High Life, di Claire Denis, con Robert Pattinson e Juliette Binoche, presentato al 36º Torino Film Festival, esplora i rapporti umani in una dimensione futura, dove i sentimenti sembrano non esistere più e si vive per inerzia.
Un futuro vicino
High Life, di Claire Denis, con Robert Pattinson e Juliette Binoche, presentato al 36º Torino Film Festival, è ambientato nello spazio, in un futuro non troppo lontano, in un carcere dove dei condannati all’ergastolo o alla pena di morte vengono mandati come contributo alla scienza, sottoposti ad esperimenti, considerati un rifiuto della società. Una dottoressa (Juliette Binoche) insegue segnali di vita e prova a ingravidare le ragazze del carcere attraverso una sorta di inseminazione artificiale e senza il minimo consenso, instaura un ambiguo e malato rapporto con un giovane prigioniero votato alla castità (Robert Pattinson) che, diventando padre di un prodotto degli esperimenti della dottoressa, ritrova la forza di vivere.
Esseri umani di serie b
High Life, visivamente folgorante, è un film d’impatto, sospeso tra dolcezza e amarezza, in una visione della vita cruda e fredda. La solitudine in cui vive ogni personaggio e i rapporti tra di loro ridotti a sguardi fugaci; il più semplice contatto fisico è quasi impercettibile o rimosso, come se non fosse mai successo. Considerati degli emarginati e degli esclusi vengono allontanati dal mondo, mandati in una falsa missione da cui, probabilmente, non torneranno mai, in orbita attorno ad un buco nero che potrebbe risucchiarli, elemento dalla doppia valenza simbolica.
Personaggi doppi
La dottoressa Dibs, l’unica il cui crimine commesso viene esplicitato, che all’inizio sembra essere una sorta di guardia che controlla e supervisiona i detenuti, è una donna apparentemente sadica, insensibile ed egoista, che usa delle cavie umane per un interesse personale, un interesse che sfuma quando supera il limite. Ma in realtà anche lei, come tutti, è sola, un’emarginata e un’esclusa che non riesce ad avere legami o rapporti sinceri e sani. La vita nel carcere è fatta di solitudine, freddezza e vuoto, come se ogni personaggio fosse svuotato di qualsiasi sentimento.
L’importanza dei sentimenti
Monte, ottima interpretazione di Robert Pattinson, vive anche lui in questo limbo senza affetti ed emozioni, ma poi qualcosa cambia. Tra chi si arrende e chi non ce la fa, Monte cerca in tutti i modi di sopravvivere perché ha un motivo per farlo, una ragione di vita. Ed è il sentimento, l’affetto e l’amore a salvarlo. La possibilità di una vita migliore, con qualcuno accanto. Sono nello spazio, da soli, rimarranno lì per sempre e non torneranno mai indietro, ma sono insieme e quello che provano l’uno per l’altro può bastarli: permette a entrambi di aspirare a qualcosa in più, a cercare altre persone o forme di vita, a vedere se rimarranno isolati nello spazio o se c’è ancora qualche speranza.
Una fredda esplosione di emozioni
High Life trasporta lo spettatore in un universo destabilizzante, in cui si è vicini, ma sempre terribilmente lontani. Nella difficoltà dei rapporti interpersonali regolati da sentimenti sinceri, si fa strada l’impossibilità di crearli, come se fosse inutile perché, dove sono loro, da un momento all’altro potrebbero morire: sono continuamente esposti a radiazioni e ad esperimenti della dottoressa Dibs, hanno fatto tutti qualcosa di terribile, non c’è spazio per gli affetti. Rispondono spesso a tutto ciò che accade con aggressività e violenza, al contrario non sanno rispondere alla dolcezza. Con una regia visionaria, una fotografia che alterna tinte fredde a tinte più calde, ma sempre intense e sature, con un’attenzione agli sguardi degli attori da cui traspare tutta la loro interiorità, il film lascia un senso di amarezza e stupore, difficile da dimenticare.
High Life, diretto da Claire Denis, con Robert Pattinson, Juliette Binoche, Mia Goth, Agata Buzek, André 3000, Lars Eidinger, Jessie Ross, Claire Tran.