Willie Peyote partecipa al Festival di Sanremo 2021 con Mai dire mai (la locura) e nell’incontro con la stampa ci ha raccontato di cosa tratta il brano, del duetto con Samuele Bersani, della sua passione per Boris e di molto altro
Willie Peyote partecipa al Festival di Sanremo 2021 con Mai dire mai (la locura) e nell’incontro con la stampa al quale abbiamo partecipato racconta in apertura di cosa parla la canzone: «Non voglio scagliarmi contro qualcuno ma prendere in giro noi stessi che usufruiamo della musica, gli addetti ai lavori, le major, tutto ciò che sta intorno alla produzione artistica e non gli artisti, come usufruiamo della cultura in generale. Non si può far finta che sia tutto perfetto, se le major aspettano che qualcuno facci il boom su tik tok viene meno il loro lavoro di scoprire i talenti, verrà a mancare la figura importante delle etichette, l’oggetto cruciale della mia critica è la nostra fretta di consumare tutto che influenza l’arte stessa nel modo sbagliato. Ho scelto di andare a Sanremo per prenderci in giro perché siamo tutti schiavi di certe dinamiche».
Il rapper torinese affronta anche il tema dell’assenza di musica dal vivo e dice la sua sulla questione: «Nella musica faccio domande e non risposte, ritengo che il presupposto sia il confronto costruttivo tra il comitato tecnico scientifico, le associazioni di categoria e tutti i comparti del settore. Credo che all’aperto, con il giusto distanziamento e con i giusti controlli che ci sono stati l’estate scorsa si è dimostrato che si può ripartire, se poi parliamo di veri numeri, i concerti che sono stati fatti non hanno portato a dei casi di Covid, dopo di che oltre una soglia non mi spingo perché non faccio quel lavoro e se mi dicono di suonare con la mascherina lo farò, mi limito a fare ciò che è necessario. La ribellione è giusta ma va calibrata, non pensare di andare a spaccare tutto perché non ci fanno esibire, passerei piuttosto attraverso il confronto purché ci sia la disponibilità all’ascolto».
Willie è l’unico che ha trattato nel suo pezzo anche il tema del covid: «Non so dirti a cosa sia dovuta, è una combinazione di mancanza di sensibilità dei colleghi e voglia di nascondere questo periodo brutto, il tentativo di evadere, siamo bombardati quotidianamente da notizie riguardanti l’emergenza che è come se ci fosse il desiderio di prendersi una pausa. Salire sull’unico palco attivo e non dire niente sul fatto che è un anno che siamo fermi mi sembrava incoerente dal mio punto di vista e non potevo prescindere da questo, sentivo la necessità di farlo».
Per la sera delle cover ha scelto Giudizi universali e duetterà con l’autore del brano, Samuele Bersani: «Un brano come Giudizi universali lo devi cantare e basta, comanda Samuele che decide quando devi cantare e quando stare zitto. L’ho scelta perché è una delle mie canzoni preferite della musica italiana, perché lui ha una grandissima capacità di sintesi e una penna sopraffina nell’essere leggera e profonda contemporaneamente ed è un mio obiettivo arrivare a tali vette, l’ho sempre stimato e averlo vicino mi inorgoglisce tantissimo e mi tranquillizza, come quando un giocatore della primavera va a giocare in prima squadra e il capitano ti incoraggia. Mi sento a mio agio perché c’è lui che mi fa da chioccia».

Il titolo è un omaggio a Boris, serie cult, di cui inizieranno a breve le riprese della quarta stagione: «Sono molto curioso di capire come declineranno un mondo che è completamente cambiato rispetto all’ultima stagione datata 2010, la loro poetica al giorno d’oggi ma sono contento da fan perché l’avrò guardato 100 volte solo nel lockdown, mi mancava davvero qualcosa di nuovo».
Riguardo all’assenza di pubblico, Willie ritiene che sia perfino un vantaggio o comunque irrilevante: «Non corro il rischio fare la fine di Crozza nel 2013 con il pubblico che mi contesta e non riesco ad andare avanti. Quella sul palco dell’Ariston è una performance prettamente televisiva nella sua impostazione per cui la presenza del pubblico in sala non fa tutta questa differenza, magari non è così per Fiorello. Forse ne sarò avvantaggiato, da tifoso lo stadio chiuso mi dà tristezza, da spettatore del Festival quindi proverei nostalgia per la mancanza di pubblico, da cantante non mi ha urtato alle prove, per me si può fare anche senza i signori impellicciati in seconda fila».
Tratta spesso argomenti sociali e non ha paura di essere strumentalizzato: «Mica si può parlare sempre e solo d’amore, sono importanti altri temi come il lavoro, il rapporto con la cultura, lo sport. ho cercato di allargare il campo, non servivo io a parlare d’amore perché sapevo che sarebbe stato ben rappresentato. Sono certo che sarò mal compreso, strumentalizzato non credo perché non sono portavoce di nessuno e non voglio esserlo, tanti non sanno chi sono e pormi così è il mio modo di fare. Mi piace scrivere per sviluppare una discussione e far emergere un pensiero critico».
