Venditti e De Gregori, ecco il concerto all’Olimpico: «Sarà un evento unico!»

Francesco De Gregori e Antonello Venditti - incontro stampa Olimpico 2022 (foto Ivan Zingariello)
Francesco De Gregori e Antonello Venditti - incontro stampa Olimpico 2022 (foto Ivan Zingariello)

Antonello Venditti e Francesco De Gregori hanno presentato il loro concerto-evento di stasera allo Stadio Olimpico di Roma, con ben 32 brani in scaletta e un sold out da 44.000 biglietti, ecco cosa ci hanno raccontato

In attesa di vederli insieme stasera sul palco dello Stadio Olimpico di Roma, si è svolto nel pomeriggio l’incontro stampa con Antonello Venditti e Francesco De Gregori.

I due baldi settantenni non hanno nulla da invidiare alle nuove generazioni e sono carichi e pronti per questo attesissimo concerto-evento che ha fatto registrare il sold-out con oltre 44.000 biglietti venduti, e che darà il via al loro tour Venditti & De Gregori., per il quale proprio oggi hanno annunciato una nuova data aggiuntiva, il 5 ottobre all’Arena di Verona (biglietti dalle ore 10 di lunedì 20 giugno). Ecco cosa ci hanno raccontato.

Nel corsi di tutti questi anni vi è capitato di intonare una canzone dell’altro?

De Gregori: Inevitabile.. Una canzone mi piace tantissimo è Che fantastica storia è la vita. Altre le ho riscoperte adesso, condividendole con lui. Altre assolutamente insospettabili e fuori dalla mia portata, ad esempio Unica, una canzone che mi ha conquistato.

Venditti: Intonate magari cambiando le parole (ride). Le conosco tutte quelle di De Gregori. A me piace tanta musica, rock ecc. ma con Francesco c’è affinità, amicizia e stima. Anche se non volessi fa parte della mia vita, e anche musicalmente soprattutto. Questo concerto è come fosse un’unica grande canzone. Non è il concerto di “due”, noi siamo due in uno. Fantastico.

Come introduzione avete scelto Così parlò Zarathustra di Strauss, che utilizzava un grande come Elvis come intro degli spettacoli negli anni ’70. C’è un nesso?

DG: Io non lo sapevo. Io avevo in testa 2001: Odissea nello spazio, poi siamo onorati che l’abbia usata Elvis.

V: È anche dissacrante no? A noi sembra normale ma è tutto anormale. Sono 50 anni insieme, ma neanche i gruppi storici hanno compiuto quello che non avevano compiuto prima. Non è la reunion dei Pooh, loro hanno suonato insieme, noi no. È una cosa strana quella che facciamo ed è forte per questo.

Antonello a Jesolo hai annunciato il tour dicendo “Adesso siamo pronti, l’avessimo fatto prima non saremmo stati pronti“.

V: Questa storia è cominciata nel 2018, abbiamo 4 anni di ritardo. Io penso che i tempi siano giusti oggi. Adesso ci stiamo conoscendo talmente bene musicalmente che adesso siamo quasi pronti a fare un concerto insieme.

DG: Sono i 50 anni dall’uscita del nostro primo album.

In questi 50 anni è cambiato il Paese e come si fanno i dischi. Invece l’approccio al palco e al concerto è cambiato?

DG: L’approccio cambia concerto dopo concerto. Ogni concerto non è mai uguale a un altro e per me è stato sempre l’inaugurazione di qualche cosa. Stasera sono consapevole di fare un concerto in questo spazio smisurato e bellissimo, c’è questa variabile in più, ma non è la cosa che mi impressiona di più: fossimo all’Atlantico sarebbe la stessa cosa.

V: Io ho vissuto concerti enormi anche più di questo, ma l’approccio che ho e la tranquillità, anche un po’ incosciente, che ho stasera non l’ho mai avuta. Quindi per me ha un effetto positivo, non di dimostrazione di nulla. Noi canteremo per noi e per voi, senza avere punti di riferimento. È una sorpresa anche per noi, ogni volta che cantiamo insieme ci sorprendiamo. È una cosa molto forte. Io mi sento molto diverso da quello del Circo Massimo e delle adunate. Ho già vissuto tutto, ho visto 1 milione e 800 mila, quattro Circo Massimo da mezzo milione. Non possiamo andare sulla quantità, che non si vede, perché è la qualità che si sente, che è quella che ci interessa di più.

