Polite Society – Operazione matrimonio, recensione: una commedia d’azione che guarda a Bollywood

Polite Society - Operazione matrimonio - Priya Kansara (foto Universal Pictures)
Polite Society - Operazione matrimonio - Priya Kansara (foto Universal Pictures)

La recensione di Polite Society – Operazione matrimonio, commistione tra commedia dal sapore action, coming of age e omaggio al cinema di Bollywood con un’esplosiva Priya Kansara nel ruolo della protagonista Ria

Il cinema britannico è ormai sempre più affine alla contaminazione culturale, specialmente per quanto riguarda il macrocosmo del sud-est asiatico, e a 20 anni da Sognando Beckham e a poche settimane da What’s Love? arriva Polite Society – Operazione matrimonio. Una commedia sui generis che lavora sui generi amalgamandoli, per parlare di emancipazione femminile, inclusività e integrazione; non tutto funziona e non sempre il colpo va a segno, però almeno c’è da divertirsi.

Un sogno da stunt-woman

Ria Khan (Priya Kansara) vive a Londra assieme ai genitori e alla sorella maggiore Lena (Ritu Arya) e, nonostante frequenti ancora il liceo, ha già le idee chiare: vuole diventare la più grande stuntwoman di tutti i tempi, persino superiore al suo idolo Eunice Huthart. La sua vita cambia quando Lena si innamora di Salim (Akshay Khanna), il facoltoso figlio di una coppia di amici dei loro genitori, ma nel momento in cui i due annunciano il fidanzamento le cose cominciano a precipitare. Ria si troverà infatti ad affrontare la madre di Salim, Raheela (Nimra Bucha), la quale ha imbastito il loro matrimonio per via di un piano dai contorni oscuri.

Polite Society – Operazione matrimonio – Nimra Bucha e Priya Kansara (foto Universal Pictures)

Tra Hollywood e Bollywood

Sebbene le protagoniste del film siano pakistane e non indiane è a Bollywood che un’operazione come Polite Society – Operazione matrimonio sembra guardare con intensità. Un po’ per i toni che sfiorano quasi la soap opera, i balli scatenati, i colori sgargianti dei costumi e un certo piglio quasi fancazzista, ma soprattutto per come unisce quell’enorme substrato fatto di diverse culture e sensibilità in una pellicola dall’identità insieme frammentaria ma anche chiara. Certo, in alcuni momenti il film guarda invece dall’altra parte dell’oceano, a Hollywood, soprattutto per la gestione del ritmo e di alcune scene d’azione piuttosto iperstilizzate nella costruzione e nella resa . Il risultato è una contaminazione continua e reciproca tra i due mondi, piuttosto divertente sia nel primo che nel terzo atto (ma un po’ annacquata nel secondo) e con qualche lampo dovuto alle brillanti performance attoriali della protagonista Priya Kansara e dell’antagonista Nimra Bucha. Polite Society – Operazione matrimonio diventa quindi irresistibile quando si abbandona totalmente alla follia del concept, abbandonando ogni pretesa di realismo in favore di una confezione più scanzonata ma non per questo meno efficace.

Polite Society – Operazione matrimonio – Priya Kansara e Ritu Arya (foto Universal Pictures)

Arti marziali e Me Too

Non c’è dubbio su come un progetto come Polite Society – Operazione matrimonio sia figlio del post Me Too e di tutti quei movimenti di emancipazione femminile, di inclusione e di valorizzazione delle proprie radici culturali, ma il merito del film di esordio della regista Nida Manzoor sta nel non trattare la materia con troppa accondiscendenza, ma piuttosto nel costruire un film di genere che possa smarcarsi da modelli preconfezionati per raccontare una storia forse non originalissima, ma comunque in grado di assestare qualche colpo basso. Questo perché Polite Society – Operazione matrimonio utilizza l’elemento wuxia non come semplice innesco o stratagemma narrativo, bensì come atto politico e identitario che passa per la necessità delle donne di doversi trovare a combattere ogni giorno letteralmente e metaforicamente per la propria vita, la propria libertà, i propri sogni e le proprie ambizioni. La parabola di Ria sfida i modelli patriarcali più vetusti e ciechi, il ruolo della donna nella società esclusivamente visto come quello di madre e/o moglie, la violenza fisica o psicologica, la volontà e la capacità di autodeterminazione, il senso di oppressione.

Polite Society – Operazione matrimonio – Ritu Arya (foto Universal Pictures)

Un film generazionale

Alla fine Polite Society – Operazione matrimoniale vorrebbe proporsi come un grido generazionale forte e chiaro, soprattutto femminile, che mira a scoperchiare e distruggere per sempre i modelli sociali del maschilismo più imperante. Certo, questo vuol dire che purtroppo tutti gli uomini del film ne escono malridotti o parecchio ridimensionati, correndo il rischio di diventare un prodotto altrettanto propagandistico e poco equilibrato. Rischio che la pellicola non evita del tutto, a dire la verità, ma che riesce a controbilanciare con una discreta dose di autoironia e di consapevolezza nei propri mezzi. Forse però Polite Society – Operazione matrimoniale avrebbe potuto e dovuto osare ancora di più, magari cercando di esplorare fino in fondo o con maggiore convinzione i tanti generi e registri che attraversa, ma l’operazione nel complesso si può dire sicuramente riuscita un calcio rotante alla volta, preferibilmente dritto in faccia a coloro che fanno di tutto per rovinarci l’esistenza.

Polite Society – Operazione matrimonio. Regia di Nida Manzoor con Priya Kansara, Ritu Arya, Akshay Khanna e Nimra Bucha, in uscita giovedì 15 giugno distribuito da Universal Pictures.

VOTO:

Tre stelle e mezzo

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