Conferenza stampa di J’Accuse di Roman Polanski, presenti il cast e i produttori

    Conferenza stampa J'Accuse

    Ecco la conferenza stampa del film J’Accuse (L’ufficiale e la spia) di Roman Polanski con un cast stellare e in concorso alla 76ª Mostra del Cinema di Venezia. Alla conferenza erano presenti i produttori Alain Goldman, Luca Barbareschi e Paolo del Brocco, gli attori Louis Garrell, Jean Dujardin ed Emmanuelle Seigner, e anche il compositore Alexandre Desplat.

    Ecco la conferenza stampa di J’Accuse (L’ufficiale e la spia), presentato in concorso alla 76ª Mostra del Cinema di Venezia. Il film tratta il caso Dreyfus ed è diretto da Roman Polanski; i produttori, gli attori e il compositore hanno raccontato la lavorazione del film, lo studio e la ricerca che c’è dietro questo prodotto così complesso che racconta con estrema chiarezza un noto momento storico della Francia.

    Domanda: prima di iniziare con le vostre domande, vorrei che Alain Goldman ci raccontasse qualcosa sull’origine di questo progetto, che sta andando avanti da un po’ di anni.

    Alain Goldman: questo progetto è nato nei primi giorni del 2018, ricordo che ho incontrato Roman Polanski, sapevo che stava lavorando a qualcosa, insomma al caso Dreyfus, ci siamo scambiati delle idee e gli ho chiesto a che punto fosse per quanto riguardava questo suo progetto. Poi gli ho chiesto, se avesse voglia, di farmi leggere la sceneggiatura e ricordo di averla trovata strepitosa, era una visione completa e magnifica di questo caso così tragico… gli ho chiesto se era interessato a fare questo film in francese, perché sapevo che all’inizio lui puntava all’inglese, per il mercato internazionale, ma Roman ha accettato e diciamo che così abbiamo iniziato questa fantastica avventura insieme.

    Domanda: volevo chiedere agli attori come hanno lavorato sui personaggi, cioè se conoscevano tutto della storia o se hanno fatto delle ricerche.

    Jean Dujardin: io avevo ricordi, diciamo, scolastici di questo personaggio… però ero un po’ dubbioso, non avevo le idee chiare. Quindi ci si prepara… si legge la sceneggiatura, si ascolta il regista, Roman Polanski, si rilegge la sceneggiatura, ci si interessa, si ascolta, si studia, io spesso rileggo più volte la sceneggiatura perché ho sempre l’impressione di perdere alcune cose, alcuni pezzi, nel mio caso ho studiato molto, ho cercato di entrare… proprio nel mio personaggio, ho affrontato questo ruolo con tempo, con attenzione e anche con molto pudore, dicendomi anche che la vera star del film era la storia, oltretutto Roman quando gira rispetta molto la sceneggiatura, lui è sempre per il rispetto di quello che si fa e di quello che si racconta.

    Conferenza stampa J'Accuse - Alain Goldman e Luca Barbareschi
    Alain Goldmain e Luca Barbareschi

    Emmanuelle Seigner: ma io, di fatto, conoscevo poco il caso Dreyfus, so che era un qualcosa che aveva diviso la Francia, ma non conoscevo i dettagli, non conoscevo il personaggio del colonnello Picquart per esempio. E quando ho letto la sceneggiatura ne sono rimasta molto affascinata, soprattuto dal modo in cui si era deciso di trattare… nel senso… l’approccio, facendone una sorta di thriller politico, e non presentandolo solo come un fatto storico, è per quello che mi è piaciuta molto. Io non ho fatto nessuna ricerca perché sono molto pigra, ho… cercato solo di essere il più precisa e onesta possibile, di dire ciò che dovevo dire, insomma, e nient’altro.

    Louis Garrell: io conoscevo questa storia che, probabilmente, è una delle vicende più importanti dell’ultimo secondo nella Storia della Francia, però anche io non sapevo i dettagli, sapevo che esisteva un uomo di nome Alfred Dreyfus che era stato accusato di alto tradimento e che ha vissuto dieci anni terribili, ma non conoscevo esattamente tutta la storia. Ho letto la sceneggiatura e anche io, mi sono reso conto, come Emmanuelle, per esempio, che non conoscevo Picquart… ho pensato che fare un thriller, perché di fatto il film è un thriller, per raccontare l’intera storia, che è del tutto vera, cioè tutto ciò che succede è realmente accaduto, sarebbe stato interessante e poi mi ha emozionato. Ho pensato che finalmente a 36 anni ho appreso appieno tutta la vicenda di Dreyfus, un nome che tutti conoscono in Francia, forse come me, senza sapere il resto.

    Luca Barbareschi: volevo aggiungere, è importantissimo quello che ha detto Garrell perché le nuove generazioni non conoscono questo fatto e la storia invece va raccontata ed è bello anche che qualcuno invece della nostra generazione non conoscesse questa storia.

