Scappo a casa è il primo film in cui Aldo Baglio non si appoggia ai soliti Giovanni Storti e Giacomo Poretti: non manca qualche situazione divertente ma la sceneggiatura resta piuttosto limitata.
Un nazionalista nei panni di un africano
Michele (Aldo Baglio) lavora come meccanico in una concessionaria di automobili. Nella sua vita c’è posto solamente per le apparenze: avventure con belle ragazze trovate sui social, un parrucchino e qualche stimolatore per dargli sicurezza ad ogni appuntamento, bolidi fiammanti presi in prestito dalla concessionaria e zero tolleranza. Michele infatti non accetta alcuna forma di diversità: è il classico stereotipo dell’italiano medio superficiale, cui interessa solo se stesso e l’apparire. La vita lo mette però a dura prova. Trovatosi a Budapest per lavoro, viene derubato di tutto (documenti compresi) e scambiato per un tunisino. Per tornare in Italia sarà costretto a collaborare con veri immigrati e l’incontro con loro aprirà le sue vedute una volta per tutte, stravolgendo inevitabilmente la sua intera esistenza.
Aldo senza Giovanni e Giacomo
Lo stile della comicità di Aldo Baglio è coerente con gli sketch sui quali l’artista ha fondato la sua carriera. Linguaggio, gestualità, mimica e situazioni ricalcano i cavalli di battaglia di sempre. Stavolta però non ci sono i suoi soliti compagni d’avventura, Giovanni e Giacomo, né la solita ispirazione. Se la scrittura di una sceneggiatura in solitaria poteva essere un’esperienza stimolante, è evidente che manchi qualcosa. Trama e gag non sono sufficientemente forti per sostenere un lungometraggio che, nel complesso, avrebbe avuto bisogno di qualche idea di più. La pellicola non decolla e si limita a regalare qualche sporadica risata. Troppo poco, anche perché le attese sono sempre alte quando si considera una carriera comica come quella di Baglio.
La morale dell’integrazione
Michele è un nazionalista convinto: per lui esistono solamente gli italiani. La vita però lo mette alla prova: scambiato per un tunisino, si troverà a collaborare gomito a gomito con degli africani che sapranno mostrargli l’altra faccia della medaglia. È evidente che i grandi temi di Scappo a casa siano l’integrazione e l’immigrazione. Il modo di affrontare due argomenti così complessi ed attuali va apprezzato, pur nella sua semplicità. Niente discorsoni, solo scene che alternano comicità e paradossi (qui una clip con Aldo Baglio e Angela Finocchiaro). Qualche pecca, tuttavia, è evidente: la trama sarebbe potuta essere più briosa, più coinvolgente, più brillante. La regia di Enrico Lando assolve al suo compito senza infamia e senza gloria: forse avrebbe dovuto pretendere un po’ di più.
Comicità fuori sincrono
Scappo a casa non è un film spiacevole, anzi. La visione permette di trascorrere 92 minuti in allegria, il che certamente non guasta mai. Il problema, semmai, è un altro. Pur avvalendosi di un frontman d’eccezione come Aldo Baglio, che ha nel suo bagaglio professionale un repertorio di maschere a dir poco esilaranti, non riesce mai a centrare l’obiettivo. La colpa va attribuita in primis alla mancanza di ritmo, elemento fondamentale nel cinema ma a maggior ragione nella comicità. La si potrebbe definire una comicità ‘fuori tempo’, fuori sincrono. La trama resta poi lacunosa e alcuni avvenimenti non sono collegati in modo compiuto. Al difetto si sarebbe potuto sopperire con una sonora risata, che però difficilmente arriva.
Scappo a casa esce nelle sale il 21 marzo distribuito da Medusa film. Nel cast anche Angela Finocchiaro, Jacky Ido e Fatou N’Diaye.