Venezia 76, conferenza stampa di Seberg. Kristen Stewart: “Oggi sono pronta a tutto!”

Venezia 76, la conferenza stampa di Seberg con Kristen Stewart

Kristen Stewart è la protagonista di Seberg, la pellicola che racconta la storia dell’attrice Jean Seberg. Il film è stato presentato in anteprima alla Mostra del cinema di Venezia e l’artista è intervenuta in conferenza stampa accanto al regista Benedict Andrews, agli sceneggiatori Anna Waterhouse e Joe Shrapnel, al cast composto da Anthony Mackie, Jack O’Connell, Zazie Beets e Margaret Qualley.

Prima di tutto complimenti, è un film sensazionale, un pezzo di storia. Poi, per Kristen Stewart, cosa pensa di questa risurrezione di Jean Seberg che era stata dimenticata? Per il cast: cosa accadrebbe oggi se una celebrità interferisse nelle attività politiche di un qualsiasi governo, visto che siamo tutti monitorati? La popolarità porterebbe lo stesso tipo di interesse?

Kristen Stewart: spero che non venga registrato questo! Ho conosciuto Jean solo come un’immagine, qualcuno che effettivamente ha fatto questo gesto. Come attore o attrice vuoi preservare la tua capacità di collegarti con la gente, di avere un rapporto con la gente. C’è un gioco che bisogna giocare a volte per mantenere l’onestà dentro di sé e lei lo ha fatto. Ma la cosa curiosa di questa storia è che non mi ero accorta della fame che c’era nei suoi occhi, della necessità esuberante di collegarsi con la gente. È questo che l’ha resa così brava sulla scena. Poi ho capito che era veramente appassionata nella sua preoccupazione umanitaria, in un momento in cui la gente non voleva davvero guardare. Ciò l’ha davvero mossa. La conoscevo solo come una donna che ha avuto un crollo per una serie di motivi, ma questa storia è importante e lo è soprattutto oggi. Sacrificarsi per una buona causa è molto coraggioso. Questa storia personale così tragica dovremmo conoscerla molto di più, non dovremmo ricordarla solo per dei capelli tagliati così corti.

Venezia 76, Kristen Stewart alla conferenza stampa di Seberg
Kristen Stewart alla conferenza stampa di Seberg

Benedict Andrews: sempre nell’ambito della sua resurrezione, oggi è il quarantesimo anniversario della sua morte. Lei è scomparsa proprio questo giorno 40 anni fa a Parigi. È molto commovente per noi che abbiamo incarnato questa storia commemorarla così.

Zazie Beets: per quanto riguarda l’altra parte della domanda, no non credo che artisti che esprimono pareri politici verrebbero monitorati perché possono toccare il pubblico. Questo accade in molti Paesi! Ci sono attivisti, figure pubbliche che esprimono pareri contro il governo in generale. Oggi però ci sono modi più sottili per influenzare chi è contro i voleri del governo. È una risposta debole, lo so, chiedo scusa!

Kristen Stewart: ma le cose oggi sono così polarizzate e in un certo senso vanno bene così. Bisogna fare attenzione alla politica, è tutto bianco o nero. Le cose sono generalizzate, credo che ci siano troppi di noi per sceglierne uno solo. Viviamo in questo modo molto pubblico quindi non c’è bisogno di frugare nelle nostre e-mail per sapere qualcosa. Secondo me se qualcuno volesse presentarsi come una grande minaccia all’America non credo che sarebbe una posizione così speciale, che saresti seguito.

Come si è stata la genesi del film? Si tratta di un progetto di 15 anni, questa storia non era mai stata raccontata. Come mai ci avete messo così tanto?

Benedict Andrews: ogni storia ha la sua vita. Questa ci ha messo 15 anni e 15 anni fa le idee erano diverse per quanto riguarda i confini tra pubblico e privato. Abbiamo aspettato che la gente venisse insieme per fare questo film e ciò è avvenuto in questo momento quindi il film si è fatto. […] Non conoscevo la sua storia prima di leggere la sceneggiatura. Solo allora ho imparato la distruzione di questa vita dovuta al soffocamento che ha subìto. Jean è al centro del film ma noi la consociamo solamente attraverso la visione dell’Fbi. Questo è molto importante. A teatro ho lavorato con attori straordinari e sono riuscito a capire il processo che fanno e il coraggio per andare in scena, per andare davanti alla macchina da presa per raccontare la verità. La macchina da presa e il teatro rivelano ogni parte di te, bisogna utilizzare ogni parte di sè. E Jean era così, voleva dire la verità sia sullo schermo che nella vita. Lei era così, voleva cambiare il mondo, fare la differenza. A causa di questo la sua vita provata è stata distrutta dall’Fbi. L’idea che sia un’attrice che vive in una gabbia di vetro, poi vedere la sua vita privata minata dall’Fbi per motivi politici, l’ho trovata una storia molto particolare, speciale, molto attinente e molto moderna soprattutto oggi.

