True mothers, recensione: Kawase parla di maternità, desiderata e negata

True mothers - Hiromi Nagasaku e Arata Iura
True mothers - Hiromi Nagasaku e Arata Iura

La recensione di True mothers, la pellicola diretta da Naomi Kawase che affronta il tema della maternità e delle adozioni: un film da guardare a cuore aperto per accogliere la sua incredibile carica emotiva

Baby Baton

Satoko (Hiromi Nagasaku) e Kiyozaku Kurihara (Arata Iuta) non possono avere figli. Dopo aver tentato cure alternative per diventare genitori, scelgono di adottarne uno e si rivolgono ad un’associazione chiamata Baby Baton. In un luogo incantevole nella prefettura di Hiroshima, infatti, la responsabile Shizue Asami (Miyoko Asada) accoglie ragazze incinte, spesso molto giovani, che non potranno tenere con sé i propri bimbi. Una di loro, Hikari (Aju Makita), affida il figlio Asato (Reo Sato) ai Kurihara. Tuttavia cinque anni dopo, ancora lontana dal lasciarsi alle spalle quella dolorosa vicenda, li rintraccerà per poter rivedere il bambino. I Kurihara stentano a riconoscerla: chi è quella ragazza così diversa da quella incontrata anni prima, ai tempi dell’adozione? E cosa vuole da loro?

Quando arriva (o non arriva) un figlio

Un figlio cambia la coppia in ogni caso: la cambia quando questi figli arrivano, perché alcune semplici azioni non possono più essere fatte (come affermano gli stessi protagonisti, riferendosi ad una tranquilla cena al ristorante). Ma la cambia anche quando non arrivano, perché la loro assenza lascia un vuoto destinato a mettere a dura prova gli aspiranti genitori. L’uomo, quasi privato della sua virilità, arriva persino a chiedere alla moglie di farsi lasciare. La donna, dal canto suo, appare frastornata da un dolore più grande di lei.

True mothers - Hiromi Nagasaku e Arata Iura
True mothers – Hiromi Nagasaku e Arata Iura

Società conservatrice

La prima parte di True mothers attraversa questi sentimenti con estrema delicatezza, facendo attenzione ad ogni parola, ad ogni gesto, ad ogni sguardo che si scambiano i due protagonisti Satoko e Kiyokazu. Sullo sfondo, una società ancora fortemente conservatrice che si basa sull’apparenza e sullo status sociale. È quella stessa società a condannare Hikari, “rea” di aver concepito un figlio a soli 14 anni. I suoi genitori non le chiedono come si senta o cosa desideri. Piuttosto, piangono per la vergogna e si preoccupano di occultare le prove di quel disonore. La gente non deve sapere, costi quel che costi.

Luci calde sui volti

La cura dei dettagli e il continuo indugiare sulle onde del mare o sugli alberi in fiore sono solo alcuni dei modi in cui si manifesta lo stile di Naomi Kawase, brava ad esprimersi attraverso un linguaggio delicato e rispettoso. La sua regia è composta da inquadrature semplici in cui i volti dei personaggi sono perennemente illuminati da luci calde e soffuse. Ma i tratti distintivi del cinema orientale non si esauriscono qui. La loro impronta è evidente anche negli immancabili silenzi e nel ritmo serafico col quale viene raccontato il percorso di Satoko, Kiyokazu e Hikari. La maternità viene definita “un miracolo” e la Kawase arriva al cuore dello spettatore mostrandone tre diverse sfaccettature.

True mothers - Aju Makita
True mothers – Aju Makita

Maternità desiderata, negata, astratta

Satoko rappresenta la maternità realizzata: si sente una donna appagata dopo l’adozione del piccolo Asato. Hikari vive l’esatto opposto: l’iniziale spensieratezza adolescenziale scompare quando è costretta a rinunciare al suo bambino, tant’è che non si riprenderà più da quel dolore lancinante. Infine, non va trascurata la maternità astratta rappresentata da Shizue Asami: alla direzione dell’associazione no profit Baby Baton, accoglie numerose ragazze incinte e se ne prende cura più delle loro famiglie d’origine. Il cerchio si chiude così, dando vita ad un film sensibile che lascia il segno.

True Mothers è stato presentato al Festival di Cannes 2020 e poi al Toronto Film Festival. Tratto da una novella edita nel 2015 da Mizuki Tsujimura, era stato scelto come film destinato a rappresentare il Giappone agli Oscar 2021 (non nominato però nella cinquina finale). Diretto da Naomi Kawase, arriva nelle sale italiane il 13 gennaio 2022 distribuito da Kitchen Film.

VOTO:
4 stelle

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