Peter Von Kant, recensione: François Ozon omaggia il cinema e la Petra di Rainer Fassbinder

Peter Von Kant - Stefan Crepon e Denis Ménochet (foto di Carole Bethuel)
Peter Von Kant - Stefan Crepon e Denis Ménochet (foto di Carole Bethuel)

La recensione di Peter Von Kant, il nuovo film di François Ozon che omaggia la Petra Von Kant di Rainer Fassbinder rileggendola al maschile, con un intenso Denis Ménochet e un sorprendente Khalil Gharbia

A meno di un mese da Mon Crime – La colpevole sono io François Ozon torna in sala con un film girato però nel 2021 e presentato lo scorso anno al Festival di Berlino, Peter Von Kant. A più di vent’anni di stanza da Gocce d’acqua su pietre roventi Ozon torna a omaggiare il cinema di Rainer Fassbinder, questa volta in maniera più esplicita ribaltando al maschile le dinamiche e i ruoli de Le lacrime amare di Petra Von Kant grazie ad un’intensa prova di Denis Ménochet.

Peter e Amir

Peter von Kant (Denis Ménochet), celebre regista di successo, vive con il suo assistente Karl (Stefan Crepon) che adora maltrattare e umiliare, nonostante quest’ultimo gli sia fedele e devotissimo. Grazie alla grande attrice e sua amica Sidonie (Isabelle Adjani), Peter conosce e si innamora di Amir (Khalil Gharbia), un giovane uomo bello ma con poche risorse. Dopo solo pochi mesi dal loro primo incontro lo ospita nel suo appartamento e lo aiuta a debuttare nel mondo del cinema, facendolo diventare una vera e propria star.
Ma non appena diventa celebre Amir si allontana, lasciando Peter solo ad affrontare
se stesso e le sue insicurezze, sicurezze acuite anche dall’arrivo improvviso di sua figlia Gabrielle (Aminthe Audiard) e della sua ex moglie Rosemarie (Hanna Schygulla).

Peter Von Kant - Khalil Ghabria e Denis Ménochet (foto di Carole Bethuel)
Peter Von Kant – Khalil Ghabria e Denis Ménochet (foto di Carole Bethuel)

Sulle orme di Fassbinder

Che Peter Von Kant sia un omaggio diretto al film di Fassbinder del 1972 è dichiaratamente comprensibile sia dal titolo che dalla storia, qui riletta da una prospettiva maschile e non più femminile. Ozon però non ha deciso di rendere omaggio soltanto a Le lacrime amare di Petra Von Kant, ma la sua è una celebrazione a tutto tondo dell’opera e del cinema fassbinderiano, più ancora che in Gocce d’acqua su pietre roventi. Each man kills the things he loves (qui cantata nella sua versione tedesca) da Querelle del 1982, ultimo film del regista tedesco prima della morte prematura, diventa così una canzone manifesto di Peter Von Kant che racchiude perfettamente in sé la struggente contraddizione del personaggio omonimo interpretato da Denis Ménochet. Rispetto a Fassbinder però Ozon lascia sullo sfondo l’ironia dai tratti tragici, e viceversa, della pellicola originale preferendo invece giocare sui tic e sulle idiosincrasie del protagonista e caricandoli allo stremo. Per questo Peter Van Kant si avvicina molto di più alla commedia che al dramma, e quando l’impianto tragico cerca di venire fuori nel finale. Il suo è un cinema più freddo, meno carnale e sinuoso, più interessato a guardare che a osservare e la dimensione intima dell’originale qui non riesce mai ad esplodere per davvero, anche per via di alcune inquadrature esterne che ne spezzano la potenza claustrofobica.

Peter Von Kant - Isabelle Adjani e Denis Ménochet (foto di Carole Bethuel)
Peter Von Kant – Isabelle Adjani e Denis Ménochet (foto di Carole Bethuel)

Peter come François

Sembra infatti che questo Peter Van Kant sia una sorta di autobiografia romanzata dello stesso Ozon, allorché il cambio di mestiere (dalla stilista al regista, dalla moda al cinema) e la somiglianza fisica rispetto allo stesso Fassbinder fanno propendere per questa ipotesi. Ma nonostante alcuni cambiamenti formali e strutturali Peter Von Kant è cinema di Ozon allo stato puro, non dissimile dal Mon Crime di qualche settimana fa; le ossessioni di Ozon per il corpo, il sesso, il tradimento (amoroso e intellettuale) e il passare impietoso del tempo rimangono salde, saldissime. Tanto più che qui, ancora più che nei film passati, la carica erotica del giovane Amir e quella decadente di peter sono centrali in un certo senso all’interno del racconto, perché alla fin fine ciò che interessa a Ozon è filmare la decadenza e il sacrificio. L’aspetto  più interessante, e per certi versi discutibile, dell’opera di Ozon è però il ricorso ossessivo alla lingua francese, nonostante Peter Von Kant sia ambientato nella Colonia del 1972 e nonostante tutti i personaggi siano in teoria tedeschi. Della lingua germanica in realtà qualche traccia vi è, anche in alcuni isolati dialoghi, ma Ozon ha girato un film profondamente francese nella temperatura, nel linguaggio e nella grammatica cinematografica; un’operazione di rottura che lo allontana da Fassbinder e nello stesso tempo lo avvicina, perché capace di cogliere – volutamente o no – quella tragica estraneità nei confronti della vita e dell’arte che lo hanno reso leggendario.

Peter Von Kant - Denis Ménochet, Khalil Ghabria e Stefan Crepon (foto di Carole Bethuel)
Peter Von Kant – Denis Ménochet, Khalil Ghabria e Stefan Crepon (foto di Carole Bethuel)

Gli attori, come sempre

Denis Ménochet diventa Peter Von Kant, gli dà forma e stazza, lo riempie di dolore e di non detti e si fa carico delle sue mille contraddizioni, dei suoi difetti e delle sue fragilità. La parabola diegetica e tematica dell’intero lungometraggio non potrebbe però svilupparsi senza un comprimario all’altezza, qui quasi un antagonista, ovvero l’Amir interpretato dall’altrettanto convincente Khalil Gharbia. È però la meravigliosa Isabelle Adjani a prendersi completamente la scena, sia nel primo che nel terzo atto del film, perché la sua Sidonie è esattamente il tipo di personaggio a cui Ozon può dare colore e profondità senza risultare troppo caricaturale e artefatto. In fondo Peter Von Kant sembra essere un altro capitolo, l’ennesimo, di un processo di trasformazione del cinema di Ozon tutto, sempre più legato all’assurdo e alla teatralità piuttosto che al racconto grezzo, pulsante e sporco della vita. Ogni uomo uccide tutto ciò che ama canta Sidonie nel film, alcuni uomini però preferiscono la macchina da presa alla pistola.

Peter Von Kant. Regia di François Ozon con Denis Ménochet, Isabelle Adjani, Khalil Gharbia, Stefan Crepon, Aminthe Audiard e Hanna Schygulla, in uscita nelle sale giovedì 18 maggio distribuito da Academy Two.

VOTO:

Tre stelle

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