Venezia 80, The Green Border, recensione: un racconto brutale della tragedia dei migranti

The Green Border - una scena del film
The Green Border - una scena del film

Da Venezia la recensione di The Green Border della regista polacca Agnieszka Holland, un ibrido tra docufiction e racconto di finzione che racconta la tragedia dei flussi migratori al confine tra Bielorussia e Polonia. in concorso

Torna in concorso a Venezia la regista polacca candidata due volte all’Oscar Agnieszka Holland con The Green Border, un film che si avventura su un terreno minato e quindi rischiosissimo, quello dell’attualità, raccontando il dramma dei flussi migratori tra il confine bielorusso e quello polacco e la risposta spietata di entrambi i governi verso un problema umano, prima ancora che sociale, economico o politico.

Pedine di un gioco più grande

Nelle foreste infide e paludose che costituiscono il cosiddetto “confine verde” tra Bielorussia e Polonia, i rifugiati provenienti dal Medio Oriente e dall’Africa che cercano di raggiungere l’Unione Europea sono intrappolati in una crisi geopolitica cinicamente architettata dal dittatore bielorusso Alexander Lukashenko. Nel tentativo di provocare l’Europa, i rifugiati sono attirati al confine dalla propaganda che promette un facile passaggio verso l’UE, pedine di questa guerra nascosta. In questo scenario delicato le vite di Julia (Maja Ostaszewska), un’attivista di recente formazione che ha rinunciato alla sua vita agiata, Jan (Tomasz Włosok), una giovane guardia di frontiera e di una famiglia siriana si intrecciano.

The Green Border - una scena del film
The Green Border – una scena del film

Il dramma in diretta

Assomiglia per certi versi ad un documentario vero e proprio The Green Border, perché la macchina da presa è costantemente incollata ai volti, ai corpi e ai protagonisti di una tragedia che va avanti ormai da anni, dappertutto in Europa. È un atto politico oltre che cinematografico (ma in fondo è il cinema stesso ad essere un atto politico) quello di Agnieszka Holland perché inquadra l’orrore dell’indifferenza e del dileggio dei soldati di frontiera verso degli esseri umani spaventati e speranzosi, ma nel farlo utilizza l’inquadratura come uno specchio che costringe lo spettatore a riflettersi e a domandarsi come si sarebbe comportato esso stesso in quell’occasione.

La regista polacca sfrutta continuamente la caratteristica da multi-strand del racconto, attraverso i molteplici occhi con i quali assistiamo alle tante, complesse sfumature dell’accoglienza e del soccorso; nel farlo diamo un nome e un volto a Bashir, a Leila e ad Amina, cioè a quelle che semplicemente fino a quel momento erano considerate persone straniere e apolidi perché incastrate tra una patria che non vogliono più e una che invece non li vuole affatto. La Holland realizza una pellicola dinamica e dal ritmo concitato, impreziosita da una fotografia che sfrutta il bianco e nero per aumentare il senso di ostilità, di alienazione e di inappartenenza e trasmetterli al cuore dello spettatore.

The Green Border - una scena del film
The Green Border – una scena del film

Precisione e sintesi

È davvero impressionante notare come lo sguardo di The Green Border denoti una chiarezza di intenti e una precisione di messa in scena così impeccabili, soprattutto quando si tratta di addentrarsi in quel bosco solo all’apparenza salvifico, al di là di quel filo spinato che può significare la differenza tra vita e morte. Agnieszka Holland ci regala così una vera e propria esperienza viscerale e intensissima, facendoci avvertire il dubbio, la paura, accarezzare quella speranza fugace, provare i morsi della fame o della sete, sentire il tanfo fetido della morte che avviene davanti ai nostri occhi. Non servono perciò dialoghi esplicativi, invettive o parole per veicolare il senso dell’abbandono e del rifiuto o, al contrario, quell’accoglienza.

Perché The Green Border lavora sugli opposti e li porta in scena entrambi, facendo scontrare attivisti e militari e quindi per sineddoche il popolo basso e le élite, il sentire pubblico e quello privato. In tutto questo tende però anche un po’ troppo a dilungarsi superato il midpoint, come se non riuscisse a sintetizzare nella maniera più efficace la grande quantità di spunti, sobillazioni e possibilità di una materia narrativa e tematica così vasta. E però rimane un’opera potente, commovente in certi tratti e spaventosa in altri, un’opera che con qualche taglio in più e un po’ di autocompiacimento in meno avrebbe avuto esiti ancora più devastanti.

The Green Border. Regia di Agnieszka Holland con Maja Ostaszewska, Tomasz Włosok, in uscita nelle sale questo autunno distribuito da Movies Inspired.

VOTO:

Tre stelle e mezzo

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