Se son rose, ultima fatica di Leonardo Pieraccioni, ripercorre a ritroso la vita sentimentale di un cinquantenne cinico e infantile. Un film autobiografico imprigionato in uno schema comico trito e superato, ma che si avvale di un cast femminile di tutto rispetto.
Una storia autobiografica
Con il suo tredicesimo lungometraggio, Leonardo Pieraccioni fa il punto della sua personalissima situazione, non solo cinematografica, ma soprattutto sentimentale. Tornando dietro la macchina da presa, e davanti come consueto protagonista, in Se son rose il regista e attore toscano ripercorre la sua lunga “carriera” di serial lover e di inguaribile Peter Pan con il terrore di impegnarsi definitivamente in un rapporto a due. Dire che questo nuovo film è deliberatamente autobiografico è alquanto superfluo, non a caso il protagonista si chiama proprio Leonardo (già successo nel primo lavoro di Pieraccioni, I laureati) e come il suo creatore è uno scapolo cinquantenne impenitente, che si occupa di giornalismo tecnologico per il web, che intrattiene, senza troppo impegno, un’indefinita relazione con una giovane donna che non stima e denigra, e con una nutrita lista di ex fidanzate alle spalle, che la figlia quindicenne Yolanda (Mariasole Pollio), decide di contattare di nascosto per trovare finalmente l’anima gemella al cinico padre solitario.
Il rapporto padre figlia
A generare il tipico equivoco che dà il via alla commedia è il nuovo elemento presente in questo tredicesimo lavoro di Pieraccioni, il rapporto padre figlia. Per la prima volta troviamo infatti il protagonista alle prese con il ruolo di padre di una figlia adolescente, ed è proprio questo legame che fa da filo conduttore all’intera vicenda. Leonardo è un genitore un po’ assente a causa del lavoro e della vita da scapolo incallito, ma ciò nonostante nei confronti di Yolanda è sempre attento e premuroso, e come tutti i padri spera che la propria bambina non cresca mai, ma inevitabilmente la ragazza cresce e si insinua nella vita sentimentale del padre generando un gran scompiglio.
La minestra riscaldata
Come ci rammenta il regista alla fine della storia, le minestre riscaldate sanno solo di riscaldato, e in questo Se son rose si avverte davvero un sapore già conosciuto, assaggiato ripetutamente, una portata riproposta più e più volte da sembrare un avanzo del pasto precedente. Pieraccioni ci ha ormai abituati a un certo tipo di cinema che si basa sempre sugli stessi schemi, non si muove mai da quegli stessi quattro punti ,che sì, indubbiamente fanno sorridere e passare un’ora e mezza gradevole senza stancare, ma non offrono nulla di originale, e lasciano appunto in bocca quel gusto di riscaldato che ti dona conforto all’inizio, ma che non ti soddisfa fino in fondo.
Se son rose…che non sbocciano
Ciò che non funzione in Se son rose risiede nella sceneggiatura alquanto pretestuosa e poco convincente, che il regista fiorentino ha scritto a quattro mani con Filippo Bologna, autore di L’ultima ruota del carro, Perfetti sconosciuti e il recente Cosa fai a capodanno? di cui firma anche la regia. Unico punto di forza è il cast femminile di tutto rispetto, dalla Fabiola, ex moglie di Leonardo e madre di Yolanda, di Claudia Pandolfi, alle eccentriche ex fidanzate: Benedetta, Elettra, Angelica e Fioretta, interpretate rispettivamente da Caterina Murino, Gabriella Pession, Michela Andreozzi e Antonia Truppo, fino ad arrivare alla svampita Ginora “quarantotto” di Elena Cucci, che con la loro esperienza e la loro verve comica riescono a creare dei personaggi godibili e divertenti. Fiore all’occhiello, la sempre eccellente Nunzia Schiano nei panni della signora Coscia, vicina di casa e maestra di vita del protagonista. Un bouquet di ottime interpreti per un film dove le rose tanto menzionate non sbocciano mai.
Se son rose è un film scritto e diretto da Leonardo Pieraccioni, con Claudia Pandolfi, Michela Andreozzi, Gabriella Pession, Caterina Murino, Antonia Truppo, Elena Cucci, Nunzia Schiano e Mariasole Pollio, in sala dal 29 novembre, distribuito da Medusa Film.