Venezia 76, il regista Benedict Andrews alla conferenza stampa di Seberg
Benedict Andrews, regista di Seberg

La prima domanda per Benedict: i può parlare della scenografia del film? Poi, per Kristen: questo film non è solo un omaggio a Jean Seberg ma anche alla Nouvelle Vague, qual è il suo rapporto con il cinema francese?

Benedict Andrews: avevo visto alcuni lavori dello scenografo Jahmin Assa e in effetti ha un occhio enorme per il dettaglio. Volevamo far vedere questo periodo di Los Angeles senza cliché: Jean vive tra due mondi, da una parte vive a Parigi con lo scrittore Romain Gary e dall’altra a Los Angeles. Poi si sposta tra vari mondi di Los Angeles, come vediamo all’inizio. Jahmin ha trovato autenticità nella scenografia che dava un senso di autenticità al periodo e volevo farlo vedere in modo particolare. Anche i costumi e la fotografia sono fantastici e Jean aveva un’eleganza incedibile.

Kristen Stewart: se leggete le recensioni dei suoi film delle sue performance, c’era una sorta di naturalismo nella sua recitazione, era onesta […], trasportata dai suoi sentimenti. Il fatto che fosse ben accolta nel suo Paese e anche in Francia le ha consentito di correre anche dei rischi. Sicuramente è stata identificata con questo tipo di personaggio nella mente delle persone. Io ho lavorato su questa cosa, ho cercato di essere me stessa. Questo non è un film di tipo commerciale ma conoscendola ho sentito anch’io il desiderio di essere accettata. Lei voleva lavorare in questo modo, non tutte le attrici volevano essere guardate come lei. Jean invece sembrava dire “Guardatemi, sono vera”. Ha trovato un’accoglienza benevola nel cinema francese proprio per questo suo atteggiamento di verità.

Kristen, già all’inizio della tua carriera eri sotto alla luce dei riflettori ma adesso stai vivendo una seconda popolarità. Sei più pronta rispetto a quando eri più giovane?

Kristen Stewart: ma io adesso sono pronta a tutto! Sono così orgogliosa delle persone con cui ho lavorato recentemente e voglio che anche il pubblico li vedano. Non sono assolutamente intimidita. Vorrei cercare di toccare terra, per così dire, ma al contempo non ci penso su troppo. Non voglio privarmi di questa esperienza così centrale, ci sono cose che ho fatto, come essere una leader nella mia vita, ho fatto molto istintive nell’ultima parte della mia carriera. La sensazione che ho è di vivere tutto ciò in modo molto naturale.

Mi sembra che il film si concentri molto sulla storia di Jean con Romain Gary, non tanto sulla sua vita come attrice.

Benedict Andrews: Jean in ogni aspetto di questa storia è soltanto la punta dell’iceberg, ci sono tante storie che si intrecciano. Si potrebbero fare delle serie Netflix su ognuno di loro! Jean nel suo rapporto con Gary è molto interessante ma c’è tanto altro da narrare nel film. […] A noi interessa capire che cosa accade ad una donna sottoposta a questo tipo di scrutinio, di analisi, a questa pressione. È una sorta di incubo, non si sa cosa sia vero e cosa no. Noi assistiamo alla distruzione. L’Fbi ascolta la sua vita usando le stesse attrezzature che si utilizzano per fare cinema: microfoni, cineprese, telecamere… Ma raccontano un’altra storia, quelle quelle che oggi chiameremmo ‘fake news’, delle menzogne. Noi osserviamo come vengono distrutte anche le altre vite da questa campagna perpetrata contro la sua libertà. Ci sono molti altri aspetti della vicenda che sarebbero interessanti ma vogliamo vedere come delle menzogne possono essere usate come un’arma. Vogliamo analizzare la guerra contro Jean ma anche contro i neri d’America.

Anna Waterhouse: noi siamo sempre più interessati al personaggio, c’è un plot che è determinato naturalmente da ciò che avviene al personaggio in questo lasso di tempo. In questo film abbiamo cercato di aprire una finestra, vogliamo vedere che cosa accade e se tutto ciò che accade è vero. Noi abbiamo scritto basandoci sul vissuto del personaggio, cercando di analizzare il processo di creazione cinematografico di Jean ma ci interessava ancora di più sapere chi fosse e come potesse interagire con tutti gli altri nella sua vita. Soprattutto con quest’uomo potente. Lei in fondo è molto vulnerabile.

