Sembra mio figlio di Costanza Quatriglio, ispirato ad una storia vera, racconta con grande sensibilità e dolcezza il viaggio di un uomo verso sua madre facendo luce sulla sofferenza e la condizione di un intero popolo.
Sembra mio figlio di Costanza Quatriglio racconta la storia di Ismail (Basir Ahang), scappato da bambino alle persecuzioni in Afghanistan insieme al fratello maggiore Hassan (Dawood Yousefi). Ora vivono entrambi in Italia, a Trieste, stanno per lasciare un lavoro subordinato per mettersi in proprio, situazione che Hassan non condivide. Ismail sente sua madre attraverso brevi telefonate, a volte stanno semplicemente in silenzio, ad ascoltare uno il respiro dell’altra. Con il passare del tempo sua madre sembra non riconoscerlo più e nega di avere un figlio di nome Ismail. Si è risposata e questo nuovo marito forse l’ha cambiata e resa una persona diversa. Ismail decide quindi di andare a parlarle di persona, intraprendendo un viaggio in Pakistan in una sorta di ricerca delle proprie origini, del popolo Hazara e del loro sterminio.
Il film Sembra mio figlio è diviso in due parti caratterizzate da nette differenze, sia dal punto di vista narrativo che tecnico. La prima parte si concentra sulla ricerca della propria madre, sullo scoprire dove sia e del coraggio che Ismail deve trovare per partire: deve fare i conti con il suo passato, con suo fratello Hassan e soprattutto con se stesso. Nella prima parte Ismail si limita a fare delle telefonate, a sentire la voce di sua madre, a parlarne con suo fratello di cui si prende cura, organizzando il viaggio. Sono momenti di attesa, che ricordano il genere thriller; lo stesso Ismail non sa se riuscirà davvero a intraprendere questo percorso che lo porterà in un luogo che da bambino ha dovuto lasciare per sopravvivere.
Nella seconda parte Ismail va alla ricerca di sua madre, di quella voce che si è sentita per la prima metà del film. Riscopre quel mondo, la sofferenza e la distruzione propria del Pakistan e del popolo Hazara. Ismail torna, in certi casi, ad essere il fratello minore di Hassan, prima di riprendere in mano la situazione, forse per paura di quello che potrà trovare. Nel corso del film inizia a farsi strada che non sia importante come finirà questo viaggio, se troverà sua madre, se la libererà da qualcuno o e se la riporterà a casa, ma lo sia la crisi profonda che dovrà affrontare: Ismail torna in un posto dove vedrà da vicino da cosa è fuggito, e forse riuscirà a superare e a convivere con il peso di quella che è stata la sua esistenza: in fuga, senza una madre che solo per salvarli, li ha spinti a scappare e che poi, per salvare sa stessa, ha negato la loro esistenza.
Le due parti di Sembra mio figlio si differenziano anche per la regia e per la fotografia: la prima è più cupa e caratterizzata da tinte scure, da primissimi piani che, tramite uno sguardo, raccontano il tormento dei personaggi, e da scene in interni; la seconda ha colori più chiari e caldi, molte scene di paesaggi durante il giorno, con inquadrature che si concentrano più sul luogo che sul personaggio. Questo contrasto è forte anche dal punto di vista narrativo: Ismail parte per il Pakistan, riscopre il suo popolo e quel luogo, supera il senso di rifiuto che ha fatto parte di tutta la sua vita, facendo luce su una storia e una situazione che va conosciuta fino in fondo.
Il film è struggente ed emozionante, fa riflettere sulla condizione dell’Afghanistan, del Pakistan e del popolo Hazara, sulla disinformazione e, ovviamente, sui rapporti interpersonali: tra madre e figlio e tra fratelli. Rappresenta la condizione del protagonista e di chiunque vive la sensazione di non appartenere a nessuna terra, Ismail realmente non si sente a casa né in Italia né in Afghanistan, di cui ha pochi ricordi confusi. Si sentirà sempre come tra due luoghi, strappato al suo paese originario che, ora, personificato dalla figura della madre, lo rifiuta e lo ignora.
Costanza Quatriglio in Sembra mio figlio con sensibilità e delicatezza narra fatti storici, sentimenti universali e la vicenda di luoghi e persone per i quali, forse, non si è fatto abbastanza. Il film è girato con uno stile asciutto, simile al documentario, con lunghe scene sulle tradizioni tribali con cui viene a contatto Ismail, dando così, con pochi elementi, l’idea di quello che un popolo deve affrontare ogni giorno; concentrandosi sugli sguardi, da quello dei due attori, a quelli fugaci di donne, bambini e anziani che il protagonista incontra nel suo percorso: gente in fuga, con un destino già segnato. Ismail, in alcuni momenti, di fronte ad alcune scene di distruzione e miseria, per un attimo, potrebbe pensare di andar via e lasciar perdere, ma il film vuole anche dire che girare la testa dall’altra parte non è mai la soluzione, così come sarebbe successo a Ismail: non avrebbe mai concluso un viaggio, indipendentemente da quello che troverà, ha intrapreso un percorso che, prima o poi, avrebbe dovuto iniziare.
Sembra mio figlio, diretto da Costanza Quatriglio, con Basir Ahang, Dawood Yousefi, Tihana Lazovic, è uscito al cinema il 20 settembre 2018 distribuito da Ascent Film.