Il mio posto è qui, recensione: la Calabria e la speranza dell’emancipazione nel film premiato al Bif&st

Il mio posto è qui - Marco Leonardi e Ludovica Martino
Il mio posto è qui - Marco Leonardi e Ludovica Martino

La nostra recensione de Il mio posto è qui, premiato al BIF&ST 2024 per la miglior regia a Cristiano Bortone e Daniela Porto e la miglior attrice a Ludovica Martino, affiancata da Marco Leonardi: intenso e alquanto ardito, in grado di parlare di emancipazione senza retorica

Il mio posto è qui procede nel solco già avviato da C’è ancora domani all’insegna di un cinema di emancipazione, sociale e di genere, che qui si sposta dalla Roma alla Calabria della seconda metà degli anni ’40. Tratto dal romanzo omonimo di Daniela Porto, qui anche co-regista assieme a Cristiano Bortone, il film arriva in sala dopo il trionfo all’ultimissimo Bif&st dove si è aggiudicato sia il premio alla miglior regia che quello alla miglior protagonista, andato alla brava Ludovica Martino affiancata dall’altrettanto bravo Marco Leonardi. Un’opera prima di buona intensità e piuttosto coraggiosa, che evita lo scivolone della retorica tenendosi incollata al realismo del mondo che racconta.

Il mio posto è qui - Marco Leonardi e Ludovica Martino
Il mio posto è qui – Marco Leonardi e Ludovica Martino

Una scomoda amicizia

All’indomani della fine della Seconda Guerra mondiale, in un piccolo paese calabrese, l’incontro tra Marta (Ludovica Martino), ragazza madre promessa in sposa ad un uomo che non ama, e Lorenzo (Marco Leonardi), l’omosessuale locale conosciuto come “l’organizzatore dei matrimoni”, fa nascere una profonda amicizia che porta la giovane ragazza a sfidare i pregiudizi della comunità che li circonda e a lottare per trovare il proprio posto nel mondo come donna.

Il mio posto è qui - Marco Leonardi
Il mio posto è qui – Marco Leonardi

Il prezzo dell’emancipazione

Cosa vuol dire, davvero, essere liberi? È una domanda dalle molteplici possibili risposte, eppure per qualche ragione il cinema ha da sempre sfruttato la dicotomia della fuga come possibile chiave di lettura del concetto di libertà. Scappare verso una nuova vita, forse migliore o forse no, o restare nel luogo in cui siamo stati cresciuti ad affrontare una vita che già pensiamo di conoscere a fondo con il rischio, però, di non crescere mai davvero. E in fondo è il bivio davanti a cui si trovano Marta e Lorenzo, entrambi reietti di un paesino calabro che si risveglia dall’incubo della seconda guerra mondiale.

Perché nel film sia Marta che Lorenzo hanno peccato, e pure gravemente, davanti agli occhi di quella piccola comunità ed è interessante notare come il loro peccato sia frutto di una scelta che ha a che vedere anche con il sesso, quindi con il corpo, quindi con l’atto di un’emancipazione fisica prima ancora che ideologica. Lei è infatti rimasta incinta giovanissima e senza marito, alle prese con un figlio indesiderato (dagli altri) mentre lui è omosessuale, peraltro apertamente, e per questo è diventato la “perpetua” del paese sotto la protezione del parroco locale. Questa comunanza di condizione è lo spunto tematico perfetto per raccontare una graduale presa di coscienza da parte di Marta, ma anche il cambiamento epocale che sta avvenendo nel paese.

La voglia di emancipazione di Marta rappresenta infatti uno strappo ai dettami sociali, culturali e tradizionali di un microcosmo involuto in cui il patriarca detta le condizioni di vita di tutti, così come forse nello stesso anno la Delia di Paola Cortellesi si rendeva protagonista di un altro strappo nelle borgate romane. Anche qui il primo passo verso una rinascita come donna libera passa attraverso l’indipendenza economica e il lavoro (Delia era una tuttofare, Marta una dattilografa), ma soprattutto per Marta attraverso il rifiuto di un amore obbligato e di un matrimonio riparatore, cosa che invece al personaggio di Delia non riuscita. Forse è proprio questo rigurgito di contemporaneità a rappresentare l’elemento più interessante del film.

Il mio posto è qui - Ludovica Martino
Il mio posto è qui – Ludovica Martino

Un bel duetto di attori

Ciò che però rende Il mio posto è qui in grado di smarcarsi da altre produzioni per ritagliarsi un posto tutto suo è proprio il racconto del rapporto che si instaura tra Marta e Lorenzo, e il ritratto che esce fuori di quest’ultimo è talmente dolente e tenero allo stesso tempo da fargli meritare una menzione speciale. Merito sì dell’ottima chimica tra i bravi Ludovica Martino e Marco Leonardi, ma anche di un’attenzione particolare in fase di scrittura che dà peso specifico a Lorenzo, ne approfondisce la backstory e la psicologia regalando una tridimensionalità inaspettata.

Muovendosi tra romanzo di formazione e cammino di liberazione, il film intercetta lo spirito di un’epoca traslandolo nel presente, anche a costo di qualche lungaggine di troppo e di personaggi di contorno molto più abbozzati rispetto ai protagonisti, fino ad un finale che riesce ad essere amarissimo e consolatorio assieme un po’ come il prezzo di certe decisioni. Forse non avrà la stessa fortuna del suo illustre predecessore, ma quest’opera così schietta, sincera e a suo modo anche coraggiosa meriterebbe una visione scevra da pregiudizi. Perché, in fondo, dietro Marta e Lorenzo c’è solo la voglia universale di essere compresi, sostenuti, amati per ciò che sono.

TITOLO Il mio posto è qui
REGIA Cristiano Bortone, Daniela Porto
ATTORI Ludovica Martino, Marco Leonardi, Anna Maria De Luca, Bianca Maria D’Amato, Giorgia Arena, Francesco Aricò, Adele Bilotta
USCITA 9 maggio 2024
DISTRIBUZIONE Adler Entertainment 

 

VOTO:

Tre stelle


Il mio posto è qui interviste e libro

Guarda la nostra video intervista a Ludovica Martino e Marco Leonardi

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