Leggendo la scaletta sarà un continuo di emozioni, ci sarà il momento “cartolina” del concerto, quello che colpirà maggiormente la gente?

DG: Vorrei che fosse tutto il concerto. Spero non ci sia un pezzo che si stacca. Facciamo Canzone di Lucio Dalla che inevitabilmente sarà il punto esclamativo del concerto ma per altri motivi. Sarà sicuramente emozionante.

V: Non c’è un modello di riferimento. Sarà un concerto diverso da tutti gli altri. Oggi i concerti sono tutti uguali, se non ci fosse il problema che la gente non ti vede, quei maxischermi non li avrei mai voluti. Tutti uguali, cambia solo l’omino che è sul palco, il resto è tutto uguale. Il fatto che ci siano delle persone che ci ascoltano di persona è già un fatto positivo. Il nostro concerto è uno dei pochi che i biglietti li ha venduti adesso, non prima della pandemia. Non stiamo recuperando date, che vuol dire che l’interesse è vero e di tutte le generazioni, e questo ci fa enormemente piacere.

In scaletta si nota l’assenza di due brani che raccontano il vostro rapporto, ovvero Piano bar e Scusa Francesco, come mai? È per cancellare la conflittualità avuta in passato?

DG: Smentisco ancora una volta, la storia di Piano bar dedicata a Venditti non è vera, come pure su internet si legge che Buonanotte fiorellino sarebbe dedicata la mia prima moglie morta in un incidente aereo (ride). Manca sempre qualcosa. Non possiamo fare un concerto di 60 brani. Al prossimo metteremo Piano bar e la canterà Antonello (ride).

V: Una canzone superata dalla storia e sotterrata dal fatto che siamo qui. Una canzone scritta quando andai via dalla RCA, sapendo che non avremmo più potuto cantare per via di ferrei contratti. Invece oggi tutto è possibile.

In tempi di musica liquida, di rap e di trap, voi vi sentiti dei sopravvissuti o dei reazionari?

V: Ma noi siamo un fiume in piena, siamo completamente liquidi, amore! (risate) In questi tempi malefici di andare avanti e indietro nel tempo, perché chiedersi dove andiamo, perché viviamo…

Francesco De Gregori e Antonello Venditti - incontro stampa Olimpico 2022 2 (foto Ivan Zingariello)
Francesco De Gregori e Antonello Venditti – incontro stampa Olimpico 2022 (foto Ivan Zingariello)

Il vostro rapporto con Roma, visto che siete entrambi figli di questa città martoriata.. violentata…

V: Martoriata? Porcaccia, no ma dai.. forse lo sarà qualche altra città. Macché violentata. Noi ci viviamo da oltre 70 anni e non lo è.

DG: Noi siamo dei sopravvissuti.

V: Ma parla per te! (risate)

DG: Auguro a tutti i giovani, che oggi suonano e cantano delle bellissime canzoni, di sopravvivere come noi…

V: Io mi sento creativo e credo di stare più avanti di centinaia di migliaia di persone nel mondo. Io non mi sento sopravvissuto, neanche un povero cristo, sennò che senso ha. Globalmente è un discorso di genere. È mobbing (ride). La domanda su Roma è sempre la stessa, se c’è la Raggi, questo o quell’altro è sempre la stessa domanda. Roma è bella a prescindere e si regge a prescindere da tutto. Roma è stupenda, avrà i suoi problemi che sono però nettamente superati dalla sua bellezza.

Perché sarà un “concerto unico”? E a 50 anni dal vostro primo disco come è cambiato il vostro rapporto.

V: Per l’unicità spero si vedrà la differenza.

DG: Ci siamo visti più spesso.

