TFF36, Blaze, recensione: Ethan Hawke nell’ascesa e discesa di un musicista country

Presentato nella sezione Festa Mobile del 36° Torino Film Festival, Blaze è il nuovo film di Ethan Hawke, con una sensibilità che diventa poesia e accompagnato da una splendida colonna sonora è la storia di un uomo che ha fatto della musica la sua ragione di vita.

This is Blaze Foley

Mescolando tre piani temporali, e affidando il racconto a musica, momenti e stati d’animo, il terzo film da regista di Ethan Hawke si configura come una rappresentazione ben studiata ed efficace di vita e opere del misconosciuto cantautore country Blaze Foley (Ben Dickey). Un uomo che ha fatto della musica la sua ragione di vita e che per essa ha sacrificato l’amore con Sybil Rosen (Alya Shawcat) e la felicità, rifiutando sempre ogni compromesso. Un poeta solitario, che con la sua chitarra costruiva poesie cariche di passione, una vita breve ma intensa per una morte arrivata a soli 39 anni. Nella delicata cornice sospesa nel tempo è così che viene raccontato e omaggiato Blaze Foley, in un bio-pic insolito e alcolico, torbido e intenso, che sfiora la poesia.

Perdersi e ritrovarsi

Blaze Foley, interpretato da Ben Dickey è un chitarrista errante e malinconico che trova nella musica la forza che serve per ribellarsi al mondo, in bilico tra l’amore e il dolore. Ciò che lo affligge è quel male di vivere che crea versi carichi di passione, dolore e amore, suonando una chitarra sgangherata che lo accompagna in tutto il viaggio. Una storia di amicizia, amore e sacrificio personale, retta da una grande interpretazione che crea empatia verso un personaggio apparentemente rude in cui si esaspera una tensione verso la felicità e il benessere attraverso la musica. Note e parole si uniscono in una sintonia delicata che scandisce il ritmo del film, come un accordo arpeggiato con malinconia sulle coste del Mississipi.

Blaze - Alia Shawckt
Blaze – Alia Shawkat

Musica e immagine in simbiosi

Blaze mette in scena elegantemente uno stile visivo e sonoro che procede in simbiosi durante tutto il film, non solo viene accentuata un’estetica della bellezza attenta ai dettagli ma le canzoni prendono corpo in un discorso filmico che va oltre la narrazione tradizionale, la musica si presenta come un susseguirsi di act-fact che permettono alla storia di procedere in due direzioni contemporaneamente, con la riflessione e la rappresentazione di una realtà spietata che non lascia spazio ai sogni, Blaze è un misconosciuto cantante country che dona tutto se stesso alla musica che scrive, in una società corrotta e macchiata dal consumismo che trasforma l’arte e l’artista in merce da vendere al miglior offerente.

Un’opera completa ed efficace

Con una sensibilità che diventa poesia, Blaze risulta essere un’opera completa che scava a fondo nello spettatore e lo travolge nelle vicende raccontate. Diversificando lo stile della narrazione: dalle interviste ai monologhi fino ad arrivare a sequenze musicali che commuovono, il film rompe la quarta parete, non mostrando la natura fittizia del mezzo cinematografico ma immergendo lo spettatore interamente e totalmente nella densità del racconto, in una piacevole illusione di realtà che dura fino alla fine del film. Nonostante la dilatazione dei tempi a favore di un’analisi attenta e delicata di ciò che si mostra il film non risulta pesante anzi coinvolge appieno, lasciando il pubblico con una dolce malinconia nel cuore, desideroso di sentire un’ultima volta Blaze Foley.

Blaze è presentato in anteprima nella sezione Festa Mobile del 36° Torino Film Festival. Uscirà nelle sale italiane il 31 dicembre, diretto da Ethan Hawke con Ben Dickey, Alia Shawkat, Josh Hamilton, Charlie Sexton, Sam Rockwell, Steve Zahn, Wyatt Russell, Kris Kristofferson, Richard Linklater.

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