Joe Shrapnel: siamo rimasti affascinati dallo sviluppo della sua carriera ma ci interessava di più la parte privata del personaggio pubblico. Da un punto di vista drammatico è più interessante rispetto a ricreare una vita esterna già vista. È stata una scelta consapevole. […]

Venezia 76, la sceneggiatrice Anna Waterhouse alla conferenza stampa di Seberg
Anna Waterhouse, sceneggiatrice di Seberg insieme a Joe Shrapnel

Il collegamento emotivo tra i personaggi viene sentito molto dallo spettatore. Il regista e lo sceneggiatore hanno lavorato per creare un collegamento tra i personaggi di Jack e Jean, che ci porta forse alla fine del film (molto brillante)?

Benedict Andrews: credo che il motore segreto della cinematografia sia proprio il rapporto segreto tra due persone che quasi non si incontrano. Jean è il centro del tornado in un certo senso e alla fine della scrittura con questo cast siamo riusciti a sentire nel dettaglio la vita che si sviluppa intorno a lei e intorno all’intera storia. Ci sono due persone che sembrano camminare in parallelo, vediamo Jean e prima siamo affascinati da lei, poi ne siamo ossessionati, poi l’ossessione diviene pericolosa. Osservandosi, i due personaggi imparano a conoscersi in profondità, con compassione. […] C’è una danza tra i due personaggi, quando i due si vedono all’aeroporto lei guarda indietro e in fondo quello è il loro primo incontro. Questa era una mia preoccupazione come cineasta: consentire al pubblico di vederlo. Per me ha un valore cinematografico molto importante. Jack diventa il primo pubblico di Jean ed è una bellissima idea, che è stata espressa in fase di scrittura, durante la realizzazione della sceneggiatura.

Nel film c’è una frase bellissima: ‘La rivoluzione ha bisogno delle stelle del cinema’. Come la pensate? Come vi rapportate con i paparazzi, il fatto di essere seguiti sui social o in strada, insomma di non avere più una vita privata?

Kristen Stewart: non vado sui social ma comunque c’è un’interazione col pubblico. C’è questo clima che stiamo vivendo al momento nel quale non è difficile per me esprimere delle opinioni politiche. Nelle conversazioni e nel lavoro che faccio si vedono le mie opinioni politiche. Mi piace questa sorta di interazione, mi sento fortunata. In certi casi ti senti frustato, pensi di non potercela fare ma se cerchi di allontanarti da questa immagine qualche volta ti senti di dover rinunciare. Quand’ero più giovane ero più insicura ma ora mi sento aperta alla comunicazione con gli altri. So cosa pensano gli altri di me ma non mi devo nascondere. Mi sento bene, è una buona sensazione. […] Non sono impegnata politicamente ma non nascondo le mie idee.

Questi giovani sono interessati alla vita, alla politica, ai movimenti per i diritti civili. Agiscono insieme, magari anche in modo caotico, ma condividono una passione per la giustizia. Mi chiedo: c’è qualcosa di questo che può essere replicato nei film?

Zazie Beets: credo che sia interessante vedere in questo film il fatto che ci sia proprio un desiderio di unirsi ad un movimento per la giustizia sociale, di diventare attivisti, di lottare per i diritti civili. Il film parla di questo ma non solo. I personaggi vivono una vita separata.  ma c’è un’esperienza condivisa nei personaggi. Jean è una donna che può fisicamente andare a Parigi e poi parlare con i media americani. Questi sono elementi che esistono ancora negli Stati Uniti, oggi non possiamo sfuggire e il film parla anche di questo. Vogliamo fare tutto il possibile. Da un punto di vista psicologico Jean non può sfuggire mai a quella sorta di punizione che il governo le infligge, una fine così tragica che è tragica anche per noi. Questi rapporti si infrangono, si sbriciolano. Anche tra me e Jean accade. Oggi c’è un coinvolgimento con le celebrities, abbiamo sollevato questo problema. Dobbiamo andare a parlare di cose che non noi non reputiamo importanti solo per noi che viviamo una vita privilegiata, sono importanti per tutti. Dobbiamo far sentire la nostra voce ma dobbiamo anche stare attenti a non creare una cultura di propaganda politica. È una questione complessa, non credo che si possa dare una risposta chiara e netta a questo interrogativo.

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