La recensione di Undine: un amore è per sempre, presentato al 70° Festival Internazionale del Cinema di Berlino: una moderna rivisitazione del mito di Ondina, che permette al regista Christian Petzold di dimostrarsi ancora una volta perfettamente a proprio agio nel genere
Undine, Johannes e Christoph
Undine (Paula Beer, che per questa interpretazione si è aggiudicata l’Orso d’Argento come Miglior attrice protagonista al 70° Festival Internazionale del Cinema di Berlino) lavora come guida nel museo della città di Berlino, dove illustra l’architettura della città ai turisti. Un giorno viene lasciata dal fidanzato Johannes (Jacob Matschenz), ma non accetta la sua decisione. Al contrario, giura di ucciderlo se lui non le dichiarerà amore eterno. Per fortuna la giovane riesce a lasciarsi alle spalle la delusione non appena incontra Christoph (Franz Rogowski), un palombaro del quale non può fare a meno di innamorarsi follemente. La loro è una relazione solida e felice, basata sulla fiducia reciproca. Undine lo segue perfino nelle sue immersioni in un bacino idrico. Peccato che Christoph percepisca che la sua innamorata le stia nascondendo qualcosa. Sarà l’antica maledizione di Ondina a dare nuova forma alle cose.
La maledizione di Ondina
Undine: un amore è per sempre attualizza il mito di Ondina, la sua antica maledizione e l’omonimo racconto del 1811 di Friedrich de la Motte Fouqué. È per questo che il triangolo amoroso tra i tre personaggi principali si tinge di delicate sfumature soprannaturali. Secondo un’antica maledizione, infatti, Undine dovrebbe uccidere l’uomo che l’ha tradita e poi tornare nell’acqua da cui in passato è andata via. Il ritrovato amore con Christoph sconvolge gli equilibri, ma alla fine il destino di Undine si conferma controverso. È questa probabilmente la migliore espressione del cinema di Christian Petzold (basti pensare a Phoenix – Il segreto del suo volto, che attinge al mito della fenice), regista tedesco che si dimostra perfettamente a proprio agio all’interno di simile dinamiche. Il suo è un film da Festival, per questo non sorprende affatto che abbia raccolto i consensi della critica internazionale.

Simbologia accurata
Quanto al pubblico, Undine probabilmente è destinato a dividerlo. La delicatezza della storia, che lascia molto all’immaginazione e al non detto, potrebbe non incontrare un’approvazione unanime. Affascina tuttavia la gestualità dei personaggi, come del resto anche la profonda simbologia di cui è rivestita l’intera vicenda. Un esempio lampante è costituito dalla statuetta a forma di sommozzatore pegno d’amore tra Christoph e Undine, oppure l’acquario che si rompe sopra di loro durante il primo folgorante appuntamento. La sceneggiatura appare estremamente curata, dai tratti onirici ma che comunque non screditano la verità delle immagini.
Mitologia e melò
Oltre all’aspetto mitologico, la pellicola presenta alcune caratteristiche tipiche del melò (silenzi e atmosfere rarefatte comprese). La storia d’amore di questa giovane donna è velata da un malinconico romanticismo, anche perché il sentimento – prima quello per Johannes e poi quello per Christoph – sembra uccidere e far rivivere la sua anima in un saliscendi di emozioni. Deliziosa la coppia composta da Paula Beer e Franz Rogowski, affiatatissimi e ben assortiti. Undine: un amore è per sempre è un film al quale approcciarsi senza preconcetti, da guardare lasciando da parte la propria parte più razionale. L’obiettivo: assaporare la sua eleganza e il suo alone extraterreno, senza farsi condizionare dalla pura logica.
Undine: un amore è per sempre, presentato in anteprima alla Berlinale 2020, è distribuito da Europictures ed è stato proiettato nelle sale italiane per un periodo limitato dal 24 settembre 2020, prima della seconda chiusura dei cinema. Nel cast anche Maryam Zaree, Anne Ratte-Polle, Rafael Stachowiak, José Barros e Julia Franz Richter.