La nostra recensione di The Girl in the Fountain, docufilm di Antongiulio Panizzi sulla vita e la carriera di Anita Ekberg, che mette allo specchio Monica Bellucci e la diva felliniana, presentato al Torino Film Festival
Intraprendenza e sensualità. Intelligenza ed iconica bellezza. Determinazione e sensibilità. La figura di Anita Ekberg, la splendida Sylvia de La dolce vita, è un mosaico di apparenti contrasti che vengono a galla grazie a The Girl in the Fountain, docufilm di Antongiulio Panizzi presentato in anteprima al Torino Film Festival. Il racconto della vita privata e professionale della diva felliniana si intreccia con le vicende di Monica Bellucci, intenta a calarsi nei panni della Ekberg per un biopic a lei dedicato.
Dive allo specchio
La narrazione alternata della parabola della Ekberg e della preparazione della Bellucci permette alle due dive di specchiarsi. Monica studia Anita, scava nel suo intimo per scorgere le sfumature che trascendono l’icona. Contemporaneamente il film riflette sul fenomeno di divismo e sulla sua evoluzione e rarefazione negli anni. La stessa Bellucci, diva contemporanea, si mostra nel film quasi vulnerabile, preoccupata di non essere all’altezza del ruolo, colta nella sua quotidianità di attrice costellata di ostacoli e difficoltà. Ne viene fuori, pur nell’artificiosità della messa in scena, l’immagine di un’interprete consapevole delle proprie doti, ma profondamente umana e spogliata di quella patina luccicante, tipica del cinema, che trasforma gli individui in personaggi, automi divini.
Essere Anita Ekberg
Il docufilm riesce a riscattare la figura di Anita Ekberg quando rende manifesta, anche attraverso vecchie interviste della stessa diva, la sofferenza e il dolore che hanno accompagnato la sua vita. In effetti Fellini, scegliendola per l’iconica scena della Fontana di Trevi ne La dolce vita, la ingabbia involontariamente e la condanna all’immagine di sex symbol. Anita resta incastrata in questa interpretazione; dalle sue parole si evince una voglia di riscatto, di mettersi in gioco in ruoli diverse che non verrà mai soddisfatta. La fotografia del suo declino nel docufilm è l’occasione che la Ekberg aspettava da una vita: dimostrare al pubblico italiano che aveva tanto da raccontare, tanto da offrire. Se gliene fosse stata data l’occasione.
Una femminilità libera
Anita Ekberg ha pagato lo scotto di essere una donna intraprendente e totalmente libera in un periodo storico ancora troppo conservatore. Basti pensare alla sua libertà in campo sentimentale, alla sua vocazione mondana o al peculiare rapporto conflittuale con la stampa più invasiva ed irrispettosa. Il paragone con la figura di Monica Bellucci, altra donna determinata e sensibile, permette al docufilm di riflettere sul ruolo della figura femminile nella società e soprattutto nella realtà del cinema, oggi come sessant’anni fa. Entrambe le dive rivendicano la propria bellezza, che considerano un fattore concomitante alla loro intelligenza e al loro talento e non una caratteristica che le definisce in toto.
The Girl in the Fountain è l’occasione per conoscere lati di un’icona come Anita Ekberg mai raccontato con tanta lucidità ed entrare nella quotidianità del lavoro di un’attrice come Monica Bellucci, incarnazione perfetta della diva contemporanea.
The Girl in the Fountain. Regia di Antongiulio Panizzi. Con Monica Bellucci, Roberto De Francesco, Stefania De Santis, Eric Alexander. Uscita al cinema solo 1 e 2 dicembre 2021, distribuzione Eagle Pictures.
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