
Dalla Mostra del Cinema di Venezia 2022 ecco la conferenza stampa del film Il signore delle formiche con il regista Gianni Amelio e i protagonisti Luigi Lo Cascio, Elio Germano e Sara Serraiocco
È stato presentato questa mattina in conferenza stampa, Il signore delle formiche di Gianni Amelio, in concorso alla 79ª Mostra del Cinema di Venezia. Il regista e gli attori hanno sottolineato l’importanza di una storia come quella di Aldo Braibanti anche se, ci tengono a sottolineare, il film non può limitarsi solo a questo perché tratta una tematica più ampia, ossia quella dell’amore tra un uomo ed un ragazzo.
Una domanda per Gianni. Con quale spirito ti sei accostato a questa storia e hai deciso di raccontarla oggi?
Gianni Amelio: Non voglio essere a tutti i costi quello che smonta la retorica di certe situazioni, perché la conferenza stampa bella è quella sincera e non è quella paludata. Io in genere faccio un film se qualcuno me lo offre non perché lo penso io. Aspetto che mi chiamino, ne ho diritto perché ho un’età. Un giorno mi arriva una telefonata ed è di un grande regista, Marco Bellocchio, che mi invita nel suo ufficio di produzione per propormi un documentario su Aldo Braibanti. Io avevo trovato dei documenti, ma non eccezionali, che ricordavano soprattutto, ma con una curiosità malsana, il suo interesse per le formiche. Ricevo un’altra telefonata di un signore che avevo incontrato per la prima volta nell’ufficio di produzione, Simone Gattoni, che mi chiede di andare lì nuovamente. Allora sono andato e Gattoni e Bellocchio mi hanno ufficialmente affidato un film e io ho detto subito: «questo film si chiamerà Il signore delle formiche». Per quanto riguarda la sceneggiatura, io ho subito detto di non volere i grandi nomi perché non esiste la freschezza, non esiste novità, non esiste entusiasmo in loro e per questo ho scelto due giovanissimi professionalmente, sconosciuti dal punto di vista, uno della sceneggiatura e l’altro totalmente sconosciuto fidandosi di me e soprattutto della mia esperienza sulla materia. La sceneggiatura è piaciuta e il film è partito. E poi un giorno sono finite le riprese e io ho detto: «sono l’uomo più disperato del mondo». Non sono felice per niente. Il film sarà bellissimo, avrà il suo cammino, avrà il suo percorso di cui io sono contento. Lo seguirò anche nell’ultima parrocchiale rimasta a Malta quindi darò tutto quello che ho, tutto il mio talento, entusiasmo e voglia di lavorare però non sono felice e vi auguro di essere più felici di me.

Una domanda a Luigi Lo Cascio. Come ha trovato il suo Aldo Braibanti? Come si è preparato? E quali sono le caratteristiche che ti interessava mettere in evidenza?
Luigi Lo Cascio: Io non so se l’ho trovato ma l’ho cercato con molta passione e continuo a cercarlo perché da certi punti di vista è stata una persona e un personaggio, visto che si trova all’interno di un film, enigmatico, nel senso che ha dei punti che sembrano in contrasto tra di loro. Il primo che mi viene in mente è la sproporzione che c’è tra la grandezza, tra la sicurezza e la certezza che ha all’interno del suo campo d’azione, che è quello dell’arte, quindi in quanto regista, scrittore, poeta, maestro. E invece, d’altra parte, il fatto di essere nelle cose dell’amore, nel sentimento amoroso, nella relazione, suscita in lui un elemento di fragilità molto forte. Quindi questo elemento mi ha affascinato molto. Viene imputato per plagio eppure nel momento cruciale, quando deve finalmente dire la sua e contrapporsi ai suoi persecutori, sceglie la strada del silenzio. Uno come lui, un filosofo, un uomo che comunque ha una capacità di linguaggio molto forte, che ha delle idee molto chiare sulla propria innocenza opta per questa strada. Ecco, questo silenzio veramente enigmatico mi ha molto colpito e la ricerca delle motivazioni che potevano spingerlo a questa scelta mi hanno molto appassionato.
Gianni Amelio: La parola, l’aggettivo che ho usato per me, ossia infelice non è da riferirsi al film. Io del film sono felicissimo forse è la cosa più bella che ho fatto. Quelle di cui parlo sono faccende private, personali. Io lo amo questo film, alla follia. Semplicemente può capitare che facendo un film si viva in un certo modo e ci siano delle fragilità che professionalmente io non ho, perché sono forte, umanamente invece non lo sono. E allora il lato che ha scoperto Luigi in Braibanti, io l’ho scoperto in me stesso. Io ho vissuto durante il film una storia d’amore molto tormentata e questo tormento non passa. Forse il film si è giovato di questo mio sentimento. È probabile che se il film è bello lo si deve anche a questo. Braibanti si è innamorato e anche io mi sono innamorato. Ecco, non mi è andata male come a lui, non sono andato in galera, ma sono chiuso in un mio carcere .

