Stay Still, primo lungometraggio di Elisa Mishto presentato alla Festa del Cinema di Roma, racconta il rapporto tra due donne anarchiche che in modi differenti si ribellano alle convenzioni imposte dalla società. Un film che affascina e sorprende con un’eccellente Natalia Beltiski e un bravissimo Giuseppe Battiston.
Presentato in anteprima mondiale al Festival di Monaco e nel nostro Paese alla 14ª edizione della Festa del Cinema di Roma, nella sezione Alice nella città, Stay Still è il primo lungometraggio della regista con natali italiani ma residente a Berlino Elisa Mishto. Il film racconta la storia di due donne diametralmente opposte e diversamente disfunzionali: Julie (Natalia Beltiski), ereditiera che entra ed esce da una clinica psichiatrica a causa del suo stile di vita basato sull’immobilità, interrotto soltanto da episodi di piromania; e Agnes (Luisa-Celine Gaffron), infermiera ingenua e remissiva che sfugge dal suo ruolo di madre e dalla sua vita tradizionalmente soffocante. L’incontro tra le due determinerà l’inizio del caos che porterà alla destrutturazione della canonica normalità.
L’immobilità come stile di vita
In Stay Still la Mishto sonda un universo sconvolgente e non convenzionale e lo fa attraverso l’immobilità della sua protagonista, che si lascia cullare dall’ozioso non far nulla. La staticità di Julie è condizionata non esclusivamente da una voglia di ribellione o riscatto, ma anche dal rigetto di dover assecondare le comuni aspettative sociali, come il dover necessariamente essere produttivi, il dover portare avanti una carriera o formare una famiglia. Di quest’ultima poi la protagonista non vuole proprio saperne, non vuole rapporti stabili e duraturi, ma solo fugaci incontri fisici, senza in fondo concedersi troppo perché “Tutte le relazioni umane prima o poi diventano assordanti” e generano quel rumore che non permette di sostare nell’immobilità perenne, e per questo motivo preferisce mantenere le distanze indossando dei guanti domestici di gomma, piuttosto che afferrare la palpabile e concreta realtà che la circonda.
Julie e Agnes: due facce della stessa medaglia
Chi invece una famiglia ce l’ha è Agnes, ma puntualmente la ignora, la rifiuta, la rifugge. La giovane infermiera è – al contrario di Julie – una donna ossessionata dal dover assecondare le aspettative sociali, motivo che l’ha portata a diventare madre senza comprenderne veramente le implicazioni e il significato. Agnes è iperattiva e produttiva, come la formica operaia che continua a lavorare e a occuparsi delle provviste invernali nonostante il suo mondo stia andando a pezzi. Una donna con una voglia di far esplodere lati del suo carattere nascosti e latenti, troppo spesso sottomessi alle convenzioni sociali. Julie e Agnes sono alla fine quasi un alter ego l’una dell’altra, e comprendono se stesse solo in una clinica psichiatrica dove le regole sono sospese, o forse davvero inesistenti, e in cui ognuno è libero di creare se stesso e il mondo ideale in cui rifugiarsi, dove probabilmente l’attesa di un evento, dei piccoli fattori quotidiani e dello scorrere della vita sono la vita stessa.
Una narrazione sorprendente
Elisa Mishto ha deciso di ambientare quest’opera prima all’interno di una clinica psichiatrica dopo aver girato uno dei suoi apprezzati e premiati documentari, States of Mind, che seguiva proprio la giornata tipo di tre pazienti e di un’infermiera. Una realtà che ha condizionato moltissimo la regista emiliana di adozione tedesca, e che l’ha portata a sviluppare una storia senza sovrastrutture e con toni veraci ma a tratti argutamente umoristici, caratterizzati per esempio dal personaggio del sempre bravo Giuseppe Battiston. E se all’inizio del film pensiamo di non poter provare empatia o di non poterci immedesimare con la protagonista, credendo di assistere al delirio di un’invasata con seri problemi mentali, mano a mano che la vicenda incalza comprendiamo che quella Julie – interpretata da un’eccellente Natalia Beltiski – sta facendo ciò che ognuno di noi vorrebbe poter fare nel profondo: sfidare senza remore e paure delle conseguenze il sistema e i meccanismi di una società oppressiva e opprimente.
Colonna sonora e fotografia perfette
A scandagliare l’atto della ribellione di Julie, attraverso la staticità o la piromania – unico fattore di movimento e di presa di posizione della donna – e di Agnes che finisce col strapparsi di dosso tutti quegli abiti stretti che la società le ha cucito sulla pelle, troviamo la trascendente colonna sonora di Apparat (pseudonimo di Sascha Ring), compositore tedesco che abbiamo già potuto ascoltare ne Il giovane favoloso e Capri-Revolution di Mario Martone. Infine la bellissima fotografia, deliberatamente pop, di Francesco Di Giacomo con i suoi interni statici e asettici e i suoi esterni vividi dinamici, incornicia perfettamente l’instabile instabilità della protagonista: “Perché la maggior parte delle volte per stare fermi bisogna muoversi“.
Stay Still è un film scritto e diretto da Elisa Mishto, con Natalia Belitski, Luisa-Celine Gaffron, Giuseppe Battiston, Martin Wuttke e Jürgen Vogel, prossimamente nelle sale italiane, distribuito da Istituto Luce Cinecittà.