Un altro mondo, recensione: Vincent Lindon nel dramma sul mondo del lavoro di Stéphane Brizé

Un altro mondo - Vincent Lindon
Un altro mondo - Vincent Lindon

La nostra recensione di Un altro mondo, ultimo capitolo dell’ideale trittico di Stéphane Brizé sul mondo del lavoro contemporaneo, con Vincent Lindon dirigente d’azienda costretto a licenziare i dipendenti, presentato a Venezia

È stata la Mostra del Cinema di Venezia 2021 la vetrina attraverso cui il regista francese Stéphane Brizé ha presentato Un altro mondo, l’ideale conclusione del suo trittico che fotografa le idiosincrasie del mondo del lavoro contemporaneo, composto da La legge del mercato e In guerra. Il passaggio dalla Croisette alla laguna (gli altri due film erano stati presentati a Cannes) segna anche un cambio di prospettiva nella narrazione. Se i proletari erano stati i protagonisti dei primi due atti, in Un altro mondo è la dirigenza di un’azienda a trovarsi sotto al microscopio del regista. Ancora una volta è attraverso lo sguardo del grande Vincent Lindon che Brizé compie la sua certosina indagine in un universo burrascoso.

Un altro mondo - Sandrine Kiberlain
Un altro mondo – Sandrine Kiberlain

Il peso della responsabilità

All’inizio del film incontriamo Philippe Lemesle (Vincent Lindon), dirigente provinciale di una multinazionale produttrice di elettrodomestici, alle prese con la fine del suo matrimonio e le turbolente conseguenze del divorzio. Si tratta di uno dei motivi che causeranno nel protagonista una crisi destinata ad avere effetti determinanti sulla sua esistenza. Quando, infatti, l’azienda per cui lavora chiede a Philippe di stilare un piano di licenziamenti, necessari a contenere i costi e far fronte alla concorrenza, il direttore si scontra con le necessità dei suoi fedeli dipendenti. Un dilemma morale grava sulle spalle di un uomo apparentemente in trappola.

Un altro mondo - Vincent Lindon e Sandrine Kiberlain - Foto di Michaël Crotto
Un altro mondo – Vincent Lindon e Sandrine Kiberlain – Foto di Michaël Crotto

Quale altro mondo?

Qual è l’altro mondo a cui fa riferimento il titolo? L’opposizione tra realtà distanti e apparentemente inconciliabili costituisce l’architettura di tutta la pellicola. Al mondo dei dirigenti della multinazionale, governato dalla frenesia capitalista, fa da contraltare la realtà proletaria dei lavoratori, uniti nelle loro lotte sindacali. In un purgatorio compreso tra questi mondi c’è Philippe, consapevole tanto delle feroci leggi del mercato quanto della legittimità delle richieste dei suoi dipendenti, cui cerca in ogni modo di andare incontro. Dicotomia centrale nell’esistenza del protagonista è quella tra la claustrofobia dell’ufficio, e tutte le responsabilità che la sua posizione professionale comporta, e il mondo degli affetti, della moglie dalla quale si è separato e del figlio che necessita cure psichiatriche. Ancora, schiacciato dalle preoccupazioni che arrivano da queste due direzioni, Philippe si ritaglia un suo pezzo di mondo estraniandosi dalla realtà stessa, rifugiandosi in un limbo nel quale tutte le sue fragilità si manifestano.

Un altro mondo - Anthony Bajon e Vincent Lindon
Un altro mondo – Anthony Bajon e Vincent Lindon

Sfumature di rigore 

L’estraniazione di Philippe è resa cinematograficamente grazie a delle accortezze visive e sonore (lo sfocato, il suono ovattato) che trasformano queste scene nelle più incisive del film. L’efficacia delle stesse è da attribuire in particolare alla bravura di Vincent Lindon, totalmente credibile nell’incarnare i trambusti di un uomo fondamentalmente buono, dilaniato dal dilemma morale. Le scene ambientate nel “mondo” aziendale risultano ben congegnate al punto da restituire tanto il disagio dei dipendenti quanto la furia cannibale della legge del mercato. Al contrario le sequenze relative al “mondo” privato di Philippe sono molto più rigide, meno a fuoco. Nonostante questo la regia di Brizé riesce a dare coerenza a tutto il narrato confezionando un film che trova nella lucidità della sua indagine il suo punto di forza.

Un altro mondo. Regia di Stéphane Brizé. Con Vincent Lindon, Sandrine Kiberlain, Anthony Bajon, Marie Drucker, Olivier Lemaire, Christophe Rossignon, Sarah Laurent, Joyce Bibring, Valérie Lamond, Mehdi Bouzaïda, Jerry Hickey e Jerome Soufflet.
VOTO:

3 stelle

 

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