Il film è molto emozionante e l’interpretazione di Luigi è straordinaria. In tutta la tua produzione è presente un fil rouge cioè questo affondare le mani nella sensibilità dei ragazzi, dei giovani, in quell’età della crescita e nel rapporto con l’adulto. Volevo chiederti se in questo ti riconosci. A Elio Germano che all’interno del film fa il giornalista… una riflessione riguardo questo cambiamento di costume alla quale neanche la sinistra era sensibile ai tempi e riguardo alle situazioni che ancora oggi sono fortemente calde che rischiano di precipitare nella nostra società, magari non con gli omosessuali ma con i diversi in generale.
Elio Germano: È un film che mette in contrapposizione la passione. L’amore di Braibanti viene definito plagio. Di fatto viviamo in un’epoca in cui noi riconosciamo quanto la passione sia sconveniente, cioè oggi è conveniente il profitto, i numeri, la finalità di un’azione. Chi fa il proprio lavoro anche con passione, ha una vita più difficile di chi lo fa invece per arrivismo, per interesse personale. Quindi nel mio personaggio si vive un po’ questa contraddizione, che è una cosa molto contemporanea a mio avviso. Non si fa fatica oggi a riconoscersi nella precarietà di un lavoro che deve essere fatto in tutti i modi tranne che con passione, soltanto obbedendo al principale, possibilmente sgomitando per calpestare i propri colleghi in un’ottica soltanto di scalata sociale, di arrivismo, di non sentire che il proprio mestiere è un modo di contribuire alla collettività. Quindi, in questo senso, la trasvalutazione morale che c’è stata riguarda tutti, non solo il mestiere di giornalista ed è una delle corresponsabili del decadimento culturale e qualitativo del nostro Paese.
Gianni Amelio: È chiaro davanti a tutti, sciorinando i titoli dei film che ho fatto che c’è sempre lo scontro-incontro tra due generazioni. Tutto questo è cominciato in un film che nessuno di voi ha visto. Ero ragazzo, 27 anni, ho fatto La città del sole, che era un film su un filosofo, Tommaso Campanella, e io ho sentito il bisogno di mettergli di fronte un contadinello ignorante, lui, un filosofo, l’altro un ignorante e via discorrendo fino ad Hammamet, dove qualcuno, abbagliato dalla bravura sovrumana di Favino, ha dimenticato di leggere il film che non è centrato solo sul personaggio del presidente ma è lo scontro-incontro con il ragazzo Fausto. È un film sul caso Braibanti? No. È una grandissima storia d’amore tra un uomo e un ragazzo, molto autobiografica.

