Olga, recensione: un drama sportivo per raccontare una rivoluzione personale e sociale

Olga - Anastasia Budiashkina (foto Wanted Cinema)
Olga - Anastasia Budiashkina (foto Wanted Cinema)

La recensione di Olga, film d’esordio del giovane regista Elie Grappe: una parabola di sport, sacrificio e integrazione che racconta di un riscatto personale che però si fa man mano collettivo

Con la guerra che ancora infuria in Ucraina è quantomeno tempestiva l’uscita di Olga, debutto alla regia del giovane Elie Grappe premiato al Festival di Cannes 2022 nella sezione La semaine de la Critique per la miglior sceneggiatura. Ambientato tra la Svizzera e l’Ucraina del 2013, sullo sfondo della protesta dell’Euromaidan, Olga è un dramma sportivo a tinte quasi thriller con la ginnasta Anastasia Budashkina nei panni della protagonista, in un film costruito a metà tra fiction e racconto documentaristico.

La rivoluzione in atto

Olga (Anastasia Budashkina) è una talentuosa ginnasta ucraina rifugiatasi in Svizzera, che sogna l’oro olimpico l’oro olimpico e che cerca di integrarsi nella sua nuova squadra e nella sua nuova casa. Mentre si prepara per i Campionati europei, il popolo ucraino a Kiev si solleva in quella che è diventata nota come la Rivoluzione di Maidan, coinvolgendo improvvisamente tutte le persone a lei care. Olga si ritrova spettatrice impotente e distante mentre sua madre Ilona (Tanya Mikhina), giornalista d’inchiesta, affronta il pericolo sfidando il brutale regime di Yanukovich.

Olga - Anastasia Budiashkina (foto Wanted Cinema)
Olga – Anastasia Budiashkina (foto Wanted Cinema)

Lottare per la libertà

Olga non è un film sulla crescita, sull’adattarsi ad un nuovo paese e ad una nuova cultura venendo così strappati dalle proprie radici e non è tantomeno un film sportivo tout court. O meglio, è anche una delle cose di cui sopra, ma soprattutto è un film politico che vuole agire come atto politico. Il giovane e bravo Elie Grappe lo costruisce sin dall’inizio come una pellicola che grida libertà ad ogni inquadratura, ne intensifica gli intenti attraverso un montaggio serrato e l’utilizzo sempre più sostenuto di veri filmati d’archivio e lo sublima nel terzo atto, quando sport e politica diventano una cosa sola. Perché checché ne dica un allenatore russo nel film e molte persone nella realtà, lo sport è politica, è protesta, è far sentire la propria voce. Olga lotta per la libertà di un’intera nazione attraverso la ricerca di una propria libertà ,non fisica quanto umana e identitaria, e nel farlo deve accettare il dolore della lontananza e dell’impotenza nei confronti del proprio paese martoriato dalla repressione e delle vite di coloro che ama.

Olga - Anastasia Budiashkina (foto Wanted Cinema)
Olga – Anastasia Budiashkina (foto Wanted Cinema)

Un tour de force

Olga però è un film che non rinuncia ad essere tale, nonostante qualche inciampo nella narrazione qua e là, e che si presenta con una notevole sequenza di inseguimento all’interno di un’automobile che potrebbe far presagire cose interessanti per il futuro. Quello di Grappe è un film dallo scatto veloce, dalla durata esigua e che cerca di infilare dentro quante più cose possibili, addirittura troppe: c’è la parabola sportiva fatta di sacrificio e di mani sanguinanti riprese in dettaglio, c’è il sacrificio sempre bagnato dal sangue del popolo ucraino che vuole staccarsi dai tentacoli soffocanti della Madre Russia, c’è un accenno di coming of age nel modo in cui Olga stessa dovrà imparare a connettersi con un mondo a lei estraneo e con una famiglia (quella del padre) che non conosce davvero. In mezzo Olga lavora di continuo rimbalzo tra realtà e finzione, tra documentario e narrazione, elevando allo stesso modo chi ce l’ha fatta e chi invece è soccombuto provandoci. Alla fine quello che si leva è un grido di dolore sommesso ma comunque udibile, straziante nel suo essere tristemente profetico rispetto a ciò che sarebbe venuto e incastonato per sempre negli occhi della sua protagonista divisa a metà.

Olga - una scena del film (foto Wanted Cinema) 1
Olga – una scena del film (foto Wanted Cinema) 1

La scrittura imperfetta

Dove però Olga non riesce del tutto a convincere sta proprio nella sceneggiatura, paradossalmente premiata proprio a Cannes. Non c’è nulla di sbagliato o di particolarmente carente nel suo impianto narrativo, ma l’impressione è che Grappe abbia voluto raccontare troppe cose tutte insieme, perdendo di tanto in tanto il focus principale. Non aiutata forse dal montaggio sin troppo serrato e scolastico la sceneggiatura mette insieme tante suggestioni più o meno riuscite e si apre a tante possibili strade, ma non approfondisce mai la psicologia di Olga o tenta mai di articolare un vero e proprio arco di trasformazione, accontentandosi di rappresentarla attraverso gli eventi esterni e la sua reazione ad essi. Lungi dall’essere un film che non sa cosa voglia raccontare, Olga rimane però un po’ troppo spaesato soprattutto durante il secondo atto, perché non ha la capacità di amalgamare tutte le sue singole componenti in un film dalla forza e dall’impatto devastanti. Forza e impatto che ci sono, che s’intravedono, ma che non esplodono mai realmente per via di una protagonista non così carismatica e magnetica come sarebbe dovuta essere. E alla fine è la realtà stessa a superare la drammaturgia della finzione, anche se forse sarebbe stato meglio il contrario.

Olga. Regia di Elie Grappe con Anastasia Budashkina, Tanya Mikhina, Sabrina Rubtsova e Aleksandr Mavrits, ora nelle sale distribuito da Wanted Cinema.

VOTO:

Tre stelle

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