    Conferenza stampa J'Accuse - Louis Garrell
    Louis Garrell

    Loius Garrell: poi un giorno, prima di girare una scena, Roman mi ha detto che doveva presentarmi qualcuno, ed era una ragazza. Lei mi ha detto: io sono una delle nipoti più piccole di Alfred Dreyfus e mi ha anche detto una cosa che io non sapevo, una cosa terribile, che i figli di Alfred Dreyfus sono stati deportati durante la seconda guerra mondiale… è come se l’inferno non fosse finito dopo quello che era successo ad Alfred Dreyfus, che la stessa discendenza di quell’uomo avesse vissuto un qualcosa di terribile, di inimmaginabile… è stato assurdo.

    Domanda: da dove proviene, secondo voi, e come si fa a fermare tutto questo, come l’antisemitismo? Il cinema può fare qualcosa in più ancora?

    Luca Barbareschi: io volevo dire solo una cosa, consiglio a tutti un libro strepitoso, che è di Jonathan Sacks e parla di un cambiamento climatico culturale, facendo un paragone con il cambiamento climatico, i rischi sono o che si arrivi ad una temperatura estremamente calda o ad una estremamente fredde, ecco questi due estremismi in un certo senso hanno allontanato le persone dalla centralità del pensiero moderato, forse una delle soluzioni potrebbe essere tornare alla nostra tradizione che ha creato grandi poeti, grandi scrittori, grandi personaggi della storia.

    Alain Goldman: credo che il cinema come mezzo, come strumento forse, per conoscere gli eventi è una delle risposte più forti, è uno dei mezzi migliori per poter gestire il problema dell’ignoranza. Il caso Dreyfus è annunciatore di tutto ciò che è successo nel 21º secolo, come l’olocausto ad esempio, e speriamo che questi eventi, come questo film, possano far riflettere i nostri figli; Picquart è la figura perfetta, la personificazione del fatto che tutto ciò che è giusto si può risolvere, si deve risolvere, lui è il vero eroe della storia, è una speranza per le generazioni future, per andare sempre verso la giustizia. L’apertura verso la conoscenza e quindi la ricerca della verità sono un modo per rispondere all’ignoranza, ma anche per rendere noti personaggi straordinari (…) ed è grazie a loro che il destino delle persone può cambiare.

    Conferenza stampa - Luca Barbareschi
    Luca Barbareschi

    Domanda: volevo chiedere, ogni personaggio trasmette e lascia sempre qualcosa all’attore che lo interpreta, ecco a voi cosa ha lasciato? E poi a Luca Barbareschi e a Paolo del Brocco: questo è un film potente, sontuoso, elegante, che fa riflettere, attuale ancora oggi, ed emoziona. È il grande cinema, non pensate che un film in concorso preceduto da un presidente di giuria che non dice, cioè che non si capisce bene se vedrà o meno il film, se applaudirà o meno, non pensate che questo possa influenzare la giuria?

    Luca Barbareschi: il passato è passato, noi pensiamo al presente, il film deve parlare, la giuria deve giudicare e il pubblico se vuole può applaudire.

    Louis Garrell: il film mi è piaciuto molto, mi ricordo che l’ho visto e gioivo quando, alla fine, la giustizia trionfava. Anche quando è uscito l’articolo J’accuse, scritto da Zola, lui si è preso un enorme rischio che gli è costato un anno di prigione. E mi è venuto in mente questo libro di Tolstoj che avevo letto quando avevo quindici anni che si intitola Che cos’è l’arte, e questo libro esprime una teoria e concluse così: l’arte deve dare il via agli uomini per poter fare del bene. E quando ho visto il film, come quando ho letto l’articolo di Zola, l’ho ammirato, lo ammiro tutt’ora e non c’è niente di meglio come inizio per fare del bene che ammirare e gioire per queste persone, per queste storie.

    Domanda: ho una domanda per Garrell e per Emmanuelle: come regista come dirige Polanski, non ha un modo di dirigere alla francese, è un suo metodo personale. Potete dire come vi ha diretto, c’è una specie di persistenza di infierire sempre sui rapporti di forza, è una costante da tanti anni, in sintesi è la tematica delle percezione della paranoia della verità.

    Emmanuelle Seigner: per me è difficile mettermi nei suoi panni. Però per capire come dirige e anche la tematica centrare dei suoi film basta vedere la sua vita. Per quanto riguarda la regia, lui è un uomo molto preciso con tutto, con le inquadrature, e molto spesso le sue inquadrature non sono facili da girare, è preciso con le luci, con la posizione e l’espressione del viso degli attori, ma al tempo stesso lascia libertà. È meraviglioso, questo è il sesto film che faccio con lui, perché lui ti guarda e ti filma in un certo modo, e tu sai che stai facendo qualcosa di bello e di forte, e per questo siamo pronti a tutto.

