Skate or Die: questo il motto delle giovani protagoniste di Skate Kitchen, primo film di fiction della documentarista Crystal Moselle. Un inno alla libertà e all’amicizia femminile che scansa stereotipi e orpelli per proporsi come un ritratto intimo e disincantato dell’essere ragazze in un mondo ancora maschile.
Skate Kitchen: essere ragazze sulla tavola
Non è un film sul disagio giovanile. Non è nemmeno una storia d’amore, come qualcuno invece ha scritto. E se proprio d’amore vogliamo parlare, è quello per la libertà che spesso solo il rischio di farsi male – e tanto – può donare. Una libertà che sfreccia veloce su quattro rotelle tra il cemento della città, veste abiti larghi e coloratissimi e ha il volto di giovani donne alla scoperta di se stesse, del proprio corpo e del mondo attorno. Skate Kitchen è questo, un racconto disincantato e intimo dell’essere ragazze e del percepirsi come tali in un mondo ancora maschile; dell’amicizia femminile vissuta tra skate park alla ricerca del flip perfetto ma anche della propria identità. Un’identità che si costruisce e definisce in relazione, trovando innanzitutto la propria “tribù”, intesa non come il branco in cui omologarsi, ma occasione di scoperta di sé e degli altri.
La storia
Camille (Rachelle Vinberg) è una giovane introversa che rimedia all’inesperienza di vita con una grande esperienza sullo skate, passione che la porta, dopo una brutta caduta e l’ordine della madre (Elizabeth Rodriguez) a chiudere con quel mondo, a disobbedire e unirsi alle Skate Kitchen, una crew femminile di skaters. Dalla periferia di New York, Camille ogni giorno imbraccia l’amata tavola per raggiungere il cuore della Grande Mela e vivere una vita parallela con le nuove amiche, molto più “avanti” di lei in tutto, a partire dal rapporto con il sesso. Dopo la rottura definitiva con la madre, la ragazza cercherà di conquistare la propria indipendenza, uscendo dalla propria comfort zone e concedendosi anche qualche vizio e sbandata. Un litigio l’allontana momentaneamente dalla crew di amiche – le prime che abbia mai avuto – ma la vita è fatta anche di sbagli e ciò che conta è tornare. Per chiedere scusa. Per restare. Lungo il suo percorso Camille scoprirà il senso dell’appartenenza e appunto tornerà a rinsaldare il rapporto con le “donne” della sua vita, in un abbraccio di sorellanza che sul grande schermo siamo ancora poco abituati a vedere.
Ragazze senza stereotipi
Punto di forza della pellicola è nel modo in cui racconta l’universo giovane femminile: senza stereotipi, senza abbellimenti insensati e quell’edulcorazione o esagerazione che troppo spesso si riscontrano ancora in opere che presentano ragazze come protagoniste. Skate Kitchen è (anche) un inno alla diversità, alla bellezza fresca e vera del corpo di una giovane donna, ma soprattutto alla sua forza e caparbietà. I corpi delle skaters sfidano la città, la realtà urbana con tutte le sue barriere – materiali e culturali – e anche i corpi maschili che in quello spazio vorrebbero imporsi – che si tratti del camionista che fa catcalling o del ragazzo della crew rivale che reclama il diritto di avere il parco tutto per sé. Sono corpi di uomini che però possono farsi anche veicolo di piacere, scoperta di sé, esperienza.
Quella piccola grande rivoluzione
Non è esagerato definire Skate Kitchen un’opera dallo sguardo femminista sulle sue protagoniste. Temi come il ciclo mestruale, la masturbazione e il piacere femminile, l’autodeterminazione e indipendenza sessuale sono d’altronde ancora poco frequentati sul grande e piccolo schermo e troppo spesso presentati dal punto di vista esclusivamente maschile. Risultato? Una iper-sessualizzazione non necessaria, che manca per altro di verità. La pellicola di Crystal Moselle scansa tutto ciò e probabilmente solo uno sguardo di donna dietro la macchina da presa avrebbe potuto produrre un risultato del genere. Importante sottolineare anche l’inserimento di una giovane lesbica – questo è il termine corretto, non gay – tra i personaggi, presentata come una ragazza tra le altre che vive spontaneamente e naturalmente la propria sessualità. Sembra banale, ma non lo è. Anzi: ogni volta che in un film incontriamo una lesbica che sfugge alla rappresentazione funzionale al piacere del maschio etero, in fondo, è una piccola rivoluzione. Sperando diventi, prima o poi, la norma.
Skate Kitchen: una prova tra documentario e fiction
La naturalezza e il realismo con cui sono rappresentate le protagoniste del film è probabilmente dovuta anche al fatto che la pellicola si presenta quasi come un prodotto a metà tra documentario e fiction. Le ragazze sono davvero skaters dell’omonima crew che dà il titolo al lavoro della Moselle, documentarista alla sua prima prova con un prodotto di finzione. Attori professionisti sono solo Jaden Smith e Elizabeth Rodriguez (l’avete già vista in OITNB). La sceneggiatura è infatti talmente essenziale e “fresca” da risultare quasi improvvisata, come se le giovani protagoniste fossero semplicemente loro stesse e tutto il resto fortuita circostanza, accadimento. Grande spazio è dato ai corpi sullo skateboard, alle loro evoluzioni e rincorse e alla singola personalità di ogni membro del gruppo, che risplende nello spazio di una battuta, di un sorriso o di un colore scelto per il cappello o i calzettoni. Niente sembra essere imposto “dall’alto”, dalle esigenze di copione o regia; piuttosto l’esatto contrario: sono le protagoniste di Skate Kitchen a determinate lo spazio, i ritmi narrativi e il dialogo, o almeno questa è la percezione che ne ha lo spettatore.
Punti di forza e debolezza
Quest’impressione di estrema “naturalezza” e leggerezza costituisce allo stesso tempo un tratto positivo e negativo della pellicola. Da un lato ne guadagna in autenticità e originalità; dall’altro il film potrebbe apparire agli occhi dello spettatore come debole, a tratti evanescente e poco sostanzioso. Il rallentarsi del ritmo nella parte conclusiva non aiuta e costituisce un blocco dopo il quale la risoluzione del conflitto e il finale appaiono invece troppo repentini e forse poco d’impatto. Tuttavia, la bellezza del finale è tutto qui: nel ritorno ad una condizione iniziale, questa volta però con più consapevolezza e con un ritrovato senso di appartenenza – definitivo – al mondo delle donne, senza più fratture e insicurezze. E forse con più gioia, se con questa parola è da intendersi il rimarginarsi – finalmente – di quel vuoto che Camille ha sempre sentito dentro e che era, in fondo, fondato sul proprio percepirsi ancora essere incerto spaccato tra due mondi in contrasto irrisolvibile tra loro.
Skate Kitchen è un film diretto da Crystal Moselle e scritto dalla regista insieme a Jen Silverman e Aslihan Unaldi. Con Rachelle Vinberg, Ardelia Lovelace, Kabrina Adams, Jules Lorenzo, Nina Moran, Ajani Russell, Elizabeth Rodriguez, Jaden Smith. Uscita nelle sale il 18 luglio 2019. Distribuzione Zenit Distribution.
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