Chiederei a Leonardo, che è al suo primo film, che cosa è stata questa esperienza per te? Hai fatto delle ricerche personali? Come hai cercato di comprendere questo personaggio e quindi restituirlo al pubblico?
Leonardo Maltese: Questa per me è la prima esperienza cinematografica e devo dire che mi sono sentito benissimo. La mia vita è cambiata da quando è iniziato il set e ho avuto la fortuna di trovarmi circondato da persone che mi hanno veramente fatto sentire al sicuro, a partire dal regista Gianni Amelio, che mi ha guidato e mi ha dato soprattutto fiducia. Lavorando con Luigi io ho imparato tantissimo, semplicemente osservando qualunque cosa facesse mentre era sul set. Era veramente una cosa incredibile. Per quanto riguarda il personaggio di Ettore, sono andato a fare delle ricerche ma come diceva Gianni, oltre che una storia riguardo il caso Braibanti è una vera e propria storia d’amore e quindi ho tirato fuori il personaggio semplicemente dalla sceneggiatura e dalle battute, era tutto scritto lì. Io ho fatto del mio meglio per dargli giustizia.

Al regista. A un certo punto appare la Emma Bonino di oggi e non dei tempi in cui è ambientato il film. Perché questa scelta?
Gianni Amelio: Ho saputo da Emma Bonino che lei nel ’68 non faceva assolutamente parte del Partito Radicale infatti mi ha chiesto come mai io avessi voluto lei come testimone di un periodo quando avrei potuto prendere un sosia giovane di Pannella. Vorrei rendere e raccontare la battaglia forte che i radicali hanno fatto per Braibanti e per la società italiana. Perché è stato il partito che si è esposto di più, che ha avuto più coraggio. Il Partito Radicale ha fatto cancellare nel 1981 il famigerato reato di plagio. Volevo rendere omaggio al Partito Radicale e mi sembrava che fosse più degno vedere Emma Bonino come è oggi, che non invece una comparsa qualunque che facesse il sosia di Pannella.
Sara e Anna Caterina, i personaggi femminili di questo film, sono molto importanti e rappresentano un punto di vista forte. Vorrei cominciare con Anna Caterina chiedendo intanto la sua prima esperienza come attrice. Che cosa è stata questa esperienza e che cosa le ha regalato questo personaggio?
Anna Caterina Antonacci: È la mia prima esperienza d’attrice dopo quarant’anni di carriera come cantante. Hanno voluto propormi questo ruolo in modo del tutto inaspettato per me e io ho seguito con entusiasmo e forse anche con incoscienza questa proposta. È stata un’esperienza che ha cambiato la mia vita perché è completamente diversa dal lavoro che si fa in teatro e nel teatro musicale. Ho avuto molta paura ma mi hanno rassicurato sul fatto che io sia guardabile. È stata una grandissima esperienza lavorare con tutti loro. Il personaggio, a differenza dei personaggi negativi dell’opera, è senza scuse, senza senza luce. Non è giustificabile però mi è piaciuto proprio questo, l’ottusità totale e senza luce di questa donna che decide di sacrificare e di distruggere il proprio figlio pur di non lasciarlo alla sua scelta di “anormalità”. Ho voluto sostenere comunque la negatività di questa donna meglio che ho potuto.

Il tuo personaggio è quello di uno di quei giovani che in quegli anni cominciavano a capire la necessità del cambiamento. Che cosa è stato per te incontrare il tuo personaggio?
Sara Serraiocco: Graziella è un personaggio sensibile, forte e allo stesso tempo deciso, una ragazza dagli ideali forti che nel suo piccolo cerca di sensibilizzare l’opinione pubblica attraverso comizi, rivolte studentesche. Ho avuto maggiore interazione con Elio Germano, che interpreta Ennio, mio mio cugino nel film, abbiamo avuto modo di stare sul set e di creare una grande empatia tra di noi. Penso che questa storia sia importante dal punto di vista dell’opinione collettiva perché il controverso reato di plagio cela una condanna all’omosessualità.
