Una notte di 12 anni, recensione del commovente film sulla crudeltà umana

Una notte di 12 anni - locandina

Una notte di 12 anni, di Alvaro Brechner, racconta gli anni di prigionia di tre uomini, appartenenti al movimento di guerriglia Tupamaro, e la loro forza nell’affrontare un mondo che sembrava averli voltato le spalle.

4380 giorni

Una notte di 12 anni, il film di Alvaro Brechner, basato su fatti realmente accaduti, è ambientato nel periodo che va dal 1972 fino al 1984, durante il quale l’Uruguay era sotto il controllo di una dittatura militare. Una notte di autunno nove prigionieri del movimento di guerriglia Tupamaro vengono portati via dalle loro celle per un’operazione militare segreta. Il racconto si concentra su tre di loro: José Mùjica (Antonio de la Torre), Eleuterio Fernàndes Huidobro (Alfonso Tort) e Mauricio Rosencof (Chino Darìn). Per 12 anni i prigionieri restano in isolamento, legati, denutriti, privati di necessità fondamentali, avvolti dal silenzio; l’ordine dell’esercito era infatti quello di condurli alla pazzia, non potendo ucciderli.

Niente è impossibile

Il film racconta la storia di come tre delle figure più note dell’Uruguay siano riuscite a sopravvivere in terribili condizioni, attraverso la volontà, la determinazione, la creazione di un mondo immaginario in cui riuscivano a sfuggire alla crudele realtà di cui erano vittime. Una notte di 12 anni arriva dritto al cuore per insegnare che non bisogna arrendersi, mai, neanche di fronte a ciò che sembra impossibile da sopportare. I tre prigionieri si ritrovano isolati, privati di qualsiasi stimolo o punto di riferimento, in una lunga discesa dove la mente si allontana dal corpo, crollando o forzandosi ad affrontare una vita di stenti, a cui nessun essere umano dovrebbe essere sottoposto.

Mauricio Rosencof (Chino Darìn) in una delle celle in cui ha passato i lunghi anni di prigionia

Chiusi tra quattro mura

Commovente e profondo, il film si svolge in pochi ambienti, spesso in celle vuote, buie, umide e spoglie. Il processo mentale di abbandono e abbrutimento che ogni personaggio affronta vengono straordinariamente espressi da piccoli gesti, sguardi, dai loro corpi logorati o da labili comportamenti di umanità da parte dei soldati. Una razione di cibo in più a Natale, il volume della radio più alto, quando trasmette una partita di calcio o un qualsiasi rumore che non sia l’inesorabile silenzio in cui vivono i prigionieri. Una storia di resistenza fisica e morale, un percorso esistenziale e sensoriale di fronte a un mondo di inconcepibile crudeltà.

Un’ottima tecnica

La regia lineare, sospesa tra elementi visionari e fortemente realistici trasmette in modo impeccabile l’esperienza dei tre prigionieri: la sofferenza, il dolore, la loro de-personalizzazione, il tormento interiore se lasciarsi ancora o continuare a combattere. La fotografia cupa in ogni interno e luminosa in ogni esterno è anch’essa il simbolo delle estreme condizioni dei tre prigionieri, straordinariamente interpretati dai tre attori, che hanno lottato con se stessi per non perdere la propria essenza umana. Tra cenni storici, momenti di denuncia, ma anche di amara ironia, Una notte di 12 anni fa piangere, a volte sorridere, ma sicuramente riflettere, riflettere sulla forza e la resistenza dell’essere umano, potenzialità che spesso neanche si pensa di avere.

Una notte di 12 anni, diretto da Alvaro Brechner, con Antonio de la Torre, Chino Darìn, Alfonso Tort, Soledad Villamil, Silvia Pérez Cruz, César Troncoso, Nidia Telles, Mirella Pascual, è uscito il 10 gennaio distribuito da Movies Inspired.

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