Flee, recensione del palpitante e incantevole documentario animato candidato a tre Oscar

Flee - Amin
Flee - Amin

La nostra recensione di Flee di Jonas Poher Rasmussen, un palpitante documentario animato che racconta con crudezza e tenerezza la storia di Amin, rifugiato afghano in Europa, candidato a tre Oscar

Ha il tratto leggero di un dinamico disegno dalla potenza espressiva travolgente il documentario d’animazione Flee di Jonas Poher Rasmussen. Un pezzo di cinema palpitante che conquista per l’icastica capacità di miscelare crudezza e tenerezza in un equilibrio commovente. L’odissea di un profugo costretto ad abbandonare la sua patria e il delicato percorso della scoperta di sé si intrecciano in una narrazione dal tatto emozionante. Candidato a ben tre premi Oscar (Miglior Documentario, Film Animato e Film Internazionale), la pellicola, di produzione internazionale, vede tra i suoi produttori Riz Ahmed e Nikolaj Coster-Waldau, che prestano anche la voce ai personaggi principali nella versione inglese. 

Flee - Amin e Jonas Poher Rasmussen
Flee – Amin e Jonas Poher Rasmussen

La vera storia di Amin 

Amin ha trentasei anni ed è un accademico affermato che vive a Copenaghen e sta per sposare l’uomo della sua vita, Kaspar. La Danimarca, però, non è la sua patria. Amin, infatti, è arrivato in Europa dopo essere scappato dall’Afghanistan in giovanissima età. Nessuno conosce la sua vera storia, neppure il futuro marito. Dopo anni di silenzio, il giovane decide di rimettere insieme i pezzi del suo passato e raccontare le sue origini al suo migliore amico e regista Jonas. Il risultato è un toccante documentario in animazione che alterna i profondi confronti tra Amin e il regista, alla ricostruzione dell’infanzia felice a Kabul e della traumatica giovinezza del protagonista. Non mancano degli inserti di repertorio in live action, utili a raccontare i principali eventi storici (dall’invasione sovietica dell’Afghanistan agli orrori vissuti dai rifugiati in Europa) che hanno segnato la crescita di Amin.

Flee - Amin
Flee – Amin

Un passato doloroso e un presente in costruzione 

Flee mostra la necessaria ma dolorosa resa dei conti di un uomo con il suo passato, fatto di soprusi indicibili. Di un bambino strappato dalla sua città natale a causa di una guerra che non comprende. Di un adolescente educato alla paura e al sospetto, costretto a subire le violenze della polizia russa e gli orrori del traffico dei rifugiati. Di un giovane spaesato, traumatizzato, che deve imparare a fidarsi delle persone. Un passato che si intreccia inevitabilmente con un presente in cui, da adulto, Amin deve fare i conti con la dialettica tra aspirazioni professionali (sempre messe in primo piano, perchè vissute come una responsabilità nei confronti della famiglia) e una storia d’amore che tende alla stabilità. 

Flee - Amin e Kasper
Flee – Amin e Kasper

Famiglia e sessualità 

Ciò che Amin è diventato in quanto essere umano nel momento in cui inizia la sua conversazione con Jonas è fondato su un segreto. Per essere accolto e supportato quando è arrivato a Copenaghen il ragazzo, infatti, ha dovuto far credere alle autorità che fosse l’unico sopravvissuto della sua famiglia, in realtà sparsa per l’Europa. Il rapporto con i suoi familiari è fondamentale per la crescita di Amin: dalla complicità con il fratello di poco più grande, all’amore per la madre e le sorelle, dalla ferita ancora aperta della scomparsa del padre al ruolo fondamentale che il fratello maggiore gioca nella fuga da Kabul prima e da Mosca poi. Tutto questo si accompagna nei pensieri di Amin con la scoperta del suo orientamento sessuale, in un Afghanistan in cui gli omosessuali semplicemente “non esistevano”, al punto che non c’era una parola per definirli. E se a causa della sessualità il protagonista perdesse (di nuovo) la sua famiglia?

Flee -Amin e sua madre
Flee -Amin e sua madre

I colori del futuro

Flee è la ricostruzione di una lunga seduta di analisi durante la quale Amin si spoglia delle sue paure e per la prima volta, attraverso il confronto con Jonas, si mostra per chi è veramente. Le sue parole prendono la forma di un’animazione spigolosa, ma decisamente fluida, che si apre ad una vasta palette cromatica. Se l’infanzia a Kabul risplende di colori caldi e intensi, le scene ambientate a Mosca e, soprattutto, durante i viaggi dai profughi si fanno più freddi, asettici nel primo caso, tormentati nel secondo. Sono riservate, invece, ad una cinerea scala dei grigi le scene più traumatiche, dove il disegno pare disfarsi, gli oggetti perdono i loro connotati e i fantasmi del passato si manifestano su schermo. L’animazione, in grado di raggiungere vette poetiche emozionanti, dialoga con una colonna sonora altrettanto trascinante in un tripudio di grazia e tenerezza.

Doloroso e rassicurante, politico nella sua schietta sincerità, limpido e straordinariamente toccante, Flee ribolle di umanità, desiderio di libertà e vibrante autenticità.

Flee. Regia di Jonas Poher Rasmussen. Al cinema dal 10 marzo, distribuito da I Wonder Pictures.

VOTO:

4 stelle

 

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