L’Impero, recensione: quando Bruno Dumont incontra Star Wars è Orso d’Argento

L'Impero - una scena del film
L'Impero - una scena del film

La nostra recensione de L’Impero, la nuova creatura di Bruno Dumont vincitrice dell’Orso d’Argento a Berlino quest’anno: questa volta il maestro francese prende di mira Star Wars e il suo manicheismo, partorendo una parodia a tratti irresistibile che richiama la space opera

Chissà come verrà accolto dal pubblico italiano un film così radicale come L’Impero. Certo, chi ha già una certa familiarità con il cinema di Bruno Dumont (L’Humanité, France, Jeanne) non si ritroverà affatto spiazzato dal tono irriverente, dai riferimenti tutt’altro che sfuggenti alla sessualità, dalla riflessione tragica e al tempo stesso dotata di leggerezza sulla natura umana e sul confine tra bene e male. E gli altri? Gli altri, specialmente i fan degli Star Wars originali, potrebbero ritrovarsi spiazzati e confusi da questa parodia così radicale, autarchica e perfino pacchiana trionfatrice a Berlino lo scorso febbraio.

L'Impero - Lina Khoudri
L’Impero – Lina Khoudri

Gli Zero e gli Uno

Nel tentativo di ripristinare i loro imperi, due forze provenienti dallo spazio profondo e in contrapposizione fra loro, Uno e Zero, scatenano un conflitto apocalittico sulla Terra. Al centro di questa guerra digitale e di questa vera e propria inseminazione interplanetaria, gli umani sono la preda sessuale, spirituale e riproduttiva di questa procreazione universale e alternativa. I demoni delle forze Zero si preparano segretamente all’invasione sotto le spoglie degli abitanti di un piccolo villaggio costiero nel nord della Francia. Questi demoni si impadroniscono della popolazione locale, invadendone i corpi e dannandoli, al fine di scatenare un pandemonio sulla Terra.

La procreazione generata da un umano e un demone impadronitosi di un corpo ha dato vita al Margat, un principe imperiale e futuro procreatore della Razza Zero che si incarna in Freddy, il figlio di una giovane coppia divisa, Line (Lyna Khoudri) e Jony (Brandon Vlieghe). Ma, al tempo stesso, una nuova specie di creatura generata dagli Uno, si sta mettendo all’opera per produrre un’evoluzione alternativa e benefica. Prima che il Margat raggiunga un’apocalittica pubertà, gli Uno cercano a tutti i costi di impedire questo destino infernale. In attesa della battaglia finale, le legioni imperiali cercano in ogni modo di convincere l’umanità ad appoggiare la loro causa.

L'Impero - Fabrice Luchini
L’Impero – Fabrice Luchini

Bene e Male

Che a Bruno Dumont importi poco delle mode cinematografiche lo sappiamo sin dai suoi esordi alla fine degli anni ’90. È sempre stato in fondo, più che l’enfant terrible, l’enfant bizarre del cinema francese, l’autore filosofo che guarda fuori dagli schemi dello schermo per provare ad abbracciare in toto l’umanità o la disumanità dei propri personaggi. L’Impero non è altro quindi che un’estensione di questa sua idea di racconto, che però stavolta guarda al cinema alto nel senso di valore produttivo e di influenza culturale pop, agli Star Wars e ai blockbuster hollywoodiani, ad una maniera estremamente manichea di intendere la complessità del mondo.

Più che un intento parodico, comunque evidente, sembra quasi che ci sia un intento distruttore e riformatore ad animare Dumont, il quale rimesce quasi cinquant’anni di suggestioni pop in un calderone alle volte folle, alle volte irresistibile e alle volte persino un po’ frustrante. L’arena si sposta quindi dal micro (un piccolo villaggio francese affacciato sul canale della Manica) al macro (astronavi che fluttuano nello spazio e che al loro interno ospitano ricostruzioni della Reggia di Caserta e della Sainte-Chapelle parigina), e oltre a Star Wars e ad almeno cinque o sei altre saghe ne L’Impero neanche la religione e il fondamentalismo sono al sicuro dai colpi delle spade laser di Dumont.

Bene e Male non a caso sono definiti da Zero e Uno, da un binarismo di intenzioni che non lascia spazio ad interpretazioni o a contaminazioni; c’è un bambino, il Margat, che è il prescelto dalle forze del Male per portare un’infernale Apocalisse sulla Terra e ci sono i buoni che devono impedirlo a ogni costo, anche facendoci passare per umani. Poi, in mezzo, ci sono due poliziotti della Gendarmerie totalmente inerti di fronte a quello che succede ma che vanno avanti comunque, anche con un po’ di stoltezza (emblematico l’esilarante finale in cui si mettono alla guida di un’auto appena distrutta da un tifone) e tante, tantissime suggestioni, perfino troppe.

L'Impero - Anamaria Vartolomei
L’Impero – Anamaria Vartolomei

Un all-in necessario (?)

Perché l’impressione che si ha è che Dumont ci abbia voluto mettere tanto, tantissimo in questo film e che non tutto sia bilanciato tanto da avere lo spazio che meriterebbe. C’è tanta amarezza ne L’Impero, ma soprattutto s’intravede chiaramente lo sguardo angosciato e angosciante di un autore che si ritrova spiazzato da un cinema così lontano dal proprio sguardo, e che quindi ha provato a sviscerare attraverso la parodia, lo sberleffo, il buffetto sulla guancia. Solo che non sempre il cineasta francese fa centro a questo giro, perché l’intento parodistico sembra essere un po’ fine a sé stesso, troppo amareggiato per poter ribaltare gli schemi offrendo una nuova prospettiva.

Come in tutta la propria carriera Dumont ci parla di umanità, di amore, di eterno conflitto tra luce e oscurità e questa volta lo fa filtrando questi grandi argomenti e il tema del libero arbitrio contro il Destino in una confezione più leggera, più morbida, folle e in certi momenti davvero irresistibile. Non tutti probabilmente apprezzeranno, ma è il gioco de L’Impero a cui si chiede di lasciarsi andare. Prendere o lasciare.

TITOLO L’Impero
REGIA Bruno Dumont
ATTORI Fabrice Luchini, Camille Cottin, Anamaria Vartolomei; Lyna Koudri, Brandon Vlieghe, Philippe Jore, Julien Manier, Anne Tardivon, Marie Vasez
USCITA 13 giugno 2024
DISTRIBUZIONE Academy Two

 

VOTO:

Tre stelle

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