Restart! Riavvia la cultura: le dichiarazioni di Scianna, Accorsi, Avati, Diritti e De Capitani

Restart! Riavvia la cultura

Restart! Riavvia la cultura: le dichiarazioni di Francesco Scianna, Stefano Accorsi, Pupi Avati, Giorgio Diritti, Elio De Capitani per far ripartire la cultura dopo lo stop della pandemia

IL, il maschile del Sole 24 Ore in uscita il 27 novembre, ha organizzato venerdì 27 novembre alle 12.00 in collaborazione con Radio 24, una no-stop di incontri e interviste online con tanti protagonisti del mondo della cultura e dello spettacolo: attori, registi, scrittori, musicisti per presentare idee e proposte per far ripartire la cultura dopo lo stop della pandemia.

RESTART! RIAVVIA LA CULTURA, è il tema della maratona digitale, in diretta streaming sul sito de IlSole24Ore.com, per attraversare le tante, innumerevoli seconde volte creative degli artisti coinvolti: reboot, spin-off, loop, déja vu, ripetizione e citazionismo, riedizione, seconda vita, ricostruzioni e rinascite, seconda chance, riprese, double check, riavvio. Ciascun personaggio interpreterà la sua seconda volta, con una lettura/rilettura, un’intervista, la reinterpretazione di un suo cavallo di battaglia, adottando una delle parole (il suo déjavu o la sua seconda chance o loop…) raccontandola dal suo punto di vista. L’obiettivo per la cultura è Ripartire, riavviare, restart!

L’iniziativa no-stop va in onda sul canale web del Sole 24 Ore per rappresentare una proposta concreta da cui partire per poter ricostruire, appena finita la pandemia, il rilancio di cinema, teatro, arte e cultura.

Ecco le dichiarazioni di FRANCESCO SCIANNA, STEFANO ACCORSI, PUPI AVATI, GIORGIO DIRITTI, ELIO DE CAPITANI durante l’evento digitale Restart! Riavvia la cultura.

FRANCESCO SCIANNA, attore, durante l’evento Restart! Riavvia la cultura, dichiarazioni sulle idee e proposte per far ripartire la cultura dopo lo stop della pandemia:Non sono sicuro che il problema sia necessariamente avere più soldi (per il cinema e la cultura). Piuttosto come vengono investiti e usati. E non c’è dubbio che abbiamo bisogno di una classe politica che abbia FAME, che sia consapevole che la cultura è il PANE e la società ne ha bisogno. Spero che la fame di cultura possa dare una bella scossa ad un’impalcatura ormai polverosa. È il momento di sperimentare, di usare il vuoto come spazio nuovo da cui ripartire. Solo non dite che facciamo intrattenimento, questo mi accende un moto di ribellione. È molto di più quello che accade a teatro, quello che un attore o un regista fanno. E poi bisognerebbe almeno dalle scuole elementari far avvicinare i bambini al teatro. La scuola è un luogo fondamentale. Sperimenti, sei protetto e puoi denudarti senza giudizio, conoscerti, scoprire nuove parti di te, confrontarti con gli altri e portare te stesso oltre i tuoi limiti.” Lo afferma Francesco Scianna, attore, durante l’evento digitale Restart! Riavvia la cultura, una maratona digitale del mondo della cultura e dello spettacolo organizzata da IL, il maschile del Sole 24 Ore in collaborazione con Radio 24. Sul tema della sostenibilità l’attore commenta: Ho sempre avuto una forte sensibilità verso l’ambiente. Ho anche iniziato a pretendere la differenziata nei luoghi di lavoro dove mi ritrovo, sui set dei film (dove si producono tantissimi rifiuti), a teatro. Bisogna farlo. Se lo facciamo tutti diventa un gesto enorme. La pandemia legata al covid-19 ha fatto riscoprire a molti un rapporto con la natura più profondo, intimo e di rispetto. Mi auguro che questo momento di difficoltà mondiale dia all’uomo una bella sveglia. Non possiamo permetterci distrazioni. Assolutamente no”.

Francesco Scianna ha accettato oltre all’intervista di recitare per noi. E ha interpretato “Specchio” che parla proprio di rinascita e ripartenza (quello che tutti ci auguriamo oggi).

