La recensione di Una madre, una figlia, in cui Mahamat-Saleh Haroun racconta per la prima volta una storia al femminile: il risultato è un urlo carico di indignazione
Una madre, una figlia
Nella periferia di N’djamena in Ciad, Amina (Achouackh Abakar Souleymane) vive sola con la sua unica figlia quindicenne, Maria (Rihane Khalil Alio). La scelta di restare nubile le è già costata cara: la famiglia l’ha allontanata e il biasimo dei vicini la accompagna costantemente. Il suo mondo, già fragile, crolla definitivamente il giorno in cui scopre che Maria è incinta. La ragazzina non vuole questa gravidanza, ma nel suo Paese l’aborto è condannato sia dalla religione che dalla legge. Amina si ritrova così a dover affrontare una battaglia che sembra persa fin dall’inizio ma che lei vuole combattere accanto alla figlia.
Una storia al femminile
Dopo tanti protagonisti maschili, Mahamat-Saleh Haroun decide per la prima volta di raccontare una storia prettamente femminile. I temi in ballo sono numerosi, oltre che dal peso specifico non indifferente: aborto, infibulazione, negazione dei diritti, religione, stupro. Ciò che ne deriva è un urlo viscerale, che accusa la società chiusa e patriarcale del Ciad senza vergognarsi della propria indignazione (soprattutto verso le figure maschili, secondarie ma non per questo meno avvelenate). Questo lo porta in alcuni passaggi ad eccedere nell’enfasi e a perdere di lucidità, ma la messa in scena conserva nel complesso il suo potente impatto visivo.

Protagoniste, moderne eroine
Se Haroun è bravo nel fotografare i suggestivi scenari della periferia di N’djamena, lo stesso successo accompagna anche le due protagoniste. Amina e sua figlia Maria hanno tanto da dire e riescono a farlo sia con le parole che con i singoli gesti. La loro ricchezza, capace di eleggerle a moderne eroine, non accompagna tuttavia i personaggi secondari. Questi purtroppo vengono lasciati sullo sfondo e non sufficientemente messi a fuoco. In ogni caso il problema principale risiede nel desiderio esasperato di spiegarsi senza lasciare nulla all’immaginazione. E il rischio, dietro l’angolo, è quello di smarrirsi.
Legame viscerale
Resta innegabile, tuttavia, l’empatia destinata a nascere spontaneamente nel cuore del pubblico. Il legame viscerale mamma-figlia è portato all’estremo e conferma il talento di Haroun nel portare avanti le sue battaglie facendo ricorso alla macchina da presa come unica arma. L’alternanza di campi lunghi e inquadrature più strette permette alla storia di declinarsi con ritmo ma anche con la giusta fermezza. Amina e Maria riescono così a mostrarsi solidali, unite, caparbie ed appassionate. Ed è in questo rapporto, assolutamente risolto, che il regista vince la sua sfida più importante.
Una madre, una figlia è stato presentato al Festival di Cannes e al Torino Film Festival. Arriva nelle sale italiane il 14 aprile 2022 distribuito da Academy Two. Diretto da Mahamat-Saleh Haroun, nel cast: Achouackh Abakar Souleymane, Rihane Khalil Alio, Youssouf Djaoro, Briya Gomdigue e Hadjé Fatimé Ngoua.