Cimitero vivente – Le origini, recensione: un prequel che torna alla genesi della paura

Cimitero vivente - Le origini - Jackson White
Cimitero vivente - Le origini - Jackson White

La nostra recensione di Cimitero vivente – Le origini diretto da Lindsey Anderson Beer, prequel che funge da introduzione al mondo del celebre romanzo di Stephen King: alle volte la morte (di un franchise) è molto meglio

I film tratti dai romanzi di Stephen King non hanno mai avuto molta fortuna sul grande schermo, tranne qualche dovuta eccezione (Shining, The Mist, It, Christine), e anche questa volta la maledizione non si è arrestata. Già reduci dal deludente remake del 2019 e da Firestarter, Cimitero vivente – Le origini continua la striscia negativa con un film confuso e davvero troppo poco spaventoso, in cui si ha la sensazione continua che si voglia parlare di altro rispetto ad antiche maledizioni o possessioni spiritiche ma che non si abbia davvero idea di cosa raccontare.

La maledizione

Sud degli Stati Uniti, 1969. Jud Crandall (Jackson White) vorrebbe lasciare la città di Ludlow nella quale è nato e cresciuto assieme alla sua ragazza Norma (Natalie Alyn Lind), ma uno strano incidente stradale scombina loro i piani. Presto scopriranno che la città stessa è vittima di un’orrenda maledizione legata al proprio cimitero e che tutti i suoi abitanti sono in pericolo, incluso il padre di Jud, Dan (Henry Thomas), il suo migliore amico appena tornato dalla guerra Timmy (Jack Mulhern) e suo padre Bill (David Duchovny).

Cimitero vivente - Le origini - David Duchovny
Cimitero vivente – Le origini – David Duchovny

Senza idee

Si potrebbe legittimamente pensare che Cimitero vivente – Le origini tenga fede al proprio titolo e che quindi ci presenti una origin story con tutti i crismi e gli stilemi tipici del sottogenere, ma non è proprio così. La giovane regista Lindsey Anderson Beer (qui al debutto dietro la macchina da presa) decide di ammorbidire la parte puramente orrorifica, e di conseguenza il fatto splatter, per provare ad allargare lo sguardo tematico su un intero sottomondo di colpa, abuso di potere, dominazione che il popolo bianco ha costretto i nativi a subire.

Già a partire da un flashback ambientato nel diciassettesimo secolo ( e mai adeguatamente sviluppato), l’intera operazione lavora sul trauma mai rimosso di una nazione creatasi sulla violenza e sul sangue, e su un peccato che può essere espiato solo attraverso le stesse modalità brutali. Non è certamente neanche un caso che l’ambientazione spazio-temporale siano gli Stati Uniti rurali del 1969, ma il pur apprezzabile tentativo si scontra con una messa in scena povera di idee e tremendamente a corto di fiato. Il minutaggio fin troppo scarno e l’assoluta scelleratezza di un montaggio che, a tratti, pare quasi amatoriale e illeggibile affossano ulteriormente un film già parecchio debole.

Cimitero vivente - Le origini - una scena del film
Cimitero vivente – Le origini – una scena del film

Dov’è la paura?

Il secondo problema principale di Cimitero vivente – Le origini è che, banalmente, non trasmette mai paura, né tantomeno inquietudine. Si potrebbe obiettare sul fatto che lo scopo del film non fosse quello di terrorizzare, bensì di raccontare lo squarcio all’interno di un mondo che pian piano rivela la propria vera natura, ma non ci sono eventi nel film che diano valore a questa tesi perché è tutto incomprensibilmente piatto. Sono piatti i personaggi, mai davvero interessanti o a fuoco bensì preda di stereotipi come il protagonista pacifista che si ribella al sistema, è piatta la storia che si rifugia nei più banali plot twist, è piatta la messa in scena fin troppo patinata e anonima.

Manca il coinvolgimento emotivo, manca la tensione narrativa e quella extra-narrativa, mancano persino le uccisioni degne di nota perché finanche il fattore splatter sembra essere stato misurato col contagocce. Il risultato è quello di una pellicola che si trascina stancamente per nemmeno un’ora e mezza di visione e che fa rimpiangere certi adattamenti del passato del re del brividio magari meno precisini, ma sicuramente più coraggiosi e coinvolgenti. Qui invece è tutto profondamente fuori tempo massimo e inerme, a partire dal più classico dei cold open in cui nulla ci viene mostrato ma non per una scelta intelligente di sfruttare il potere dell’horror vacui.

Cimitero vivente - Le origini - Henry Thomas
Cimitero vivente – Le origini – Henry Thomas

Non risvegliate i morti

C’è una frase che ricorre nella pellicola, introdotta dalla voce fuori campo di Jud e che apre e chiude il film: alle volte la morte è la cosa migliore. C’è un motivo, in fondo, per cui certi spiriti dovrebbero lasciati lì dove sono e, se nel cinema il loro risveglio può rivelarsi fonte di storie ben scritte, interessanti e spaventose al punto giusto, non è certamente il caso di Cimitero vivente – Le origini. È vero, alle volte la morte è la cosa migliore; lasciate che gli spiriti di King riposino “in pace” o che almeno continuino ad infestare i nostri sogni, e quelli soltanto. Per raccontare il lore di un paese complesso come gli Stati Uniti c’è bisogno di tutt’altro, perché anche la paura è una cosa serissima.

Cimitero vivente – Le origini. Regia di Lindsey Anderson Beer con Jackson White, Natalie Alyn Lind, Henry Thomas, Jack Mulhern e David Duchovny, disponibile da giovedì 5 ottobre solo su Paramount Plus.

VOTO:

Due stelle

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