Vetro, recensione del claustrofobico e derivativo thriller psicologico con Carolina Sala

Vetro - Carolina Sala -Foto di Claudia Sicuranza
Vetro - Carolina Sala -(foto Claudia Sicuranza)

La nostra recensione di Vetro, claustrofobico e derivativo thriller psicologico di Domenico Croce, con Carolina Sala nei panni di una ragazza che decide volontariamente di vivere reclusa nella sua stanza, premiato al Bif&st

Un barattolo di vetro rovina sul pavimento e fragorosamente si frantuma in un mosaico caotico di cocci acuminati tra i quali si muove un mare di caramelle gommose variopinte di cui era stracolmo. Non è solo una delle immagini centrali di Vetro thriller psicologico claustrofobico, primo lungometraggio del regista Domenico Croce, ma anche la metafora che sintetizza al meglio l’andamento del progetto stesso. Il film, infatti, dopo una partenza lodevole inciampa nelle sue ambizioni e rivela la sua struttura narrativa tanto fragile quanto trasparente (il barattolo di vetro) ricolma di citazioni, riplasmare ad arte, da pellicole appartenenti al suo stesso genere (le caramelle). A ritardare l’inevitabile distruzione del barattolo è solo la tenace interpretazione della giovane Carolina Sala, vincitrice della Menzione Speciale al Bif&st, dove il film è stato presentato.

Vetro - Tommaso ragno - Foto di Claudia Sicuranza
Vetro – Tommaso ragno – Foto di Claudia Sicuranza

Una scelta radicale

Una ragazza di cui non conosciamo il nome (Caterina Sala) da anni ha deciso di voler vivere la propria vita tra le pareti della sua stanza, senza mai uscire. Solo il suo cane può invadere il suo spazio vitale, mentre al padre, che di lei si prende indefessamente cura, è vietato varcare la soglia della porta, perennemente chiusa a chiave. La ragazza passa le sue giornate seguendo una rigida routine che comprende lo studio e il tempo da dedicare alla sua grande passione: il disegno. La sua tranquillità viene interrotta quando, guardando attraverso la sua finestra, si convince che un delitto sia stato commesso nel palazzo di fronte al suo. Intanto tramite internet conosce un ragazzo che inizierà a tenerle compagnia attraverso delle videochiamate.

La ragazza nella stanza alla finestra 

Perfettamente calato nel periodo storico in cui è stato concepito, Vetro in alcune scene sembra trasporre con lucidità situazioni che qualunque adolescente potrebbe aver vissuto durante il lockdown. Con annesso turbinio di ansie, paure e paranoie. A rendere ancora più inquietante la narrazione è la consapevolezza che quella della protagonista è una scelta volontaria che nasce da ferite mai totalmente rimarginate. Peccato che questo interessante punto di vista perda la sua efficacia in un marasma di citazioni a opere che hanno reso la claustrofobia della loro ambientazione il loro perno, da Room di Abrahamson a Panic Room di Fincher, con tutte le varianti del caso. A inficiare sulla freschezza del narrato è anche la pigra riproposizione del topos del personaggio che osserva dalla finestra i vicini e li immagina coinvolti in losche macchinazioni di fronte alle quali non può che restare inerme. Come il recente La donna alla finestra, anche Vetro fallisce in questa strenua ricerca di ammantarsi di atmosfere hitchcockiane dimenticando di focalizzarsi sulla propria originalità.

Vetro - Carolina Sala - Foto di Claudia Sicuranza
Vetro – Carolina Sala – Foto di Claudia Sicuranza

Schermi in frantumi 

Molto più interessante è il contrasto tra i due schermi di vetro attraverso cui la protagonista si confronta con il mondo. Da un lato la finestra di cui sopra, ponte per una realtà analogica che terrorizza, dall’altro lo schermo del pc, varco d’accesso a una realtà digitale in cui la ragazza trova il conforto del suo amico virtuale. A prestare il volto alla ragazza senza nome, d’altro canto, è la giovane e talentuosa Carolina Sala, qui impegnata in un tour de force recitativo attraverso cui riesce a restituire tutte le complesse sfumature di un personaggio sfuggente e contraddittorio. Altrettanto interessante è il lavoro svolto attraverso la fotografia che inonda l’immagine di coloro saturi che si fanno sempre più acidi con lo sviluppo della narrazione e scandiscono la discesa della pellicola verso un terreno disturbante in cui realtà e dissociazione dalla realtà stessa si fondono in un crescendo angosciante.

Vetro, insomma, avrebbe avuto tutti gli ingredienti per camminare sulle proprie gambe, ma decide di appoggiarsi indolente a storie già scritte, vicende già narrate al punto da diluire la propria originalità in un puzzle sconnesso di acuminati cocci di vetro.

Vetro. Regia di Domenico Croce. Con Carolina Sala, Tommaso Ragno e Marouane Zotti. Al cinema dal 7 aprile, distribuito da Universal Pictures e Vision Distribution.

VOTO:

2 stelle e mezzo

 

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