Don’t Look at the Demon, recensione: un horror religioso poco inquietante e derivativo

Don't Look at the Demon - Harris Dickinson
Don't Look at the Demon - Harris Dickinson

Ecco la nostra recensione di Don’t Look at the Demon, horror in salsa religiosa diretto da Brando Lee con ambientazione malese che viaggia a metà tra L’esorcista e il found footage di Paranormal Activity

Estate è tempo di horror e alcune volte sono proprio le novità più interessanti del genere a fare capolino nelle nostre sale. Non è del tutto il caso di Don’t Look at the Demon, film del giovane regista malese Brando Lee (da non confondere con Brandon) che comunque, nonostante una certa derivatività e un cast non del tutto a fuoco, ha un paio di frecce nel proprio arco che fanno ben sperare per il futuro.

Fantasmi malesi

Jules (Fiona Dourif) è una medium spirituale emotivamente danneggiata che fa parte di una squadra americana di investigatori televisivi sul paranormale, squadra in cui è presente anche Ben (Harris Dickinson). Un giorno decide di condurre la sua troupe televisiva a Fraser’s Hill, una casa infestata in Malesia per raccogliere delle prove, ma ben presto scoprirà che la pericolosa entità che abita la casa potrebbe avere un legame con il suo misterioso passato. Gli ultimi proprietari della casa, Ian (William Miller) e Martha (Malin Crépin), affermano di aver sperimentato strani disturbi.

All’inizio le affermazioni della coppia sembrano dubbie e la squadra investigativa sospetta che i due siano solo in cerca di pubblicità, ma quando Jules vive un’orribile esperienza nel seminterrato, la squadra comincia a credere che ci sia qualcosa di più di quello che sembra. Man mano che si addentrano nel mistero, si imbattono in possessioni e apparizioni sempre più terrificanti, molto più di quanto abbiano mai visto.

Don't Look at the Demon - Malin Crépin e William Miller
Don’t Look at the Demon – Malin Crépin e William Miller

La derivatività è nemica dell’horror

Non c’è nulla da fare. Quando si va a toccare il campo degli esorcismi e delle possessioni, c’è un intero immaginario così ben definito che diventa estremamente difficile smarcarsene. Lo abbiamo già visto qualche mese con L’esorcista del Papa, lo rivediamo ancora una volta con questo Don’t Look at the Demon, horror malese ma prodotto in America con attori in gran parte americani. Una pellicola che utilizza tutti gli strumenti più classici a disposizione per costruire tensione e un senso costante di inquietudine, tra apparizioni improvvise e relativi jumpscare, aumenti esponenziali del volume e utilizzo di lenti distorte e deformate.

Il problema di quest’opera prima di Brando Lee sta nel suo essere estremamente derivativa e ripetitiva nelle soluzioni, per di più con un terzo atto un po’ troppo caotico e confusionario che pecca di pressapochismo nelle scelte e che non riesce a giocare come avrebbe potuto e dovuto con l’esoticità della location, magari sfruttando proprio alcuni cliché di scrittura e messa in scena a proprio favore.

Don't Look at the Demon - Harris Dickinson e Fiona Dourif
Don’t Look at the Demon – Harris Dickinson e Fiona Dourif

Poca Malesia purtroppo

È un vero peccato che la macro-arena malesiana di Don’t Look at the Demon venga messa così tanto sullo sfondo, nonostante alcune tradizioni e inserti linguistici siano stati ben integrati all’interno della narrazione. La Malesia, cosiccome gran parte del sudest asiatico, è infatti una terra foriera di miti e leggende che scavano in un passato ricco di fascino e ben poco noto. Lee prova a deamericanizzare il suo film in più di un’occasione, anche attraverso alcune sequenze dal taglio onirico che ricordano il cinema di Miike alla lontana, ma è ovvio come prevalga purtroppo una visione di messa in scena hollywoodiana.

La struttura e la confezione da found footage avrebbero potuto donare a tutta l’operazione messa in piedi da Lee un’allure di ruvidità maggiore, rendendo il lungometraggio più grezzo e bucolico negli ambienti e nelle atmosfere e provando, almeno a livello visivo, a ricercare un’identità filmica più naturale e onesta. Purtroppo Don’t Look at the Demon ci riesce solo in parte, e questo inficia anche l’esperienza dello spettatore il quale si trova ad assistere a un’occasione potenzialmente sprecata.

Don't Look at the Demon - William Miller e Malin Crépin
Don’t Look at the Demon – William Miller e Malin Crépin

Il cast ci prova

A salvare la baracca, anche se parzialmente, ci pensa un cast di protagonisti tra cui spicca la figlia del Brad Dourif de Il signore degli anelli e Qualcuno volò sul nido del cuculo, Fiona Dourif. Nonostante una sceneggiatura tutt’altro che generosa nei confronti della sua Jules, la Dourif dimostra di possedere una buona dose di carisma ed espressività capace di mascherare le pecche di scrittura, mentre Harris Dickinson è un discreto comprimario a cui viene data l’occasione di spiccare in una sequenza particolare del secondo atto.

Non tutto quindi è da bocciare in questo Don’t Look at the Demon, specialmente perché si permette una o due deviazioni interessanti anche se purtroppo inesplorate e perché comunque Brando Lee dimostra di possedere quantomeno i senso del mestiere. Niente per cui gridare al miracolo, sia chiaro, ma se messo in grado di poter decidere uno script migliori con un budget meno irrisorio potrebbe farci divertire in futuro. Vedremo.

Don’t Look at the Demon. Regia di Brando Lee con Fiona Dourif, Harris Dickinson, William Miller e Malin Crépin, uscito oggi 17 agosto nelle sale distribuito da 102 Distribution. 

VOTO:

Due stelle e mezzo

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