V: Ci siamo visti più in questi quattro anni che prima. Il nostro discorso si è compiuto. Ci possiamo mandare affanculo direttamente e non per sentito dire. E ce lo diciamo come amici, non da competitors. Per me la bellezza delle canzoni di Francesco è stata come la mia, i suoi successi sono stati i miei. Come due fratelli. Alla fine è tuo fratello, lo stimi. Poi ci sono periodi di alti e bassi, ma la sostanza è la fratellanza.

Che sonorità avrà il concerto, viste le vostre differenze musicali?

DG: Non credo penda da nessuna parte, c’è una meravigliosa e virtuosa collisione di mondi sonori. Non c’è piattezza. Lui vive un suono, io ne vivo un altro. Le due voci uniscono questi due suoni, io canto le canzoni di Antonello e lui le mie, quindi fanno da ponte a questi due suoni. Non è mai stato un attrito ma è anzi una marcia in più.

V: Sono d’accordissimo Quando i discografici ci chiedono un nuovo inedito, ecco, più inedito di questo!? Noi viviamo queste canzoni come se le avessimo fatte adesso, concepite da due menti, due suoni, due voci. E poi abbiamo un grande gruppo, ma veramente grande. Questa fusione c’è già da due anni.

DG: Il gruppo si è formato con elementi che arrivano dalla mia storia e da quella di Antonello. Vecchi compagni di merende.

Dolce signora che bruci, perché l’avete scelta e cosa significa per voi 50 anni dopo.

DG: L’abbiamo scelta perché ci viene bene, la legge dello spettacolo è “fai le cose che funzionano”. Ed è anche l’unica scheggia della nostra storia antica, l’unica che testimonia quel 1972.

V: Io penso che la scaletta sia una cosa magica, è molto pensata. La storia è talmente bella, anche questo fraseggio tra il nostro essere, ci sono canzoni che vanno sullo stesso ritmo, sullo stesso filo conduttore, quindi si rispondono. Noi abbiamo seguito proprio una sceneggiatura, la nostra vita. Ed è bello, un concerto che inizia con verità.

La difficoltà di fare una scaletta, vi è venuta naturale o siete dovuti scendere a compromessi? Se doveste regalare un brano all’altro?

DG: La scaletta si è formata strada facendo, abbiamo iniziato le prove con 35 canzoni e ora sono 32, quindi ci si ragiona, però i pezzi da fare sono sempre stati quelli.

V: Quando il concerto è bello, nessuno dice “quello non l’ha fatta..”. Quando la scaletta è giusta.. poi dici “cazzo”. Io quando canto e finisce il concerto dico “cazzo, pure questo ho fatto?”, però ne mancano 20 e nonostante questo…

Il pregio dell’altro che vorreste avere?

DG: Antonello ha un’alta tolleranza alla banalità.

V: Io invidio a lui l’intolleranza alla banalità. L’atteggiamento che uno ha nella vita è dovuto anche all’esperienza. Io sono più filosofo che falegname adesso. Io oggi sono in grado di godermi ogni momento della mia vita, non tornerei un passo indietro, non ho un rimpianto né un rimorso. Sto qui, benissimo, e me la godo.

Che risposta vi aspettate dal pubblico, che sarà seduto?

DG: Io spero che si alzino. Ieri abbiamo fatto la prova generale davanti a uno stadio vuoto ed era bellissimo. Abbiamo portato le salsicce buone per fare un bel barbecue oggi.

Può essere Il vestito violinista una canzone per esprimersi oggi contro la guerra?

DG: Le canzoni hanno un loro significato, una loro storia. Poi ognuno può associarla ad un momento particolare.

V: Andare a cercare una canzone contro la guerra. Le canzoni sono canzoni. La vita la vivo, non posso pensare che mentre parliamo stanno morendo bambini. Parlano le nostre canzoni, non c’è bisogno di sventolare la pace, la guerra, quella è demagogia. Non puoi sempre avere attualità. Noi facciamo più storia e filosofia che attualità.

Con gli anni si smussano tanti lati del carattere, facendo un salto all’indietro, un tour così in sintonia 40 anni fa sarebbe stato possibile?

DG: Penso di sì, forse no.. Mi chiedi la storia fattuale… Slidind Doors.. sì, no, chi lo sa.. Una bella domanda, ma la mia è una brutta risposta.

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