Il processo
Francesco Scianna ne “Il processo”

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STEFANO ACCORSI: Si ricomincia, si riparte soprattutto facendo rete, creando dei ponti e delle collaborazioni anche con realtà apparentemente distanti, con il territorio, con le scuole, con i giornali. Ogni genere di scambio e di nuova collaborazione, tutto quello che serve a fare rete è il futuro. Per esempio in questo periodo molto brutto è nata una associazione di attori, si chiama Unita e anch’io ne faccio parte, ed è stato un passo avanti importante, che ha già ottenuto dei risultati concreti e importanti per tutta la categoria”.

Quanto il privato può fare per salvare e rilanciare la cultura? Il privato può giocare un ruolo fondamentale. Per il cinema ci sono forme di agevolazioni fiscali molto interessanti per le aziende. Ma è anche importante creare collaborazioni con i teatri. Anche quelli vicini a sé, anche quelli piccoli, magari nel territorio dove c’è un’azienda o una realtà imprenditoriale. Quando sento parlare i grandi imprenditori illuminati quello che dicono è che bisogna essere bravi nel business, avere talento per gli affari, ma che è molto importante anche leggere un buon libro, vedere un bel film, ascoltare musica. Per un imprenditore essere parte attiva in questa produzione di cultura credo sia importante perché la cultura è un investimento in coscienza: per il futuro, per la società, per i propri figli, per se stessi. Penso che bello può essere investire per esempio in una produzione teatrale e poi magari fare dei biglietti per una rappresentazione come regalo ai tuoi clienti, ai tuoi dipendenti… È bello poter regalare emozioni”.

Stefano Accorsi
Stefano Accorsi

Altre Dichiarazioni di STEFANO ACCORSI

“Quando si parla del mondo dello spettacolo, occorre fare delle distinzioni. Tutti gli spettacoli dal vivo hanno sofferto moltissimo dal primo lockdown e soffrono adesso: maestranze, tecnici, attori, tutti. Per quanto riguarda gli spettacoli registrati invece, i produttori sono stati bravi a stipulare accordi di sicurezza con asl e assicurazioni, e l’attività ha ripreso senza troppi problemi. Si stanno girando molti film e molte serie tv in questo momento”

“Ho pensato spesso alla frase di Gigi Proietti, che noi attori abbiamo il privilegio di prolungare per tutta la vita i giochi dell’infanzia. E’ proprio così. Il lavoro di attore ha una componente di puro gioco, è professionalità e divertimento, anche quando è la ventesima volta che fai la stessa scena che poi è sempre diversa. Ma chi fa il mio mestiere ha il dovere di raccontare delle storie. Non puoi mai dimenticarti che c’è il pubblico dall’altra parte e che è per lui che sei lì”.

A cosa serve il cinema? A cosa serviamo? “Io credo che quando un film ti tocca, ti resta dentro e diventa parte della tua vita. E lo dico da spettatore. Ci sono film che ti cambiano, film che ti fanno compagnia. Certi film diventano un po’ padri, un po’ madri un po’ amanti un po’ compagni di vita, film sono pezzi di noi“.

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PUPI AVATI“Le persone più creative e meravigliose che ho incontrato sono persone che sono state a scuola dal dolore”. “Non bisogna semplificare. Non tutto il cinema è cultura, non tutta l’editoria è cultura. Iniziamo a fare dei distinguo”. “Il rapporto con un libro è speciale perché riesce ad essere un rapporto uno a uno. Col cinema è diverso, non parlo a una sola persona parlo a un pubblico. Detto questo io sono molto favorevole alle piattaforme digitali, perché lì sì una singola persona può vedere il mio film, fermarlo, riprenderlo, tornare indietro, proprio come con le pagine di un libro. E allora se parlo a una sola persona alla volta, e non a un pubblico intero in sala, questo mi permette anche di abbassare il tono di voce, di sussurrare”.

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GIORGIO DIRITTI: Regista. Tra i suoi film come regista, sceneggiatore, montatore, ha fatto molto parlare il recente Volevo nascondermi (qui la nostra recensione) con Elio Germano.

Cosa serve per la ripartenza?

Occorre una strategia fluttuante e non scolpita su parametri vecchi. Per esempio le grandi case di distribuzione hanno fatto una scelta di prudenza e non hanno fatto uscire film importanti già pronti (vedi il secondo rinvio di 007, ndr), con l’idea che non invecchiano e soprattutto che devono fare grandi numeri”.

Sono state rimandate grandi uscite. Ma fino a quando si può rimandare?

