La recensione di The Pale Blue Eye – I delitti di West Point, il nuovo thriller Netflix in cui Christian Bale indaga su una serie di morti raccapriccianti all’interno di un’accademia militare americana
È arrivato da pochi giorni su Netflix The Pale Blue Eye – I delitti di West Point, un mystery thriller con protagonista Christian Bale, che torna sullo schermo dopo Amsterdam, chiamato ad investigare una serie di delitti raccapriccianti avvenuti in una base militare nell’America del diciannovesimo secolo. Un film in cui l’atmosfera e la costruzione della tensione la fanno da padrona, ma con una scrittura più debole di quanto ci si sarebbe potuto aspettare.
Una serie di delitti atroci
West Point, 1830. Nelle prime ore di una grigia mattina d’inverno, un cadetto viene trovato morto. Ma dopo l’arrivo del corpo all’obitorio, la tragedia diventa ferocia quando si scopre che il cuore del giovane è stato abilmente asportato. Temendo un danno irreparabile alla neonata accademia militare, i suoi dirigenti si rivolgono a un detective locale, Augustus Landor (Christian Bale), per risolvere l’omicidio. Ostacolato dal codice di omertà dei cadetti, Landor chiede l’aiuto di uno di loro per seguire il caso, un cadetto eccentrico che disprezza i rigori dell’esercito e ha un debole per la poesia: un giovane di nome Edgar Allan Poe (Harry Melling). Tra i sospettati principali figurano da subito il medico legale Daniel Marquis (Toby Jones), la sua altezzosa moglie Julia Marquis (Gillian Anderson) e i loro figli Lea (Lucy Boynton) e Artemus (Harry Lawtey), ma quando Edgar si innamora di Lea le cose prendono immediatamente una piega pericolosa mettendo a rischio l’intera indagine e le loro vite.

Confondere le idee
Non è la prima volta che il cinema tratta storie derivanti da opere di Edgar Allan Poe (in questo caso il titolo del film richiama una sua celebre poesia, oltre ad essere tratto dal libro omonimo), ma The Pale Blue Eye – I delitti di West Point decide addirittura di tirare in ballo lo scrittore statunitense facendolo diventare parte integrante della storia stessa. In questa pellicola però della “sporcizia” e dello stile malsano e ripugnante di Poe rimane molto poco, nonostante l’aspetto estremamente crudo e viscerale legato agli omicidi e ad un’atmosfera sempre abbastanza opprimente e inquietante, almeno fino al midpoint. In questo The Pale Blue Eye – I delitti di West Point sono infatti molto più importanti l’approfondimento psicologico dei due comprimari e la rappresentazione dell’arena, quel New Jersey della prima metà dell’Ottocento ancora dominato da una rigidissima mentalità cattolica e puritana in cui l’ombra del satanismo sembra far vacillare tutto un intero sistema sociale basato su sopraffazione e intolleranza. In questo è però l’aspetto investigativo della vicenda a venire sacrificato, poiché il plot si accartoccia su se stesso nel momento in cui si tenta un colpo di coda dell’ultimo momento. La rivelazione finale risulta essere pertanto, oltre che sbrigativa e poco coerente con ciò che si è visto in precedenza, anche un po’ deludente perché smorza un’interessante premessa tematica legata al sovrannaturale in favore di una più comune motivazione terrena.

Poe Vs. Landor
Il rapporto nonché conflitto centrale della vicenda è sicuramente quello tra Poe e Landor. Allievo e maestro, curiosità e follia della gioventù contro saggezza e capacità date dall’esperienza i due personaggi “si rincorrono” continuamente lungo tutto il corso della pellicola, ed è alquanto interessante notare come la loro relazione sia in qualche modo speculare alla relazione tra i cadetti e gli ufficiali dell’accademia. Quest’ultima rappresenta infatti un luogo di grande rigidità e schematicità morale e culturale, dove l’obbedienza e la remissività sono valori da conservare piuttosto che da aborrire. Ed è appunto questa contrapposizione l’aspetto più interessante di questo The Pale Blue Eye – I delitti di West Point, almeno finché il film ha la forza di bilanciarla con la narrazione e di renderla in qualche modo affine alla stessa. Purtroppo anche quest’aspetto viene completamente, o quasi, diluito da una serie di scelte in fase di scrittura più che discutibili e da un finale che smorza tutta la tensione drammatica accumulatasi fino a quel momento. Il risultato di un terzo atto così sbagliato è proprio quello di dilapidare la forza e l’efficacia di quello che, fino a quel momento, sembrava essere un mondo narrativo perfettamente uscito dalla penna e dall’immaginazione di Edgar Allan Poe.

Un film salvato dal comparto tecnico
Se la scrittura fallace e la regia non particolarmente ispirata di Scott Cooper avrebbero potuto affondare completamente The Pale Blue Eye – I delitti di West Point, ci pensano l’ottima fotografia di Masanobu Takayanagi e l’eccellente lavoro sui costumi e le scenografie a tenere quantomeno a galla il film, riuscendo a restituire almeno in parte le atmosfere malsane e disturbanti di cui la storia ha un disperato bisogno. Pregevole è inoltre la chimica che si instaura tra Christian Bale e Harry Melling, nonostante il didascalismo di lacuni dialoghi e la dimensione da whodunit che viene solo accennata e mai veramente esplorata. Completano il cast in ruoli (purtroppo) minori il sempre carismatico Timothy Spall, qui chiamato a dar corpo ad un terribile ufficiale militare reggente dell’accademia di West Point, Toby Jones e sua moglie (sullo schermo) Gillian Anderson che ruba la scena nei pochi momenti in cui il suo personaggio viene integrato nella narrazione. C’è poco da ricordare di questo The Pale Blue Eye – I delitti di West Point, ma un paio di scene azzeccate soprattutto nel tono e un primo atto intrigante valgono la visione. Ma se cercate dei brividi di grande fattura meglio un buon libro, magari proprio del vero Edgar Allan Poe.
The Pale Blue Eye – I delitti di West Point. Regia di Scott Cooper con Christian Bale, Harry Melling, Toby Jones, Gillian Anderson e Timothy Spall, uscito su Netflix in esclusiva il 6 gennaio.
Tre stelle