    Conferenza stampa - Jean Dujardin

    Jean Dujardin: (…) sì, sì, e vero, lui è molto esigente, sono interessanti le sue scene e anche questa ricerca della verità a qualsiasi costo in base a ciò che lui racconta. La mattina lui arriva sul set e ha in mente di girare 3, 4 scene che non sono tantissime, però capita a volte anche di rifarle per 30 o 40 volte e questo spesso ti sfinisce. Quindi sì, magari capita che ti faccia arrabbiare in un certo senso, però sei pronto anche a sopportare queste cose. Lui ha sempre voluto attori meravigliosi, basti pensare a tutti gli attori della comedy frances, attori pieni e ricchi di talento. Io auguro ad ogni attore di avere ancora la possibilità di girare con Roman. Per rispondere alla domanda di prima, su cosa mi è rimasto del mio personaggio e di questa esperienza… la fierezza e l’orgoglio, per aver interpretato questo personaggio. Non è semplice girare con Polanski, lui pretende molto, ti guarda dritto negli occhi, non te la fa passare liscia a volte, è molto dura, e frustrante, ma quando ne hai bisogno ti dice tranquillamente di prenderti il tuo tempo.

    Domanda: mi piacerebbe sapere da Alexandre Desplat, autore delle musiche, il suo rapporto con il regista.

    Alexandre Desplat: io e Roman abbiamo uno scambio sempre diverso per ogni film. Lui è un uomo che ama molto la musica, adora la musica in generale e noi spesso anticipiamo qualcosa che solo il film poi potrà davvero rivelare. Anticipiamo una sorta di peregrinare intellettuale, io sicuramente avevo letto il copione e sapevo che nel film ci sarebbe stata molta musica. Pensavamo che avremo utilizzato una musica romanzata, un leitmotiv sottile, consolatore, e che dovevamo ancora trovare, ma poi è stato il film che ha, in un certo senso, rifiutato questo tipo di musica e quindi abbiamo abbandonato l’dea. Proprio la ricerca sempre della verità che Romam impone ai suoi film ha condizionano tutti gli altri ambiti. Lui non voleva grandi melodie, voleva una musica che emozionasse, e come diceva Jean è vero che la storia di Dreyfus è una tragedia terribile. Quella di me e Roman è stata una mera e pura, semplice ricerca, per esprimere al meglio questo sorta di macchina infernale che distrugge la vita di un uomo e la musica a volte sottolinea la fragilità di Dreyfus.

    Conferenza stampa J'Accuse - Alexandre Desplat
    Alexandre Desplat

    Domanda: quali sono stati le difficoltà affrontate nella parte produttiva e pre-produttiva?

    Alain Goldman: queste difficoltà erano talmente numerose che ho smesso di calcolarle. Più un film è importante da un punto di vista umano, cinematografico e sociale, e più, molto spesso, è in rottura con tutto questo, cioè fa si che questo film tiri su una maggiore voglia di andare fino in fondo, ed è paradossale perché più si ha difficoltà, più si ha voglia di girare e di portare avanti il progetto. Una delle chiavi di questo film credo che sia stata la lingua che, attraverso il cinema e le serie, abbiamo visto come sia un elemento autentico, identificativo; pensavamo che solo l’inglese poteva portarci verso il mercato internazionale, e invece facendolo in francese siamo riusciti a rappresentare un evento universale e storico proprio della Francia. Io ho sempre grosse difficoltà nel trovare i fondi per fare un film, non dipende mai solo dal film, però avevamo tanta voglia di fare qualcosa di così importante che il fattore economico non mi ha bloccato.

    Luca Barbareschi: è vero che il fattore della lingua è stato fondamentale, otto anni fa quando abbiamo iniziato, in un certo senso, il film doveva essere tutto in inglese ed è un motivo di orgoglio che l’Europa riacquisti la sua identità linguistica, noi dobbiamo raccontare la nostra Storia e è così che possiamo raccontarla.

    Alain Goldman: speriamo che questa produzione franco-italiana riporterà a galla i meravigliosi momenti che hanno vissuto i nostri due Paesi, e alla nostra collaborazione.

    Paolo del Brocco: io ho poco da dire, nel senso che noi abbiamo avuto la fortuna di girare con Polanski, che per noi è un genio del cinema, quindi è stato facile in un certo senso aderire a questo progetto, amiamo il cinema di Polanski e siamo orgogliosi di aver partecipato a questo film, quindi grazie a chi l’ha prodotto, a questi attori incredibili e a un genio che ho avuto anche la fortuna di conoscere a Parigi durante la lavorazione del film.

    LASCIA UN COMMENTO

    Per favore inserisci il tuo commento!
    Per favore inserisci qui il tuo nome