla mitologia ebraica che The Offering propone allo spettatore, non tanto a livello informativo quanto piuttosto a livello simbolico e tematico. Abyzou è infatti un demone estremamente corporeo, un demone che si lega alla carne più che alle anime e che ha bisogno di ciò che è più puro ed innocente per nutrirsi e restare in vita: i neonati. Questa sua simbologia non viene sfortunatamente del tutto sfruttata dalla pellicola, forse inconsciamente, ma rivela come alcune coordinate del cinema horror americano si stiano sempre più spostando verso un discorso di natura più carnale e meno spirituale, come se fossero la carne, i corpi e quindi l’identità fisica di una persona il luogo perfetto perché il male possa rigenerarsi. In un certo senso è l’uomo al centro di questi nuovi horror, più di quanto lo sia mai stato, ed è l’uomo la chiave salvifica o venefica della sua stessa condizione; in The Offering sono le bugie, i legami familiari recisi, l’avidità e l’egoismo i primi elementi che fanno entrare l’oscurità dalla porta mentre i ciondoli che si spezzano liberando forze demoniache antichissime sono solo parte dello spettacolo.

The Offering - Emily Wiseman e Meglena Karalambova (foto Vertice 360)
The Offering – Emily Wiseman e Meglena Karalambova (foto Vertice 360)

Sulla strada giusta

Pur non brillando particolarmente per capacità di terrorizzare e di inquietare The Offering si rivela un film con un paio di buone idee, una discreta costruzione dei personaggi e dei loro conflitti e un’atmosfera angosciante che l’utilizzo quasi totale degli interni di una casa obitorio può contribuire a regalare. Nonostante il poco screen time dedicatogli Allan Corduner spicca di gran lunga su tutti i protagonisti, mettendo in scena tante diverse sfumature di un personaggio come quello di Saul che forse avrebbe meritato un trattamento meno brusco, mentre la durata che mantiene appena entro i 90 minuti ed un’improvvisa accelerazione di ritmo subito dopo il midpoint contribuiscono a tenere sufficientemente alta la soglia dell’attenzione. Oliver Park rimane comunque un autore da tenere d’occhio per il futuro, se non altro per la capacità di lavorare sulle dinamiche tra i personaggi in maniera coerente e funzionale alla storia e alla costruzione della tensione narrativa. Poi, certo, se decidesse di abbandonare la facile via dei jumpscare a buon mercato e di iniziare ad inquietarci più profondamente, potrebbe persino riuscire a tirare fuori qualche bel gioiellino. Aspettiamo fiduciosi.

The Offering. Regia di Oliver Park con Nick Blood, Emily Wiseman, Allan Corduner e Paul Kaye, in uscita nelle sale giovedì 23 febbraio distribuito da Vertice 360.

VOTO:

Tre stelle

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