“In ogni caso immagino serva una strategia a breve termine e una a medio/lungo termine. A breve occorre ricostruire la fiducia nella sala cinematografica. Superare la barriera della paura, trasferire il senso di sicurezza. Oltre agli incentivi dati alle produzioni, lo Stato deve pensare a un sostegno alle sale per questo periodo di transizione. Da parte delle sale è importante che ripensino completamente a come attirare il pubblico, che si sta abituando sempre di più a guardare i film a casa. E allora occorre incentivare la socialità, andare al cinema deve diventare l’occasione non solo di una fruizione sul grande schermo, ma di una festa, un’occasione di incontro, magari di un incontro con il regista o lo sceneggiatore. Ci sono sale che hanno già anche spazi dedicati al cibo. Ci vorrebbe una Festa del Cinema, ideata e promossa a livello nazionale, che coinvolga tutte le sale appena si potrà riaprire. L’obiettivo a medio e lungo termine: educare al cinema, considerarlo un elemento culturale e formativo. La cultura audiovisiva è ancora poco diffusa, non si insegna, non è una materia come la scienza o la letteratura. Invece occorre formare il pubblico giovane”.

Volevo nascondermi, recensione: da Germano a Ligabue, che mimesi
“Volevo nascondermi”, per la regia di Giorgio Diritti

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ELIO DE CAPITANI, Attore, regista, autore (ha aperto con un pezzo di teatro, molto suggestivo: “Arte rende le persone più umane”)

Dice di sé: “Del teatro ho fatto tutti i mestieri: il facchino, il tecnico, l’amministratore, l’organizzatore, l’attacchino, l’attore per dieci anni e il regista per dodici. Di necessità virtù. Il teatro non è stata la mia vocazione ma un caso. Avevo quindici anni quando è arrivato il 1968. Ho smesso di leggere. Ho cominciato a scrivere manifesti, volantini. Poi a parlare alle assemblee. È stato bello, soprattutto all’inizio. Se sono diventato quel che sono so di doverlo anche a quegli anni, nel bene e nel male. Ma ancora oggi mi trovo a disagio con chi li rimpiange. Un giorno, a uno spettacolo, ho visto un’attrice. Lo spettacolo non lo capivo, dell’attrice mi innamorai. Lì è iniziata la mia vita attuale ed anche il mio lavoro attuale, confusi come mai avrei sperato. L’attrice era Cristina Crippa, è mia moglie. Nell’ottobre del ’90 è nato Lucio, nostro figlio. La compagnia era il Teatro dell’Elfo, ancora oggi la mia tribù”.

Soluzioni per la ripartenza: “È un momento difficilissimo per il lavoro di tutti. Ebbene non possiamo più transigere. La Repubblica dal 48 ad oggi non ha mai fatto una legge per il teatro, il welfare per gli attori non è mai stato messo in campo in maniera adeguata, il futuro anche di professionisti importanti –non le star – è difficile perché non riescono a raggiungere le 120 giornate annuali per poter andare in pensione. Quindi se ripartenza e riapertura ci deve essere, occorre una riapertura che garantisca le condizioni, occorre non sottovalutare l’aspetto lavoro e l’aspetto diritti dello spettacolo. Nel primo lockdown tutto lo streaming che è stato fatto, è stato anche sulla pelle degli attori, che lavoravano ma non venivano pagati”.

“Altra proposta importante è che invece di singole iniziative di ciascuno e di ciascun teatro, sia la rete pubblica, la Rai a farsi centro di raccolta e archivio delle produzioni teatrali e le trasmetta oltre che conservarle. Non soltanto la grande opera, ma le tantissime produzioni teatrali di cui è ricca la cultura italiana”

“L’arte è la missione, l’arte è il centro, senza l’arte non c’è la società. Per la ripartenza, è importante usare questo periodo come “un periodo di preparazione”. Il tempo di assenza del pubblico, è un tempo per progettare, per provare, per studiare spettacoli per dare lavoro agli attori e alle maestranze escluse dal processo produttivo da marzo di quest’anno. Poi certo il pubblico è la nostra libertà. E Milano è la metropoli che regala questa libertà”

Cosa insegna l’esperienza Covid? L’attenzione che ognuno è chiamato a fare in nome degli altri. Adeguarsi a queste regole non è subire lo spirito del tempo, ma accettare e capire quanto siamo collegati gli uni agli altri. Oggi lo facciamo per il virus, domani dovremo farlo per il pianeta. Se c’è una cosa che un attore deve saper fare è mettersi nei panni dell’altro. L’empatia… Ecco l’eccesso di atomizzazione del lavoro, l’eccesso di individualismo sono il male di oggi, il limite di non identificarsi nella collettività”.

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