Pelican Blood (Pelikanblut) di Katring Gebbe, film d’apertura della sezione Orizzonti alla 76ª Mostra del Cinema di Venezia, rappresenta l’amore feroce di una madre per le proprie figlie, una donna disposta a tutto pur di proteggerle.
La seconda bambina
Il film Pelican Blood (Pelikanblut) di Katrin Gebbe, presentato nella sezione Orizzonti alla 76ª Mostra del Cinema di Venezia, racconta la storia di Wiebke (Nina Hoss) che vive con la figlia adottiva di nove anni, Nicolina (Adelia-Constance Giovanni Ocleppo), in un idilliaco allevamento di cavalli. Dopo aver atteso molto tempo, ora ha la possibilità di adottare Raya (Katerina Lipovska), bambina di cinque anni, per dare a Nicolina la sorella che ha sempre desiderato. Le prime settimane trascorrono in armonia, e le sorelle vanno d’amore e d’accordo. Ma poco dopo, Wiebke capisce che Raya, inizialmente timida e incantevole, sta diventando sempre più aggressiva e costituisce un pericolo per sé stessa e per gli altri. La madre dovrà presto spingersi oltre i propri limiti e prendere delle decisioni estreme per proteggere le sue piccole.
Oltre ogni limite
Il titolo Pelican Blood si riferisce all’immagine della madre pellicano che nutre i suoi piccoli con il suo stesso sangue per cercare di riportarli in vita. Ed a questo si collega il tema centrale del film: una madre disposta a qualsiasi cosa per salvare le proprie figlie, contro ogni dogma, convenzione sociale o persona, addirittura contro se stessa. Raya è aggressiva, distante, fredda, non sembra volere l’amore della madre o della sorella, ma Wiebke non si arrende, come se solo lei riuscisse a vedere in Raya quella dolcezza, innocenza e sofferenza che la bambina porta con sé.

Dal particolare al generale
Il film Pelican Blood è un insieme di generi che creano tra loro un ottimo equilibrio, nonostante siano molto differenti. Si passa dal thriller al dramma familiare, sfociando a volte nell’horror e nel soprannaturale. In una campagna desolata dove la famiglia viene allontanata e si autoesclude sempre di più da un mondo che non capirebbe, la lotta di Weibke è estenuante, frustrante e pericolosa. La regista Katrin Gebbe analizza più situazioni: l’emarginazione, la società che impone concetti come la normalità e la diversità dandone un’immagine assoluta, condivisa da tutti e immutabile.
Occhi diversi
Raya appare sicuramente una bambina pericolosa, superficialmente sarebbe forse solo una persona traumatizzata e da allontanare, ma Pelican Blood e quindi la sua protagonista guardano oltre e Weibke tenta di tutto. Coinvolgente e con tutti gli ottimi elementi del thriller il film si alterna tra scene in cui Raya appare pericolosa, altre in cui sembra una bambina docile e buona, e scene che rappresentano la disperata ricerca di Weibke di far uscire fuori da Raya un’anima imprigionata da qualcosa che ha vissuto. Le ottime interpretazioni degli attori, in particolare delle due giovanissime Katerina Lipovska e Adelia-Constance Giovanni Ocleppo rendono ancor di più il film difficile da decifrare fino alla fine.

Accettazione
Raya è davvero una bambina come le altre, che ha subito un trauma e che cerca con difficoltà di superare? Nel cercare una spiegazione e dare una risposta il film rischia di perdersi, confondendosi poi con troppi generi e dando alla storia un’accezione soprannaturale non chiara da subito. Con una luce cupa e fredda, tipica della campagna in cui è ambientata, a simboleggiare forse le difficoltà, ma soprattuto il mistero che avvolge la vicenda, e una regia lineare e semplice, Pelican Blood cattura qualsiasi spettatore fino ad un finale che rischia però di non soddisfare pienamente.

Pelican Blood (Pelikanblut) di Katrin Gebbe, con Nina Hoss, Katerina Lipovska, Adelia-Constance Giovanni Ocleppo, è in concorso alla 76ª Mostra del Cinema di Venezia nella sezione Orizzonti.